Di Andrea Cortellari
È di "propaganda al terrorismo" l'accusa per cui è stato confermato l'arresto di Deniz Yücel, corrispondente in Turchia per Die Welt, fermato lo scorso 14 febbraio, dopo essersi presentato spontaneamente alla polizia a Istanbul per essere ascoltato dagli inquirenti e trattenuto fino a oggi grazie alle leggi speciali in vigore per via dello stato d'emergenza imposto dopo il golpe fallito di luglio.
Una decisione che dà ragione all'accusa, che oggi durante l'udienza ha avanzato la domanda di custodia cautelare per il giornalista, a cui ha chiesto conto di una serie di suoi articoli, dall'intervista a Cemil Bayık, tra i fondatori del Pkk, al racconto sulla situazione di Cizre, località della Turchia orientale teatro di durissimi scontri con l'esercito già nel 2015, quando i militanti curdi avevano dichiarato l'auto-governo e lo Stato aveva imposto per giorni il coprifuoco.
Ma c'è anche un terzo tema tra le accuse mosse a Yücel, il lavoro giornalistico da lui svolto su una serie di mail trafugate dal gruppo di sinistra RedHack dall'account di Berat Albayrak, ministro dell'Energia turco e genero del presidente Erdoğan, e poi pubblicate da WikiLeaks.
Con l'arresto di Yücel, un altro giornalista si aggiunge all'elenco di quanti, per il loro lavoro, si trovano attualmente in cella in Turchia. Sono 155 secondo la piattaforma P24, che monitora lo stato di salute della stampa. Ottantuno secondo numeri più cauti forniti dal Comitato per la protezione dei giornalisti. Comunque abbastanza per fare del Paese il primo nella classifica di quanti chiudono la libertà d'espressione dietro le sbarre.
Ha doppia cittadinanza, tedesca e turca, Yücel. Per questo Can Dündar, ex direttore del quotidiano di sinistra Cumhuriyet, ora in Germania dopo avere scontato mesi di carcere in patria, ha scritto dal suo account twitter che "la morsa sulla stampa ora è anche una questione dei tedeschi", sostenendo che la sorte del giornalista aprirà "una nuova crisi diplomatica" tra Ankara e Berlino.
Quello che è certo, al momento, è che non sono serviti a molto i timidi rimproveri avanzati dalla Merkel, che di recente è stata in visita ad Ankara, dove ha anche auspicato che la Turchia dia agli osservatori internazionali la possibilità di monitorare il referendum del 16 aprile, in cui il Paese sarà chiamato a scegliere se trasformare la repubblica in un sistema presidenziale - e concentrare ancora più poteri nelle mani di Erdoğan - o rimanere un sistema parlamentare.
FM @sigmargabriel on #Yücel: decision is too harsh+undue. We will emphatically advocate for Yücel's freedom.
"Ci impegneremo ancora affinché a Deniz Yucel venga riservato un procedimento equo e rispettoso dello stato di diritto", ha commentato la cancelliera Merkel dopo l'ufficializzazione dell'arresto. "Una decisione troppo dura, eccessiva", ha aggiunto il ministro degli Esteri, Sigmar Gabriel, assicurando da parte sua che la Germania si spenderà per ottenere la libertà del giornalista del Die Welt, il primo con documenti tedeschi a essere arrestato, ma non il primo ad avere problemi. Già Hasnain Kazim, dello Spiegel, era stato costretto a marzo a lasciare il Paese, dopo che la tessera stampa non gli era più stata rinnovata.
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