Di Francesco Olivo
A pochi chilometri di distanza i due volti della Spagna si prendono tutto il potere. Da una parte il Partito Popolare sempre più solido al governo che nel congresso rinnova la leadership di Mariano Rajoy con risultato bulgaro (95%). Poco più in là, in un altro palazzetto di Madrid, l’assemblea di Podemos sancisce il trionfo di Pablo Iglesias, con il 51% di voti al suo documento politico (ma era l’80% due anni fa), dopo una battaglia interna dalla ferocia inaspettata.
Gli indignados lacerati
Era stato proprio il leader con la coda a scegliere la contemporaneità dei due congressi, per celebrare una sfida aperta, di là la Spagna della corruzione, di qua quella della “gente”. Dalla scelta della data però molto è cambiato. La destra spagnola pur governando in minoranza naviga con assoluta serenità, trovando accordi parlamentari con un partito socialista a sua volta stremato dalle lotte intestine. Podemos, al contrario, è lacerata come mai nella più classica delle guerre civili dei partiti di sinistra: scontri personali, colpi proibiti, polemiche feroci a tutti i livelli. Tutto nasce dalla spaccatura del tandem che finora aveva governato il partito nato dalle piazze degli indignados, il leader Pablo Iglesias contro il suo vice Inigo Errejon. Due visioni del movimento diverse che sono deflagrate con una guerra di bande. Iglesias più movimentista, Errejon più istituzionale e incline a un accordo con i socialisti, ipotesi vista con ostilità dal primo. La campagna elettorale è stata talmente dura che i militanti arrivati al palazzo dello sport di Vistalegre, nella periferia di Madrid, hanno accolto i dirigenti al coro di “unità unità”. “Abbiamo dato un brutto spettacolo”, ha ammesso Iglesias. L’esito però dà ragione al leader che, aveva promesso (o minacciato) l’addio in caso di sconfitta. Ora il compito è arduo: ricucire un partito diviso sin nel profondo.
I socialisti commissariati
Resta a guardare un partito socialista uscito malconcio dalla defenestrazione del segretario Pedro Sánchez e dalla conseguente astensione in parlamento che ha dato il via libera al governo della destra. In vista delle primarie e del congresso di giugno sono scesi in campo due candidati della sinistra del partito (lo stesso Sánchez e l’ex presidente basco Patxi Lopez), mentre la favorita è in arrivo, Susana Díaz presidente dell’Andalusia, con la benedizione di Zapatero e Felipe Gonzalez. La segreteria del partito è commissariata, in parlamento si fanno accordi (anche non spregevoli in ottica socialista, come quello sul salario minimo) e i sondaggi dicono che la situazione è difficile, ma il tracollo è finito, e la rimonta su Podemos è possibile. Dopo le lotte interne servono contenuti, così si sono messi al lavoro due volti noti, il deputato basco Eduardo Madina (vittima di un attentato dell’Eta nel 2002) e l’economista José Carlos Díez, gran divulgatore su giornali e tv, ora passato a redigere un difficile programma.
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