I risultati – Al momento i Conservatori hanno ottenuto 316 seggi e restano sotto la soglia dei 326 necessari per governare. Il Labour di Jeremy Corbyn invece cresce di 29 seggi e arriva a 261.
Lo Scottish National Party di Nicola Sturgeon 35 (ne perde 21) e i Lib Dem di Tim Farron 12 (più 4). Fuori dal Parlamento resta l’euroscettico Ukip guidato da Paul Nuttall, mentre un bruttissimo colpo incassa il liberaldemocratico Nick Clegg, ex vice premier tra 2010 e 2015 nel governo di coalizione con i conservatori. L’affluenza al voto si è attestata oltre il 68 per cento secondo dati indicativi, due punti in più del 2015. Tanti i nomi di peso dei Tory che restano fuori. Ce l’ha fatta a pelo ad esempio Amber Rudd, ministra degli Interni e fedelissima della premier May, ce l’ha fatta ed è stata rieletta nel collegio di Hastings and Rye con una risicata maggioranza di 346 voti, un crollo rispetto ai 4.796 del 2015. Non è andata bene invece al coautore del programma della premier, nonché uno dei suoi luogotenenti, Ben Gummer, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Con lui fuori anche il sottosegretario al Tesoro, Jane Ellison, e quello allo sviluppo internazionale James Wharton. Tutti sconfitti dal Labour. Infine, hanno perso il loro posto in parlamento anche Gavin Barwell, sottosegretario all’edilizia e Robin Wilson, alla cultura.
I Labour: “La politica è cambiata. Ora May se ne vada” – Esulta invece il leader dei Labour che strappa uno dei migliori risultati di sempre e chiede ora il passo indietro della leader Tory: “Ha perso sostegno”, ha detto Corbyn nel suo primo intervento pubblico a risultati ancora parziali, “ha perso seggi e ha perso voti, io credo sia abbastanza perché se ne vada”. Ha quindi aggiunto: “La politica è cambiata, la gente ha fatto capire di non poterne più di austerity e tagli ai servizi pubblici, ma ha votato per la speranza”.
La crisi dentro i Tory: “La Brexit dura nella spazzatura” – La leader dei Tory per il momento ha respinto le ipotesi di un passo indietro, ma c’è attesa per il discorso che terrà davanti alla stampa intorno alle 10 (11 in Italia). Nella notte ha dichiarato che la Gran Bretagna “ha bisogno di un periodo di stabilità” e i Tory lavoreranno per garantirla. Con un tremito nella voce, ha quindi insistito sulla necessità di attuare la Brexit e di difendere “l’interesse nazionale”. “Il partito Conservatore”, ha detto, “farà il suo dovere qualunque sia il risultato finale delle elezioni”. Ma non è così facile perché arrivano le prime velate richieste di elezioni anche dall’interno del Partito conservatore. La premier “dovrebbe considerare ora la sua posizione”, ha detto alla Bbc, Anna Soubry, deputata anti-Brexit e da tempo voce critica nei confronti di May, rieletta d’un soffio dopo un primo annuncio ufficioso che l’aveva data per sconfitta. Una frase che tutti gli osservatori in studio hanno interpretato come un benservito. Ironico il commento di William Hague, ex leader Tory, che ha scritto: “Il nostro partito è una monarchia temperata dal regicidio”. L’ex cancelliere conservatore George Osborne ha invece parlato a Itv, dicendo: “La Brexit dura è finita nella spazzatura stanotte”, e “May sarà probabilmente una dei ministri rimasti in carica per meno tempo nella nostra storia”.
Ue: “Tempi Brexit ritarderanno” – Arrivano anche le prime reazioni a livello europeo. A esprimere perplessità è il commissario al Bilancio dell’Unione europea, Guenther Oettinger, che si dice dubbioso sul fatto che i negoziati della Brexit possano iniziare in tempo dinanzi a un ‘parlamento sospeso’. Parlando all’emittente Deutschlandfunk, il Commissario ha infatti sostenuto la necessità di avere come interlocutore, nel processo di divorzio dalla Ue, un governo forte e stabile, laddove un partner debole potrebbe portare a un risultato negativo. Più cauto il commissario europeo agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici: “Non è stato un referendum-bis, la Brexit si farà”, ha detto, ma ha anche specificato che il risultato del voto britannico “cambierà forse un certo numero di cose. Ci sarà senza dubbio un impatto sullo spirito dei negoziati, sul dato politico, ma l’apertura dei negoziati non è in discussione”. Ha quindi ribadito che che le trattative si terranno “su una base ferma, ma amichevole”. La sterlina, dopo il crollo subito dopo gli exit poll di ieri sera, è data in calo su tutte le principale valute mondiali dopo l’esito delle elezioni. Una situazione che renderà difficile la governabilità del Paese. La sterlina è scesa a 1,269 dollari (-1%) e a 139,8 yen giapponesi (-0,8%). Si rafforza a sua volta l’Euro sulla moneta inglese, che tocca gli 0,88 pound (+1,08%).
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