Di Edoardo Izzo
Per sedersi su alcune poltrone, eritrei e somali erano costretti a pagare due euro per tre ore, come stabiliva un tariffario in più lingue. Gli uomini della Digos e quelli della polizia scientifica che hanno iniziato ieri pomeriggio la perquisizione nell’immobile di via Curtatone a Roma sgombrato la settimana scorsa, sono rimasti sconcertati davanti al ritrovamento di materiale che sembra confermare l’esistenza di gestori occulti.
Delle persone capaci di realizzare un business sulla disperazione di chi arriva in Italia. Nell’ex palazzo della Federconsorzi (oggi proprietà della Holding Idea Fimit Sgr) infatti sono stati ritrovati anche oggetti di lusso: pellicce di visone, televisori ultra piatti di ultima generazione, alcuni con maxi schermi giganti, e perfino abiti firmati. Qualcosa di poco consono con l’idea di un fabbricato occupato per disperazione. Di chi erano questi articoli? Si tratta di refurtiva? Ne hanno di ipotesi su cui lavorare, dunque, il procuratore aggiunto Francesco Caporale, titolare di diverse inchieste sul terrorismo, e gli altri pm che lo affiancano nel pool.
Sulla pelle dei migranti
Dalla perquisizione, è stato riferito, sono emersi elementi probanti relativi all’esistenza di un gruppo di gestione che lucrava sui servizi offerti agli immigrati: alcuni tipicamente alberghieri, come testimoniano quelle poltrone a nolo e i turni alla reception, dove erano in funzione sei computer ai quali si alternavano alcuni operatori, tutti rigorosamente stranieri. Gli agenti della polizia cercavano pistole e altri reperti criminali, ma per ora però sembra che abbiano trovato solo documentazioni sull’identità degli occupanti e sulle attività di carattere commerciale gestite da questa organizzazione. Un’organizzazione esperta, come testimoniano i registri con il personale che operava all’interno e quelli con i nomi degli ospiti, ma anche d’immagine sociale, se una pelliccia di visone era nella segreteria. Per il resto, il solito avvilente scenario degli immobili dove si accampano i migranti, a partire da bibite e bevande nascoste tra i materassi.
La contraffazione
Gli ispettori della Digos e i poliziotti con pettorine della polizia scientifica non avrebbero trovato per ora i timbri per la produzione dei documenti falsi, che tuttavia potrebbero essere stati portati via durante lo sgombero. La Procura di Roma, infatti, indaga anche per contraffazione del sigillo dello Stato ed uso del sigillo contraffatto nel quadro degli accertamenti che hanno portato la Digos nell’edificio di via Curtatone la cui attuale proprietà è assistita dal legale Carlo Arnulfo.
«Vi è fondato motivo di ritenere - si legge nel decreto di perquisizione firmato dal procuratore aggiunto Caporale che ha aperto un fascicolo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina - che presso lo stabile siano occultati timbri con il sigillo dello Stato, documenti riportanti timbri dello Stato, ricevute di pagamento per soggiorni all’interno dello stabile di cittadini stranieri, anche clandestini, o comunque documenti o oggetti a questi riferibili».
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