La doppia giornata di Minniti ad Atreju: arriva accolto come "uno di noi", poi il gelo su legge Fiano e sgomberi

set 25, 2017 0 comments
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Il clima del "pre-partita" lo descrive bene Ignazio La Russa. "In passato abbiamo già avuto ospiti come Bertinotti, Violante, D'Alema. Ma loro erano completamente opposti a noi, lui è uno che qui liscia il pelo". Lui è Marco Minniti, ministro dell'Interno. Uno che riesce ad animare Feste dell'Unità in crisi di pubblico e, allo stesso, tempo a raccogliere consensi a destra per il piglio con cui guida il Viminale. Infatti, alla fine per lui giungeranno anche i fischi: ma sarà più il passato che il presente a dividerlo dall'uditorio.
Arriva, attesissimo, ad "Atreju". Giorgia Meloni fa gli onori di casa. Qui, dove i giovani vestono magliette con il verso leopardiano 'Qualunque petto amor d'Italia accende', capita anche che all'ex comunista Minniti venga chiesto un autografo.
Pura curiosità o voglia di capire fino a che punto questo uomo di sinistra sia 'vicino' alla destra, fatto sta che la platea è gremitissima come nelle grandi occasioni, assicura un altro padrone di casa, il capogruppo di Fdi alla Camera, Fabio Rampelli.
E la "partita" per il responsabile dell'Interno comincia in discesa, anche perché ha di fronte un pubblico per cui il suo predecessore, Angelino Alfano, è inviso tanto quanto al popolo leghista. "E' ancora ministro della Repubblica e ora farà danni agli Esteri e non agli Interni, ma sempre danni sono", lo canzona Rampelli. Due volte viene nominato e due volte viene fischiato. "Non mi piacciono gli apprezzamenti comparativi, Minniti ha fatto quello che doveva fare, si assume le sue responsabilità", dice il ministro usando la terza persona. Un artificio retorico che mostra di gradire molto.
E' consapevole dell'aspettativa che circonda la sua presenza. E ci gioca. "Venendo qui stavo pensando: 'Se mi applaudono molto dico: guardate che sono Minniti non Crozza'". "Non c'è pericolo", dice qualcuno. Ma è una voce isolata. Nell'avvio dell'intervista, fatta da Mario Giordano e Gian Micalessin, a prevalere sono gli ammiccamenti.
I primi due applausi se li becca quando parla dei flussi migratori, d'altra parte è quello il terreno della destra che Minniti ha arato di più in questi "nove mesi e 11 giorni" in cui è ministro. "Io avevo due strade: potevo dire che l'Europa non faceva la sua parte. Potevo continuare a dirlo e forse mi avreste anche applaudito. Ma per me non era sufficiente. Io dovevo dimostrare che l'Europa non faceva la sua parte ma l'Italia faceva qualcosa".
Il climax della sintonia si raggiunge con la complicità di una vignetta che ironizza sul "capoccione" di Minniti e sui rischi che per quella pelata gli potrebbero derivare dall'entrata in vigore della legge Fiano. "Sul capoccione – scherza a sua volta - chiedo la clemenza della corte, il capoccione mi ha sempre accompagnato e mi accompagnerà sempre". Momento perfetto per il ministro per ricordare che quando è stato sottosegretario alla presidenza del Consiglio capitò per caso nella stanza in cui c'era la scrivania di Benito Mussolini. Gioca in casa anche poco dopo, perché il destino gli ha riservato in sorte anche di aver dimorato da sottosegretario nella stanza che fu di Italo Balbo, lo stesso a cui è intitolata la sala in cui sta svolgendo il dibattito. "Tutto questo – continua a scherzare - lo sto dicendo per consentire a Crozza di fare un'altra puntata. Per fare me non deve andare nemmeno in camerino a truccarsi". Poi la citazione che qua fa l'effetto che deve fare, quella scritta che campeggiava a tutta parete nella stanza che fu di Balbo: "Chi vola vale, chi vale vola, chi non vola e non vale è un vile". "Questa – ammicca - non è cultura della destra, a me pare cultura positiva della vita che uno debba assecondare la propria passione".
Ma c'è un punto esatto in cui l'umore della platea verso l'ospite cambia: quando gli viene rivolta una domanda sul ddl Fiano contro la propaganda fascista. "Fiano è un parlamentare molto serio ...", esordisce ricevendo i primi buh. "Fate bene, altrimenti pare un inciucio". Poi però aggiunge: "Non possiamo lasciare che il morto affermi il vivo. Serve discontinuità. Quella storia è stata drammatica ed è finita per sempre", dice. Fischi.
Da lì in poi, lo scollamento. Perché Giordano gli chiede conto dei danni fatti dall'ideologia comunista e tira in ballo anche il dittatore della Corea del Nord (applausi scroscianti). "Faccio parte di un governo, una maggioranza e un partito. Ma il cittadino – risponde - si aspetta dal ministro degli Interni più terzietà che da altri, perchè gestisce polizia, carabinieri. A un certo punto in questo paese si è discusso se le Br erano compagni che sbagliavano, io ero piccolo ma dicevo che non erano compagni perché chi spara è un terrorista punto".
Poi un riferimento a Giorgia Meloni che a precisa domanda 'Minniti potrebbe essere ministro dell'Interno in un governo di destra?' aveva risposto no. "Dentro di me ho detto 'menomale'. Noi dobbiamo sapere quello anche siamo: noi siamo avversari politici, che non vuol dire nemici. Io ho vissuto una fase della vita in cui gli avversari erano nemici, non torniamo più a quella storia".
Ma in platea l'aria è già cambiata. "Il Pci – dice - era Pc con una i, italiano, non lo si dimentichi mai. Era un partito che di fronte agli interessi del Paese non ha mai guardato l'interesse particolare". Fischi al cubo. "Commentate quello che volete, fischiate, urlate, io vi ascolto fischiare ma al massimo quello che può succedere e che esco ancora più convinto delle mie opinioni", è la sua replica.
Poi si passa a parlare di sgomberi, Minniti rivendica di aver ripristino la legalità ma senza dimenticare l'umanità. "Io – spiega - sono sempre per rispettare il principio di legalità. Se uno occupa illegalmente un posto deve essere sgomberato ma la legge, che io condivido, prevede anche che di fronte a situazioni come donne o bambini e quindi di particolare fragilità valga anche un principio di umanità".
In platea si rumoreggia, anche troppo. Chiara Colosimo, è costretta ad avvicinarsi ad un paio di militanti che si agitano oltre il consentito. "Noi siamo qui per ascoltare e rispettiamo chi ci viene a parlare. Se non volete ascoltare potete accomodarvi fuori", dice loro.

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