Migranti, il Cara in mano ai clan: così si spartivano i fondi europei

mag 15, 2017 0 comments
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Di Giovanni Neve
Associazione di tipo mafioso, estorsione, porto e detenzione illegale di armi, intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose.
Sono i reati contestati alle 68 persone arrestate la scorsa notte nella maxi operazione, denominata "Jonny", che ha impegnato oltre 500 agenti e ha consentito di smantellare la cosca che fa capo alla famiglia Arena (guarda il video). Nelle loro mani c'era anche la gestione del centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto.
I provvedimenti, emessi dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, a seguito di indagini coordinate dal procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, hanno smantellato la storica e potentissima cosca di 'ndrangheta che fa capo alla famiglia Arena e che è da tempo al centro di articolati traffici criminali nelle provincie di Catanzaro e Crotone. Oltre ad avere interessi nelle attività legate al gioco e alle scommesse, secondo gli investigatori, la cosca Arena, "aveva imposto la propria assillante presenza anche sull'area ionica della provincia di Catanzaro dove, direttamente attraverso i propri affiliati", grazie anche a fiduciari, "aveva monopolizzato il business delle estorsioni ai danni di esercizi commerciali e imprese anche impegnate nella realizzazione di opere pubbliche". Tra il 2015 ed il 2016 infatti, in particolare a Catanzaro, una cellula, dipendente dalla cosca madre di Isola Capo Rizzuto ma radicata nel capoluogo, "aveva perpetrato una serie impressionante di danneggiamenti a fini estorsivi per fissare con decisione la propria influenza sull'area mentre cosche satelliti della famiglia avevano fatto altrettanto nell'area, di rilevante interesse imprenditoriale e turistico, immediatamente a sud di Catanzaro ricadente nei comuni di Borgia e Vallefiorita".
La cosca Arena lucrava sull'accoglienza dei migranti nel Cara "Sant'Anna" di Isola Capo Rizzuto grazie alla collusione con esponenti della "Fraternita di Misericordia", l'ente che gestisce il centro dell'isola lungo la statale 106. Dalle indagini è emersa un'infiltrazione del clan, da più di un decennio, in tutte le attività imprenditoriali connesse al funzionamento dei servizi di accoglienza del Cara. Secondo gli investigatori, il tramite era Leonardo Sacco, governatore della Misericordia, che ha permesso di aggiudicare a imprese create ad hoc dai mafiosi gli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per le forniture dei servizi di ristorazione presso il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto e di Lampedusa. Gli Arena e altre famiglie di 'ndrangheta si spartivano così i fondi europei destinati all'accoglienza dei migranti. Secondo l’accusa degli oltre 100 milioni di euro assegnati alla struttura per accogliere oltre 1600 immigrati al giorno, almeno 30 sarebbero stati dirottati nelle casseforti dei clan. Nei guai è finito anche il parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio (70 anni).

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