Di Giovanni Neve
"La solidarietà davanti alle tragedie dei migranti si scontra con l'intolleranza a cui spesso è legata l'incapacità di comprendere i grandi fenomeni del mondo contemporaneo".
Sergio Mattarella parla alla comunità degli italoargentini al teatro Coliseo e attualizza l'esperienza dei loro nonni e padri, ricordando ogni aspetto delle migrazioni passate. Ora, però, "viviamo tempi nei quali le questioni migratorie assumono nuovamente enorme rilevanza. I mezzi di comunicazione portano alla nostra attenzione immani tragedie, in cui i temi della solidarietà e della dignità della persona, si scontrano - prima ancora che con preoccupazioni legate alla sicurezza - con intolleranza, discriminazioni e diffusa incapacità di riuscire a comprendere ciò che è in atto, ciò che sta accadendo nel mondo".
Gli italiani nel mondo
"Un fiume in piena quello che si riversò dall'Italia verso il resto del mondo: 803.000 gli emigrati nel solo anno 1906! In cento anni (1876-1975), emigrarono circa 26 milioni di italiani! Una nazione fuori dalla nazione". Mattarella parla davanti ai 1700 italoargentini riuniti al teatro Coliseo, luogo di cultura di proprietà del governo Italiano a Buenos Aires, e ricorda quando i migranti eravamo noi. Ecco, sottolinea il capo dello Stato, "perché non c'è una sola storia d'Italia ma, accanto a quella del territorio nazionale, si è sviluppata una storia degli italiani: tante storie degli italiani, quante erano le comunità italiane trapiantate all'estero. La storia dell'emigrazione italiana è, prima ancora dell'Unità d'Italia, la storia unitaria del nostro popolo". Mattarella cita Ludovico Incisa di Camerana secondo cui "è all'estero che meridionali e settentrionali, sudditi di regimi diversi, si appropriarono, insieme, di una comune identità , quella italiana. Qui, possiamo ben dirlo, è nata l'italianità . Prima ancora di essere cittadini del Regno d'Italia, gli emigranti provenienti dagli antichi Stati peninsulari si sono riconosciuti italiani a Buenos Aires, in istituzioni e organizzazioni comuni. Qui è stata custodita, sin dai momenti di crisi del processo unitario del Paese, la nostra identità ".
Gli immigrati come risorsa
"Lo sviluppo di un Paese va di pari passo con un diminuire delle migrazioni, le due cose sono indissolubilmente legate". Durante la visita di Stato Oltreoceano, Mattarella ripercorre le tappe delle migrazioni italiane all'estero, dall'800 al 1970, quando ben 26 milioni di italiani lasciarono il Paese. E, in particolare, ricorda come in Argentina l'immigrazione è stata "incoraggiata con accordi tra governi, con lo scopo di alleggerire un corpo sociale ritenuto dalle classi dirigenti dell'epoca troppo denso, troppo pesante, misurato su quelle che si ritenevano essere le risorse dell'Italia. Una tesi, quest'ultima infondata, denunciava nel primo dopoguerra Carlo Rosselli". Per il leader di Giustizia e Libertà "la tesi secondo la quale il pauperismo italiano fosse figlio della pressione demografica era totalmente infondata: lo dimostrerà la storia successiva. Nel 1961, Centenario dell'Unità d'Italia, a popolazione raddoppiata, il reddito pro-capite del Paese risulterà quadruplicato". "Ci sono tante storie quante sono le ondate migratorie che si sono succedute, sino a quella del secondo dopoguerra, i cui effetti sono durati sino all'epoca del boom economico italiano, quando si è realizzata la previsione di Antonio Gramsci (del quale abbiamo appena ricordato gli ottant'anni dalla scomparsa). Il leader antifascista - cita il capo dello Stato - preconizzava con lo sviluppo del Paese, il venir meno della funzione dell'Italia come produttrice di riserva operaia per il mondo intero".
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