Come bisogna salutare in Quebec?

dic 10, 2017 0 comments
A novembre l’Assemblea nazionale del Québec, il Parlamento della provincia francofona del Canada, ha approvato una mozione per incentivare i negozianti a salutare i clienti con la sola parola francese “bonjour”, al posto del classico e più usato “bonjour, hi” che comprende il saluto in inglese. 

La proposta è stata approvata con 111 voti a favore su 125, a testimonianza di quanto siano sentiti i temi legati alla lingua e all’identità in Québec, e non solo dai partiti politici più conservatori. La mozione – che legalmente non ha valore, perché non si può sanzionare qualcuno se saluta in modo diverso – ha riaperto l’annoso dibattito sulla preservazione del francese nella provincia canadese, soprattutto nelle città più grandi e cosmopolite come Montréal.
Il Québec è la provincia più grande e la seconda più popolosa del Canada, con lingua, istituzioni e cultura proprie che di fatto lo rendono una sorta di nazione all’interno di quella canadese. Fu una colonia francese per più di due secoli (tra il XVI e il XVIII secolo), poi fu conquistata dagli inglesi e divenne una colonia dell’Impero britannico, fino all’indipendenza del Canada nel 1931. Da oltre 50 anni nel Québec è in corso un dibattito sull’importanza del retaggio francese nella provincia, e sulla necessità di “difenderlo” dal resto del Canada che è invece prevalentemente anglofono. Il confronto negli anni è stato in molte occasioni acceso, con proposte di rafforzare l’autonomia della provincia e altre di rendersi completamente indipendenti. In questo contesto, la preservazione della lingua francese è centrale soprattutto per alcuni partiti come il Parti Québécois (PQ), che ha promosso la mozione di novembre e che ha posizioni nazionaliste e rivendica la sovranità della provincia rispetto al resto del Canada.
Visitare il Québec arrivando da un’altra provincia del Canada o dagli Stati Uniti è un’esperienza particolare, soprattutto per i turisti. Le indicazioni stradali, le pubblicità, le insegne dei locali e degli edifici pubblici sono tutte in francese, lingua parlata comunemente dalla popolazione, con prestiti dall’inglese che possono sorprendere chi è abituato al francese che si parla in Francia. Se si ringrazia qualcuno, per esempio, si ottiene come “prego” un “bienvenue” (“benvenuto”), corrispondente del “you’re welcome” in inglese, invece del più comune e corretto “je vous en prie / de rien / pas de quoi” che si usa in Francia.
La tutela del francese è affidata all’Office Québécois de la Langue Française, l’agenzia della provincia che verifica il corretto uso della lingua e cerca di tenere sotto controllo l’arrivo di nuovi anglicismi. Fino a qualche anno difendeva il francese strenuamente, ora su un numero limitato di parole inizia a essere più tollerante, consentendo l’uso nel parlato di tutti i giorni di termini come “drag queen”, “softball” e “cocktail”. Quest’ultima parola è stata una vittoria recente dell’inglese sul francese: fino a qualche tempo fa l’agenzia consigliava di usare “coquetel”, come riportano ancora i menu di alcuni locali in giro per la provincia.
Le leggi per incentivare e proteggere l’uso del francese comprendono numerosi obblighi e limitazioni. Il francese è la lingua ufficiale del governo (quindi di tutti gli uffici pubblici), del commercio e dei tribunali. Le pubblicità devono essere scritte in francese, mentre l’inglese può essere usato negli stessi annunci come seconda lingua, a patto che sia scritto con un carattere che sia la metà di quello della lingua ufficiale. Chi si stabilisce in Québec e proviene dall’estero è tenuto a frequentare corsi di francese.
Nelle grandi città, anche se il francese è considerato la prima lingua, c’è uno spiccato bilinguismo dovuto in parte alla grande influenza commerciale e culturale degli Stati Uniti. A Montréal, una delle città più cosmopolite del Québec, si parlano sia il francese sia l’inglese. Soprattutto i più giovani passano con facilità da una lingua all’altra, a seconda dei contesti e di cosa stanno facendo. Il “bonjour, hi” pronunciato dai negozianti quando si entra in una bottega è probabilmente la manifestazione più chiara di questo bilinguismo, nei fatti paritario, e per questo i membri del PQ hanno presentato la loro mozione per disincentivarlo, e tornare all’uso esclusivo del saluto in francese.
Il PQ e buona parte degli altri parlamentari del Québec ritengono che la mozione possa avere un effetto positivo, benché non possa essere applicata con un obbligo vero e proprio. Come spiega il New York Times, i primi interessati dal provvedimento, cioè i negozianti, ritengono invece che sia inutile, se non dannosa, per gli affari. “È assurdo. Che faranno? Mi verranno ad arrestare per come saluto la gente?”, ha spiegato al giornale un negoziante, che dice di salutare quasi sempre i clienti con un “bonjour”, cambiando poi rapidamente lingua se si accorge di avere davanti turisti da altre parti del mondo.
Il dibattito sul “bonjour, hi” è finito sui social network, dove da giorni si discute su quale sia il modo più corretto e inclusivo per salutare qualcuno. I sostenitori della formula bilingue sostengono che sia il modo migliore per farsi comprendere da tutti, e per risultare più amichevoli e aperti verso gli sconosciuti. I sostenitori del “bonjour” e basta dicono che invece è importante parlare come un québécois, per ricordare da subito il proprio retaggio e distinguersi dal resto del Canada, visto che nulla vieta di parlare in inglese dopo il saluto iniziale nella lingua locale. Per gli osservatori esterni, il dibattito sul “bonjour hi” e su cosa sia più cortese conferma efficacemente gli stereotipi sulla gentilezza dei canadesi e le loro buone maniere, soprattutto se confrontate con quelle più prepotenti e rumorose (altro stereotipo) degli statunitensi.
A volte la tutela del francese a ogni costo sfugge un po’ di mano e finisce al centro di polemiche e strumentalizzazioni. Il mese scorso Adidas ha aperto un nuovo negozio a Montreal e, durante l’inaugurazione, il suo direttore ha tenuto un discorso quasi esclusivamente in inglese. Il sindaco di Québec City, Régis Labeaume, non l’ha presa bene e ha parlato di una decisione “scandalosa”, mentre altri hanno suggerito di boicottare il negozio e il marchio in generale. Temendo un danno d’immagine in Québec, Adidas ha preferito non rispondere alle polemiche e si è scusata per l’accaduto.
Qualche anno fa il dibattito sulla lingua portò al cosiddetto “pastagate”. Un ristorante italiano a Montréal aveva inserito nel menu diversi nomi in italiano per illustrare i suoi piatti. Qualcuno lo aveva segnalato all’Office Québécois de la Langue Française, che si era quindi attivato inviando una lettera al proprietario per ricordargli di avere violato le regole e di aggiornare il menu con l’elenco degli ingredienti dei piatti in francese. Negli anni precedenti altri ristoranti avevano ricevuto avvisi e in alcuni casi multe per motivi simili.
Il PQ non è nuovo a questo tipo di iniziative, secondo i critici organizzate per recuperare consensi e rilevanza nel dibattito politico, anche se l’opinione pubblica non sembra essere preoccupata più di tanto delle sorti del francese. Attualmente il partito conta una trentina di seggi in Parlamento, ottenuti alle elezioni del 2014, ed è all’opposizione. I risultati sono distanti da quelli ottenuti nella seconda metà degli anni Novanta quando governò e promosse un referendum per l’indipendenza dal Canada.

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