Di Alberto Abburrà
La morte di dj Fabo ha rilanciato il dibattito sul “fine vita” e ora gli occhi sono puntati sul Parlamento che dovrà occuparsi di sbloccare leggi ferme da anni a causa di veti incrociati e divergenze tra le forze politiche. Il primo testo ad approdare in Aula è quello sul testamento biologico che inizia l’esame a Montecitorio. Non si parla di eutanasia (che in Parlamento è confinata in altre 4 proposte di legge) ma solo di “disposizioni anticipate di trattamento”. Per questo, prima di entrare nel merito del disegno di legge sul biotestamento, è utile distinguere i diversi casi che genericamente vengono accostati al concetto di “fine vita”.
TESTAMENTO BIOLOGICO
È quello in discussione alla Camera. Sono le volontà in materia di cure mediche (anche nutrimento e idratazione) che un paziente, da cosciente, dichiara immaginando di trovarsi in una condizione in cui gli è preclusa la possibilità di scelta. Se applicate queste disposizioni porterebbero portare al distacco di un paziente dalle macchine e quindi alla morte. Si tratta di una procedure che viene anche definita “eutanasia passiva”.
SUICIDIO ASSISTITO
È la possibilità per un paziente malato, dopo un colloquio e una prescrizione medica, di accedere a un trattamento (solitamente un farmaco) che metta fine alla propria vita. È quanto avvenuto a dj Fabo in Svizzera. Il paziente che accede a questa pratica è cosciente (perché deve assumere o attivare personalmente la procedura) e non necessariamente si trova in fin di vita.
EUTANASIA
È l’interruzione della vita di un paziente provocata da un intervento da parte di un medico (solitamente mediante la somministrazione di un farmaco), per questo motivo si parla di “eutanasia attiva”. A seconda della legislazione può avere confini e protocolli differenti.
TESTAMENTO BIOLOGICO, A CHE PUNTO SIAMO
La legge sul testamento biologico arriva alla Camera dopo un anno di scontri, modifiche e rinvii. Il testo è composto da 5 articoli ma a far discutere è soprattutto il terzo, quello che introduce i “Dat”, le “Disposizioni anticipate di trattamento”, ovvero la possibilità per un paziente di dichiarare la volontà di interrompere la nutrizione e l’idratazione artificiale nel caso in cui si dovesse trovare in una grave situazione clinica. «Ogni persona maggiorenne - dice la legge - in previsione di una propria futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento (Dat), esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali».
IL FRONTE DEL NO
Da mesi si consuma uno scontro tra lo schieramento trasversale di deputati cattolici (da Forza Italia a Lega Nord, Udc e Area popolare) e il fronte dei promotori: Pd, M5S e Sinistra Italiana. Al momento del voto in Commissione, i parlamentari contrari hanno lasciato i lavori in segno di protesta e ora che l’argomento arriva a Montecitorio invitano i promotori a «non soffocare il dibattito in Aula per stringere i tempi della discussione». A guidare il fronte dei contrari Forza Italia e Lega Nord. Per Renato Brunetta (Forza Italia) ci sono «due valori in conflitto, le libertà costituzionalmente tutelate e la sacralità della vita». Massimiliano Federiga (Lega) si sofferma sul ruolo del medico: «Non può essere obbligato a interrompere le terapie». Ma c’è anche chi si spinge oltre come Alessandro Pagano (Lega Nord) che parla di «un ddl che legalizza l’eutanasia per omissione» con «l’unico obiettivo di agitare una bandiera ideologica».
LA MAGGIORANZA DIVISA
Dopo l’ok in Commissione il Pd attraverso Titti Di Salvo aveva parlato di «diritti inseguiti per tanti anni che finalmente arrivano e restituiscono dignità a tante persone» e ora si ritrova impegnato nel difficile compito di mediazione all’interno della maggioranza soprattutto nei confronti della componente di Area Popolare-Ncd. Per Ettore Rosato (Pd) «è una legge equilibrata che tiene conto dei diritti del malato e tutela il personale sanitario» ma «siamo pronti a discutere mini-aggiustamenti». Maurizio Lupi (Ncd) sottolinea che «il medico non può essere un mero esecutore della volontà altrui» mentre la presidente dei senatori Laura Bianconi inviata il Pd a «evitare forzature e fughe in avanti su provvedimenti delicati che rischierebbero solo di produrre tensioni sulla maggioranza». La sponda più importante del Pd è rappresentata dal M5S. Vincenzo Caso riassume la posizione dei grillini e promette che il gruppo è pronto a «votare il testo in modo convinto se non ci saranno modifiche» mettendo in guardia «da compromessi al ribasso».
I PUNTI CRITICI
1) Il ruolo del medico
Con il passaggio in Commissione il testo ha subito delle modifiche, ma il ruolo del medico resta una delle questioni più dibattute. Il comma 7 dell’ articolo 1 recita che «il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente» ma al tempo stesso «il paziente non può esigere dal medico trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale e alla buone pratiche clinico-assistenziali». Questa contraddizione è uno dei temi sollevati da chi vorrebbe dare più libertà ai pazienti ma anche da chi vede minacciata l’autonomia dei medici. Dubbi che emergono anche leggendo il comma 8: «Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico assicura l’assistenza sanitaria indispensabile, ove possibile nel rispetto della volontà del paziente». Il rapporto medico-paziente è stato oggetto anche di un intervento dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri che si è detta favorevole a «una legge in grado di normare una materia tanto complessa» ma a due condizioni: «che si vada nella stessa direzione del codice deontologico e che si rispetti l’autonomia del medico, quale garante dell’autodeterminazione della persona assistita».
2) Le modalità del consenso
Un’altro tema molto controverso è il cosiddetto consenso informato e cioè la procedura attraverso cui il paziente avrà la possibilità di dichiarare le proprie intenzioni. Le modalità sono regolate dal primo articolo della legge e si basano sul concetto che «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito» senza il consenso della persona interessata. Le intenzioni vanno presentate in forma scritta e possono essere revocate in qualunque momento ma «il rifiuto del trattamento sanitario indicato o la rinuncia al medesimo non possono comportare l’abbandono terapeutico» e saranno sempre assicurati «il coinvolgimento del medico e le cure palliative». Qui i sostenitori denunciano una limitazione alla libertà dei pazienti e chiedono di dare più responsabilità al fiduciario mentre gli oppositori sostengono che la definizione porti a istituire una forma di eutanasia mascherata.
3) La figura del fiduciario
Terzo elemento oggetto di dibattito è la figura del fiduciario. Istituita dall’articolo 3 (comma 1) è una figura scelta dal paziente «che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie». Ma anche qui non mancano le criticità come quelle previste al comma 4 dove si legge: «Il medico è tenuto al rispetto delle “Dat” le quali possono essere disattese, in tutto o in parte, dal medico, in accordo con il fiduciario, qualora sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione».
4) La sedazione palliativa profonda continua
Nel disegno di legge sul testamento biologico non è presente un riferimento alla “sedazione palliativa profonda e continua”, una tecnica utilizza recentemente anche in un malato terminale nel Trevisano che consente al paziente di entrare in un sonno profondo e arrivare alla morte senza sofferenza. L’associazione Luca Coscioni ha raccolto un testo firmato da oltre 150 dottori, la “Carta dei medici per il testamento biologico”, per chiedere che questa tecnica venga inserita nel testo della legge.
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