Di Stefano Vespa
Il centenario di Caporetto e le celebrazioni della Prima guerra mondiale (cominciate nel 2015) hanno fatto parlare e scrivere molto in questi giorni di quanto accaduto un secolo fa e di com’è cambiata l’Italia nei decenni successivi, ma nell’esaltare il sacrificio di allora hanno permesso anche di sottolineare quanto sia importante il ruolo delle Forze armate da oltre vent’anni, cioè da quando le missioni internazionali sono diventate routine per gli sconvolgimenti mondiali. Tutto ciò ha portato a una celebrazione più adeguata del 4 novembre, Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate: oltre 3mila militari schierati a Piazza Venezia rispetto ai 260 dell’anno scorso, tricolori sui palazzi che affacciano sulla piazza, cinque elicotteri che sorvolano la folla, le Frecce tricolori e una presenza di gente comune inevitabilmente ridotta rispetto alla parata del 2 giugno, ma comunque significativa.
Il colpo d’occhio che ha accolto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, era notevole. Con il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, Mattarella ha deposto la corona d’alloro al Milite ignoto e nell’inevitabile retorica ed emozione di certi gesti non era casuale la scelta di comprendere tra i 3mila militari presenti circa un migliaio di giovanissimi allievi delle Accademie, delle scuole sottufficiali e delle scuole militari in rappresentanza delle quattro Forze armate, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Soprattutto i più giovani devono avere presente l’eredità di chi si sacrificò un secolo fa e magari è rimasto sconosciuto, come ha ricordato Mattarella nel messaggio d’augurio aggiungendo che dev’essere “lo stimolo più profondo e autentico per adempiere ai nostri doveri di cittadini d’Italia e d’Europa, che credono nella solidarietà e nella convivenza pacifica fra i popoli”.
Oggi sono oltre 13.500 i militari impegnati nelle missioni, di cui quasi 6.400 in 36 missioni all’estero e gli altri in Italia nelle missioni “Strade sicure” e in mare. All’Altare della Patria Mattarella ha consegnato l’Ordine militare d’Italia alle bandiere del 6° Reggimento Bersaglieri e del 7° Reggimento Aviazione dell’Esercito “Vega”: il 6° Bersaglieri è il reparto impegnato in Iraq nella difesa della diga di Mosul, il 7° “Vega” è composto da elicotteristi il cui compito è determinante sia nei teatri operativi che in occasione di calamità naturali. Il giorno precedente, 3 novembre, al Quirinale il Capo dello Stato aveva conferito la stessa onorificenza a nove tra ufficiali e sottufficiali delle varie forze armate: un riconoscimento per sottolineare le difficoltà che si incontrano nelle tante realtà in cui operano i militari, dalla Libia al Kosovo, dall’Afghanistan al Kuwait, dall’Iraq al Mediterraneo. E’ stato in quell’occasione che Mattarella ha ringraziato i vertici della Difesa per il fatto di “rendere sempre più efficiente lo strumento militare nazionale, chiamato oggi a fronteggiare scenari nuovi e minacce più articolate e diversificate” che richiedono “grande prontezza, flessibilità, adattabilità, lungimiranza”.
In Piazza Venezia c’erano tutte le istituzioni, naturalmente, dai presidenti di Camera e Senato al presidente del Consiglio, ma è stato significativo il saluto di Mattarella al Gruppo paralimpico della Difesa, i militari gravemente feriti in tante operazioni e che oggi, rimasti in servizio, hanno costituito un nutrito gruppo sportivo. Il 4 novembre viene celebrato anche in 28 città d’Italia dove saranno aperte le caserme e, per la prima volta, il Tricolore viene consegnato a 28 scuole, d’intesa con il ministero dell’Istruzione. In un’Italia spaccata dalle polemiche politiche in un litigioso periodo elettorale, le cerimonie del 4 novembre devono ricordare a tutti che anche dal lavoro di quegli uomini e donne in divisa dipende la sicurezza e il peso dell’Italia nel mondo, essendo le Forze armate strumento di politica estera.
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