Di Giuseppe Marino
Il pasticcio brutto della tassa sui rifiuti gonfiata non sarà di facile soluzione.
Il governo promette per la settimana prossima uno «schema interpretativo» che certamente aiuterà chi vuole chiedere indietro i soldi. Ma se i Comuni non collaboreranno, bisognerà ricorrere comunque alle vie legali per riavere la quota di Tari pagata in eccesso da chi ha cantine, solai, giardini. E c'è chi resterà comunque beffato. Ad esempio, spiega il tributarista Franco Muratori, «Il contribuente che ha regolato il pagamento della Tari a seguito di un accertamento, e dunque anche con la recente rottamazione, visto che presuppone un accertamento non può fare nulla per ottenere quello che ha eventualmente versato illegittimamente».
«Effetti del sudoku a cui è ridotta la finanza locale», ammonisce il sindaco di Ascoli Guido Castelli, che ammette le responsabilità di alcuni Comuni sulla Tari gondiata (Ascoli l'ha chiesta correttamente), ma dà una quota parte della colpa allo Stato centrale: «Rispetto alle tasse comunali -spiega- lo Stato si comporta come chi invita le persone a pranzo e poi dice che paga qualcun altro. E va ricordato che i regolamenti comunali vengono spediti al Ministero dell'Economia che avrebbe un compito di vigilanza. Come mai non si è accorto dell'errore?».
La correzione dello svarione sulla Tari non resterà in ogni caso senza effetti collaterali. Dal 2015 infatti, il costo del servizio di raccolta dei rifiuti dev'essere coperto integralmente con la tariffa. Dunque i Comuni che hanno chiesto una cifra maggiorata interpretando male la legge, dovranno spalmare il mancato introito sugli altri contribuenti. E la Tari, nonostante le promesse di una moderazione dei costi dovuta all'aumento della raccolta differenziata, negli ultimi anni ha continuato ad aumentare. E questo, dice uno studio della Cgia di Mestre, nonostante la produzione di rifiuti da smaltire sia diminuita di circa 3 milioni di tonnellate. Secondo la stima della confederazione degli artigiani, tra il 2016 e il 2017 il peso della tariffa aumenterà in media del 2 per cento per un nucleo familiare di due componenti, dell'1,9 per tre componenti e dello 0,2 per famiglie di quattro persone. Il conto più salato sarà per le aziende, che pagheranno dal 2 al 2,6 per cento in più in media. I costi non sono trascurabili. La Cgia stima che vadano dai 1.385 euro annui per un negozio di ortrofrutta grande 50 metri quadri, ai 6.837 di un albergo. Molto variabili anche i costi per le famiglie che, a seconda dei Comuni, per una famiglia di tre persone, sono in media di 299 euro, ma con picchi che in alcune città sono di molto al di sopra. Uno studio della Uil vede Agrigento maglia nera con 473 euro, ma nella top ten c'è anche una città come Napoli, che non ha mai brillato per efficienza.
«La verità -spiega Castelli- è che nel breve periodo con la raccolta differenziata i costi non diminuiscono. Servizi come il porta a porta spinto consentono di eliminare i cassonetti, ma hanno costi organizzativi importanti». Pesano anche le sacche d'inefficienza di tante aziende e i costi di smaltimento in discarica che, aggiunge Castelli, «in alcune parti d'Italia sono fuori controllo». Dal 2016 era prevista l'implementazione dei costi standard, che avrebbe consentito di fare confronti oggettivi e vedere quali sono i Comuni inefficienti, ma il governo ha prorogato fino al 2018. «E poi c'è l'evasione della Tari -conclude il sindaco- al Sud ci sono punte del 60%. E così gli onesti pagano al posto dei furbi».
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