Giampaolo Visetti per la Repubblica
Venire uccisi dalla malaria tra le Dolomiti è come morire assiderati ai Caraibi. Non accade, se l' ordine delle cose non risulta sconvolto. Invece è successo. Infettivologi ed entomologi così ora danno la caccia al killer che ha colpito Sofia Zago, 4 anni, bambina di Trento che lunedì alle 12.15 ha smesso di vivere nella rianimazione pediatrica degli Spedali Civili di Brescia, eccellenza per le malattie tropicali.
«Non riusciamo a crederci - dice la mamma Francesca Ferro, paralizzata dal dolore nella casa ai piedi del Doss Trento - ma speriamo che qualcuno scopra presto la verità su quanto è successo. Non si può entrare in un ospedale con il diabete e uscirne morti per la malaria».
Il killer è un esemplare femmina di zanzara Anopheles, tra i pochi capaci di trasmettere all' uomo il Plasmodium Falciparum, parassita della malaria. Il mistero che allarma gli scienziati e che ha indotto le Procure di Brescia e di Trento ad aprire un' inchiesta, è proprio questo: da oltre mezzo secolo in Italia non vivono specie di zanzara adatte ad essere portatrici di malaria. I 600-800 italiani che ogni anno contraggono il virus, sono vittime dei loro viaggi esotici. Sofia Zago però nelle scorse settimane non era andata all' estero, ma al mare a Bibione, sull' Adriatico veneto: con lei e la mamma, anche papà Marco e il fratellino di 10 anni. «Tutto lascia pensare - dice Claudio Paternoster, responsabile del reparto malattie infettive dell' ospedale S. Chiara di Trento - che Sofia sia stata contagiata qui. Purtroppo non sappiamo come, né possiamo escludere scenari diversi ».
Nel mirino c' è così la «malaria da valigia », portata in Europa dalle zanzare intrappolate nei bagagli. Ad accreditare l' ipotesi, il fatto che in ospedale Sofia per un giorno è venuta a contatto con due fratellini atterrati dal Burkina Faso, guariti poi dallo stesso tipo di malaria cerebrale.
«Hanno giocato insieme nell' area comune della pediatria - dice il papà - ma nessuno si era preoccupato».
Per gli ispettori inviati a Trento dal ministero della Salute la concomitanza è invece cruciale. A confermarlo, il rapporto redatto dal direttore dell' azienda sanitaria trentina Paolo Bordon, che ricostruisce il giallo. Sofia Zago viene ricoverata il 13 agosto all' ospedale di Portogruaro, colpita da febbre alta mentre è in campeggio al mare. La diagnosi parla di un «esordio di diabete infantile». Al S. Chiara arriva il 16, curata in pediatria fino a lunedì 21. «Stava bene - dice Bordon - non c' era ragione per trattenerla». Dopo un breve rientro a Bibione, la bambina si ripresenta al pronto soccorso di Trento giovedì 31 agosto. La febbre è risalita, questa volta la gola è arrossata. Il referto cita una «faringite»: i medici prescrivono gli antibiotici e la mandano a casa per la seconda volta.
La tragedia esplode sabato 2 settembre. Alle 11.30 Sofia viene riportata in ospedale per la terza volta. «Era quasi incosciente - ricostruisce il rapporto - all' inizio si era ipotizzato un attacco epilettico».
È la macchina che analizza l' emocromo a rivelare la realtà: una biologa del laboratorio vede l' anomalia delle piastrine nei globuli rossi del sangue e intuisce la causa dell' attacco. «Sofia è volata subito a Brescia in elicottero - dice Paternoster - ma è arrivata già in coma. Dal ricovero, con sintomi compatibili anche con una malaria cerebrale, sono passati quattro giorni e mezzo. Troppi: se la terapia fosse partita entro il primo giorno, forse si sarebbe salvata ».
Per i medici, considerato il quadro complessivo, accendere subito i riflettori sul Plasmodium Falciparum era «illogico ». «Una zanzara Anopheles - dice Paternoster - alle nostre latitudini non vive più di qualche ora. Nessun parente della bimba era stato in aree malariche. Solo analisi di laboratorio potevano chiarire il quadro clinico e indirizzare verso altri pazienti presenti in altri reparti a metà agosto. Ammesso che la soluzione del mistero si trovi lì».
Ieri il reparto del S. Chiara, evacuato, è stato sottoposto a bonifica, come prescritto dall' Istituto superiore della sanità. Nelle stanze sono state posizionate alcune trappole. L' obbiettivo è catturare zanzare, per scoprire l' eventuale presenza della specie Anopheles, o di altre magari mutate, fino a trasformarsi in portatrici del protozoo della malaria anche in Italia, senza che nessuno ancora lo sappia.
Per la ministra per la Salute Beatrice Lorenzin però «se il contagio è avvenuto in ospedale a Trento sarebbe un caso molto grave». Lo scenario meno incredibile, ma difficile da accertare, resta che una zanzara esotica abbia trasmesso qui il parassita killer. Questo lo suggeriscono la logica e la scienza: ma se la realtà si esaurisse con loro, Sofia oggi giocherebbe ancora con i compagni nel suo asilo a Piedicastello.
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