Di Alessandro Di Matteo
La rottura ora è ufficiale ma nessuno è davvero sorpreso, perché Giuliano Pisapia e gli ex Pd di Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, in realtà, non si erano mai tanto amati. Il divorzio fin troppo annunciato viene ufficializzato da Roberto Speranza sul Corriere della sera: «Il tempo è finito. Abbiamo parlato troppo di noi, ora basta. Bisogna correre». Pisapia risponde quasi subito, tagliente: «Non c’è problema. Buon viaggio a Speranza. Io continuo in quello che ho sempre detto». Quindi, l’affondo: «Non credo nella necessità di un partitino del 3%, credo in un movimento molto più ampio e soprattutto capace di unire, non di dividere».
Un botta e risposta secco che innesca quasi una rissa tra coloro che il primo luglio scorso erano salti su un palco a Roma con l’impegnativo slogan “Insieme”. Enrico Rossi, presidente della Toscana, attacca Pisapia su Facebook: «Pochi si erano accorti che fosse ancora nelle nostre file. Noi non vogliamo ridurci a un ruolo ancillare al Pd e ad Alfano». Ribatte Massimiliano Smeriglio, vice-presidente del Lazio, ex Sel, vicino a Pisapia: «Bisogna avere rispetto di tutti, anche per chi governa col Pd come il sottoscritto e come Rossi. Non ci si inventa Che Guevara...».
Risse verbali a parte, a questo punto tutti lavorano per prepararsi alle elezioni, dove verosimilmente ci saranno almeno due liste a sinistra del Pd: quella di Mdp, con Sinistra italiana e Pippo Civati (che dicono «finalmente»), e quella a cui continua a lavorare Pisapia, che il 28 ottobre riunirà l’assemblea nazionale di Campo progressista e il giorno dopo interverrà ad un convegno con Emma Bonino, Romano Prodi ed Enrico Letta. In Parlamento, poi, già da oggi si lavorerà per costituire gruppi che fanno riferimento al sindaco di Milano, sia alla Camera che al Senato, e dal gruppo Mdp alla Camera potrebbero uscire alcuni ex Sel.
«Non ci interessa affatto né fare la stampella del renzismo, né la sinistra del quarto polo», dice il portavoce di Campo progressista Alessandro Capelli. Ma uno degli uomini vicini a Pisapia aggiunge: «Il Rosatellum 2.0 ci obbliga a fare desistenze, accordi elettorali. Non è la coalizione che volevamo, ma...». Insomma, la prospettiva è quella di una lista a sinistra del Pd ma non avversaria del partito di Renzi. «Ci possono essere due o tre liste - dice Pisapia - che devono però trovare unità in un’ipotesi di governo. L’avversario non è chi ci sta vicino, ma destre e populismi».
Stamattina si riunirà il coordinamento di Mdp per decidere le prossime tappe: «Non abbiamo tempo», spiega Massimo Paolucci, vicino a D’Alema. «Bisogna fare una cosa un po’ più larga della somma delle sigle». L’appuntamento di Mdp è il 19 novembre, quando con le primarie si eleggerà l’assemblea che sarà l’ossatura del nuovo soggetto politico e, magari, si sceglierà anche il leader. Il presidente del Senato Pietro Grasso resta uno dei nomi possibili, archiviato Pisapia, anche se Paolucci usa parole diplomatiche: «È la seconda carica dello Stato. Lo stimiamo tantissimo, ma non va tirato per la giacca».
Fonte: http://www.lastampa.it/2017/10/09/italia/politica/divorzio-tra-pisapia-e-bersaniani-lalleanza-a-sinistra-al-capolinea-rpKIorqkEwsYIIkeaBJGyK/pagina.html
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