Di Michele Crudelini
La crisi diplomatica tra Arabia Saudita e Qatar sta facendo saltare la già fragile intesa tra i Paesi dell’OPEC. Sono ormai trascorsi sei mesi dall’inizio della crisi tra Riyad e Doha. Un evento inaspettato che ha in parte sovvertito l’assetto geopolitico del Medio Oriente. La situazione tra i due Paesi sembra continuare a precipitare.
Qatar e Arabia Saudita sempre più lontane
Secondo quanto riportato dal Al Jazeera, Arabia Saudita insieme a Egitto, Baharein ed Emirati Arabi Uniti avrebbero da poco esteso la blacklist delle personalità qatariote. Si tratta di un elenco di persone ritenute essere coinvolte in azioni di supporto al terrorismo e contrarie alle politiche dei Paesi del Golfo. Queste “entità” subiranno quindi sanzioni economiche da parte dell’asse saudita.
Alla lista sono state aggiunte due organizzazioni islamiche, l’International Union of Muslim Scholars e l’International Islamic Council for Da’wah and Relief, oltre a undici individui tra cui il direttore dell’aiuto e dello sviluppo internazionale della Mezzaluna rossa qatariota (l’equivalente mediorientale della Croce Rossa occidentale). Non si torna indietro dunque, il distacco tra Riyad e Doha è ormai definitivo.
L’OPEC è in crisi già da due anni
Tale divisione rischia però ora di avere pericolose ripercussioni all’interno dell’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio. All’interno di questa trovano infatti posto dodici nazioni, tra cui appunto Arabia Saudita e Qatar. Sappiamo poi come in questi ultimi due anni l’Organizzazione non abbia navigato in ottime acque, complice un continuo ribassamento del prezzo del greggio, stabilizzatosi sui 50$ al barile per un lunghissimo periodo di tempo.
Proprio l’Arabia Saudita si era fatta promotrice di un’iniziativa di taglio alla produzione che avrebbe dovuto portare come logica conseguenza ad un aumento del prezzo. L’economia reale è però diversa da quella di teoremi, grafici e tabelle. Iran e Iraq, ma anche Nigeria e Libia, hanno infatti più volte sforato i tagli alla produzione che erano stati stabiliti in seno all’OPEC. Così il classico meccanismo che avrebbe dovuto generare un aumento del prezzo è saltato, o almeno è stato ritardato di molto. Giusto in queste ultime settimane infatti si sono registrati dei timidissimi segnali di ripresa sul listino del greggio, che tuttavia non hanno visto toccare la soglia dei 60$ al barile.
I Ministri OPEC non si parlano più tra di loro
L’OPEC appare così in una situazione di impasse. E la crisi qatariota di certo non aiuta. Secondo una fonte interna all’Organizzazione citata dalla Reuters il gruppo Whatsapp utilizzato dai Ministri e dai delegati dei Paesi membri dell’OPEC, un tempo vivacissimo e ricco di discussioni, “è ora morto”. La stessa fonte riferisce come ora “I ministri non possono incontrarsi. Devono (Arabia Saudita e Emirati) inoltrare i loro messaggi ai Ministri di Kuwait e Oman che a loro volta li devono rigirare a Doha, ma i sauditi non possono incontrarsi pubblicamente con esponenti del Qatar”. Quali possono essere le conseguenze di ciò?
Si rafforza l’asse sciita e i sauditi devono correre ai ripari
Sempre la Reuters riporta come la divisione tra Qatar e Arabia Saudita potrebbe rafforzare l’asse sciita nell’OPEC e avvicinare ancora di più Baghdad a Teheran. L’Iran avrebbe infatti tra i suoi piani l’aumento dell’importazione di petrolio proprio da Baghdad. La spaccatura dell’OPEC potrebbe così concretizzarsi al prossimo vertice previsto per il 30 novembre. Secondo ilSole24Ore però i sauditi starebbero già correndo ai ripari e avrebbero invitato nuovi Paesi, esterni all’organizzazione, al meeting. Chad, Turkmenistan e Uzbekistan sono pronti ad esserci. Insieme a loro, forse, si aggiungeranno Argentina, Benin, Bolivia, Congo e Repubblica democratica del Congo, Costa d’Avorio, Ghana, Indonesia, Mauritania, Sudafrica e Tajikistan.
Nuove preziose risorse per compiacere la volontà strategica di Riyad. L’Arabia Saudita, come già scritto su questo portale, ha un disperato bisogno di liquidità. Al regno saudita servono soldi per gli immensi investimenti previsti per il Vision 2030, il programma che serve proprio per emanciparsi dalla dipendenza dall’oro nero. Il piano di Riyad sembrerebbe dunque quello di “tirare a campare” con il massimo possibile di proventi del petrolio nella prossima decade per poi prepararsi a questa totale rivoluzione economica.
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