Di Michele Crudelini
L’influenza della CIA e del Pentagono nella produzione dei film di Hollywood potrebbe essere stata molto sottovalutata. Dal nuovo dossier sull’assassinio di J.F. Kennedy al documento che rivelerebbe un Adolf Hitler sopravvisuto all’aprile 1945, i nuovi file desecretati della Cia possono svelare scenari prima impensabili.
L’inchiesta che inchioda Hollywood
Non ultimo il ruolo della stessa Central Intelligence Agency e del Pentagono nella supervisione e nella produzione di numerosi lavori cinematografici girati ad Hollywood. A rivelarlo sono stati due giornalisti investigativi americani, Tom Secker e Matthew Alford. I due hanno pubblicato lo scorso luglio 2017 su Inseurgeintelligence una dettagliata ricerca frutto di un lavoro d’analisi sui documenti desecretati recentemente grazie al Freedom of Information Act. 4.000 pagine che hanno portato i due giornalisti ad una conclusione: “Questi documenti per la prima volta dimostrano che il governo degli Stati Uniti ha collaborato dietro le quinte alla produzione di oltre 800 pellicole famose e a più di 1.000 titoli televisivi”.
Da Iron Man a 007, tutte le pellicole travisate dal Pentagono
Dal corposo dossier emerge infatti come una figura precisa, tale Phil Strub, abbia recitato un ruolo da protagonista come collegamento tra il Pentagono, suo abituale luogo di lavoro, e Hollywood. Procediamo con alcuni esempi. Secondo i due giornalisti,, durante il set della pellicola Iron Man, Phil Strub avrebbe esercitato pressione sul regista per togliere una battuta. La stessa faceva un chiaro riferimento alla diffusione dei suicidi tra le truppe americane. Un altro argomento considerato tabù, sempre dal Pentagono, risulterebbe essere il Vietnam.
Anche in questo caso la mano di Phil Strub avrebbe agito per “censurare” una battuta sul pantano vietnamita fatta nella pellicola di James Bond – Tomorrow Never Dies. Ancor più duro è invece stato l’atteggiamento dei vertici militari americani sul tema Iran-Contras. Uno scandalo che aveva portato addirittura alla condanna degli Stati Uniti da parte della Corte Internazionale di Giustizia. Il film Countermeasures avrebbe dovuto parlare proprio di questo, ma non vide mai la luce a causa di una dichiarazione dell’onnipresente Strub: “Non abbiamo alcun bisogno di far ritornare alla mente del pubblico l’affare Iran-Contras”.
La Cia avrebbe modificato “Ti presento i miei”
Non poteva esimersi da questo lavoro censorio anche la Central Intelligence Agency. La stessa avrebbe influenzato anche una pellicola apparentemente innocua come “Ti presento i miei”. Nella scena in cui il protagonista, interpretato da Ben Stiller scopre la vera identità del padre della moglie, ex agente CIA, si sarebbero dovuti intravedere dei “manuali di tortura sul tavolo”. Nella pellicola finale, invece, c’è spazio solo per le foto di Robert De Niro in compagnia di diversi esponenti politici. I due giornalisti si sono impegnati talmente tanto in quest’inchiesta da essere arrivati anche alla pubblicazione di un libro “National Security Cinema”, che spiega in maniera più dettagliata le loro scoperte.
L’influenza della CIA su Hollywood non è una sorpresa
Il ruolo presunto degli apparati politici di potere americani sui film non è però una novità. Sempre Matthew Alford, stavolta con Robbie Graham, pubblicava un’inchiesta nel 2008 sul The Guardian. In quel caso veniva denunciato come la CIA avesse aperto un apposito dipartimento dall’esplicito nome “Entertainment Liaison Office” (“Ufficio di collegamento al divertimento”) proprio per monitorare ciò che veniva prodotto ad Hollywood. Il capo di quest’ufficio non sarebbe stato altri che Chase Brandon, un nome apparentemente innocuo, ma che risulta essere cugino dell’attore Tommy Lee Jones.
Le connessioni tra CIA e Hollywood non finiscono qui. Luigi Luraschi, uno dei vertici della Paramount nei primi anni ‘50, aveva lavorato parallelamente anche per la stessa CIA. Questi legami sono stati oggetto di numerose altre pubblicazioni, tra cui “In Secrecy’s Shadow – The OSS and CIA in Hollywood Cinema”, di Simon Willmets e “The CIA in Hollywood” di Tricia Jenkins. La recente inchiesta dei due giornalisti investigativi è stata poi ripresa da diverse testate, come The Independent e Al Jazeera.
Sembra dunque che anche nel sistema considerato più democratico al mondo, le produzioni artistiche debbano passare attraverso il consenso degli apparati di Stato. Un po’ come avveniva ai tempi di Boris Sumjatskij, colui che per conto di Yosif Stalin aveva il compito di controllare la coerenza delle produzioni cinematografiche con il sistema sovietico.
Le eccezioni alla censura americana
C’è tuttavia da dire che in questa realtà oscura dipinta dai due giornalisti non viene spiegato come pellicole quali “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick e “Heaven & Heart” di Oliver Stone, per citarne solo alcune, abbiano potuto prosperare e diventare dei veri e propri cult. Proprio nel film di Kubrick è più che presente il tema del suicidio dei militari, ritenuto invece oggetto di censura secondo l’inchiesta uscita di recente. Se l’influenza esercitata dalla CIA e dal Pentagono su Hollywood esiste, risulta ancora enigmatico quanto questa possa estendersi e quanta libertà di rifiuto hanno invece gli artisti del cinema americano.
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