Di Vincenzo Bisbiglia
“Non mi riconosco in quel video. So di aver fatto una fesseria a comportarmi in quel modo. Ma quando quello è entrato in palestra mi sono innervosito”. Ci vorranno al massimo altre 48 ore per capire se il fermo di Roberto Spada sarà convalidato e se il fratello di “Romoletto”, il boss del clan che da tempo domina sul litorale romano, rimarrà o meno in carcere. Interrogato questa mattina presso la casa circondariale di Regina Coeli, “Robertino” si è difeso ammettendo di aver aggredito Daniele Piervincenzi, giornalista Rai della trasmissione Nemo – come dimostrano tra l’altro le eloquenti immagini girate dal videomaker Edoardo Anselmi – ma di aver “reagito dopo essere stato provocato”, tesi difensiva ripetuta di fronte alle domande del gip Anna Maria Fattori.
Il fermo del pugile è avvenuto nella giornata di giovedì, con l’accusa di lesioni per futili motivi e violenza privata e con l’aggravante del metodo mafioso. Complice di Spada, nell’aggressione, ci sarebbe anche un “guardiaspalla” che gli inquirenti pensano faccia parte della famiglia o comunque del clan. “Non so dire, non ho informazioni utili ad identificarlo”, ha risposto l’interrogato alle domande del gip. Il capo accusatorio messo insieme dai pm Giovanni Musarò e Ilaria Calò contiene una serie di considerazioni e atti di inchiesta relativi all’ascesa del clan sul litorale e alle dichiarazioni di alcun pentiti, i quali considerano Roberto Spada parte integrante e “capo” del sodalizio criminale. Questo punto, al di là dell’aggressione vera e propria, sarà determinante per capire se il giudice deciderà di tenere Spada dietro le sbarre almeno fino all’eventuale passaggio del tribunale del Riesame.
A quanto si apprende, pare che su tali accuse l’indagato abbia teso a “sminuire” le affermazioni dei pubblici ministeri, negando sia i ruoli di vertice nell’organizzazione (negando, fra l’altro, l’esistenza della stessa) sia rigettato la possibilità che lo stesso abbia deciso si aggredire i giornalisti come dimostrazione di forza di fronte al “contesto mafioso” descritto nelle carte giudiziarie.
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