Traffici illeciti e simpatie jihadiste lungo l’asse Italia-Libia

nov 29, 2017 0 comments

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Di Mauro Indelicato

È il 22 maggio 2015 quando, all’aeroporto di Linate, i doganieri rimangono sbigottiti dinnanzi ad una dichiarazione di un cittadino libico appena giunto dall’aeroporto di Malta: alla richiesta di indicare quanti soldi ha in suo possesso, su un foglio di carta scrive la cifra di 296.000 Euro, un qualcosa che certamente non può passare inosservato ed iniziano così i controlli. Ma in quella serata, negli uffici della dogana dello scalo milanese, ad iniziare in realtà è una storia ben più complessa: il cittadino libico in questione si chiama Salem Bashir Mazan Rajah, appare come un uomo profondamente religioso grazie alla presenza di un copricapo ed alla folta barba che porta sul viso; dopo i controlli effettuati quella sera, Rajah viene denunciato a piede libero con l’accusa di riciclaggio di denaro sporco e gli inquirenti iniziano a scandagliare precedenti e legami del cittadino libico, fino ad appurare l’esistenza di una fitta rete in grado di muovere, tra traffico d’esseri umani e traffico d’organi, qualcosa come cento milioni di Euro sulla rotta Libia – Italia. Da quella sera, Salem Bashir Mazan Rajah risulta irreperibile.

L’organizzazione criminale smantellata ed i sospetti legami con il mondo jihadista

La storia iniziata tra gli uffici della dogana di Linate oramai più di due anni fa, ha riflessi anche nella cronaca delle ultime ore: la Guardia di Finanza di Milano ha arrestato in tutto tredici persone, dieci in Italia e tre in Ungheria e, per loro, l’accusa è di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro; sei di loro sono egiziani, cinque invece siriani e due marocchini. Perno dell’inchiesta sono proprio i file ritrovati nel cellulare di Salem Bashir Mazan Rajah la sera del 22 maggio 2015: è da lì che sono emersi contatti che fanno riferimento ad un’organizzazione criminale capace di trasportare, tramite il metodo dell’hawala, milioni di Euro lungo l’asse Libia – Italia e che appaiono come proventi di traffico di sostanze stupefacenti, traffico d’organi e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E’ un lavoro certosino e minuzioso quello messo in campo dagli inquirenti, i quali hanno unito gli intricati punti di un altrettanto intricato puzzle: l’hawala, metodo molto utilizzato nel mondo arabo, consiste di fatto in un legame fiduciario tra gli appartenenti ad un’organizzazione  il quale, per tal motivo, lascia poche tracce dei vari passaggi di denaro.
Pur tuttavia, grazie all’inchiesta iniziata dopo la denuncia a piede libero di Rajah, si è potuta appurare l’esistenza di un’organizzazione ben ramificata e che negli anni ha avuto in Roma e Milano dei punti base da cui poter giostrare i traffici illeciti e l’imponente mole di denaro da essi derivata. Ma all’interno del cellulare del cittadino libero fermato a Linate due anni fa, sono emersi anche altri ed inquietanti dettagli: nella memoria della scheda, fanno bella mostra di sé infatti filmati e foto di esaltazione dell’attività jihadista, assieme ad immagini che ritraggono miliziani con tanto di bandiere ISIS in mano; dunque la possibilità che non solo Mazan Rajah, ma anche il resto dell’organizzazione, possa in qualche modo essere legato ad ambienti jihadisti non è affatto remota. Lo ha anche esplicitamente dichiarato il GIP, Teresa De Pascale: “Rajah è sicuramente contiguo ad ambienti dell’integralismo islamico – si legge nell’ordinanza – e potrebbe rivestire un ruolo di trasportatore di denaro per conto di gruppi terroristici riconducibili alla jihad”. Del cittadino libico denunciato a Linate però, come detto in precedenza, non si sa più nulla: ufficialmente risulta irreperibile e potrebbe essere tornato nel suo paese.

I traffici pericolosi lungo la principale rotta mediterranea

Al di là di quanto emerso nel merito dell’inchiesta, le indagini che hanno portato all’arresto di tredici persone nelle scorse ore confermano quanto già sospettato da alcuni mesi a questa parte: lungo l’asse Italia – Libia si svolgono alcuni dei più redditizi traffici malavitosi i quali, oltre a fruttare milioni di Euro ad organizzazioni criminali, creano problemi di rilevanza sociale grazie allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e del traffico di organi, così come non meno pericolosi appaiono i problemi legati alla sicurezza per via del forte sospetto di inserimento di soggetti islamisti all’interno dei sodalizi malavitosi. La debolezza, per non dire quasi inesistenza, delle istituzioni libiche, appare ancora una volta uno degli elementi più nocivi per il nostro paese; in una Libia senza un governo in grado di controllare il territorio, il radicamento tanto di organizzazioni dedite ai traffici illeciti, quando jihadiste e fondamentaliste, crea alcuni dei problemi più gravi da affrontare per le nostre autorità.

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