(ANSA/ANGELO CARCONI) |
La giudice per le indagini preliminari di Roma Flavia Costantini ha archiviato le accuse contro 113 persone sulle 116 indagate in un filone dell’inchiesta conosciuta come “Mafia Capitale”, non trovando «elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Il provvedimento di archiviazione riguarda anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente del Lazio Nicola Zingaretti. Nel frattempo va comunque avanti il processo principale di “Mafia Capitale”, in cui sono imputate 46 persone per reati che vanno dall’associazione criminale di tipo mafioso alla corruzione, dalla turbativa d’asta all’estorsione, al riciclaggio e all’usura, che è iniziato nel novembre del 2015 ed è arrivato alla sua 173esima udienza. Tra gli imputati del processo ci sono anche Massimo Carminati, ex terrorista di estrema destra in passato vicino alla banda della Magliana, e Salvatore Buzzi, fondatore della cooperativa di ex carcerati “29 Giugno”. Entrambi secondo la procura erano a capo di un’organizzazione di tipo mafioso.
Le 116 persone indagate dalla procura di Roma erano state coinvolte nell’indagine a seguito delle dichiarazioni di alcuni degli imputati principali. C’erano imprenditori, politici, pubblici funzionari e professionisti, accusati di vari reati. Dopo le indagini, nell’ottobre del 2016 la procura aveva chiesto l’archiviazione per tutte e 116 le persone indagate; il gip ha accolto la richiesta per 113 di loro, ordinando invece che per altre tre gli atti vengano restituiti al pubblico ministero per degli approfondimenti.
L’archiviazione riguarda, tra gli altri: Nicola Zingaretti che era stato indagato per sospetto concorso in corruzione e per turbativa d’asta; Massimo Carminati, in riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata a rapine e riciclaggio (Carminati è sotto processo per l’inchiesta principale); Gianni Alemanno, anche lui accusato di associazione di stampo mafioso, e che però andrà a processo a maggio per corruzione e finanziamento illecito in un altro filone di indagine. Per altre quattro persone coinvolte sono cadute le accuse di associazione di stampo mafioso. La giudice per le indagini preliminari non ha invece archiviato la posizione di tre persone che restano dunque indagate: l’imprenditore Salvatore Forlenza, l’ex presidente della commissione Bilancio del comune, Alfredo Ferrari e l’ex consigliere comunale della lista civica “Marino sindaco” Luca Giansanti.
L’inchiesta giudiziaria conosciuta come “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale” era cominciata nel dicembre del 2014 e aveva portato all’arresto di decine di persone per una presunta associazione mafiosa composta principalmente – ma non solo – da esponenti politici e dalla criminalità organizzata romana, che controllavano appalti e finanziamenti pubblici con metodi mafiosi. L’inchiesta fu chiamata da subito dai magistrati responsabili “Mafia capitale”, con l’evidente obiettivo di sostenere la tesi che tra le accuse potessero essere sostenute anche quelle legate alle associazioni criminali di tipo mafioso. Il reato al centro dell’inchiesta era appunto l’associazione di stampo mafioso, regolata dall’articolo 416 bis, ed era la prima volta che questa imputazione veniva contestata a persone non appartenenti a organizzazioni con diretto riferimento a mafia, camorra e ‘ndrangheta: si introducevano cioè le fattispecie di reato regolate dal 416 bis in una situazione che non sembrava avere le caratteristiche tipiche, storiche, usuali, delle associazioni mafiose.
All’inizio dell’inchiesta in molti avevano aderito immediatamente alla tesi dell’organizzazione mafiosa, o avevano mostrato poca cautela e molta enfasi. Dopo la richiesta dell’archiviazione, però, la tendenza principale nei titoli era stata quella di un ridimensionamento della questione. Diversi giornali danno oggi la notizia dell’archiviazione con brevi articoli a fondo pagina (Repubblica e Corriere, tra gli altri). Il Foglio – che invece aveva sostenuto fin dall’inizio che nell’inchiesta “Mafia Capitale” non ci fosse della mafia senza però contestare le accuse, o i reati eventualmente commessi – oggi scrive:
«Il problema non è solo fare i conti con un’inchiesta che si sgonfia. Il problema è fare i conti con la mancanza di anticorpi del nostro sistema di informazione: una condizione patologica che contribuisce ad alimentare un circolo vizioso in base al quale ciò che dice una procura non è una verità parziale che deve essere sempre suffragata da fatti ma è una verità assoluta impossibile da mettere in discussione».
Dopo la decisione del gip Gianni Alemanno ha detto che «finalmente, dopo 26 mesi di attesa, è stata definitivamente archiviata dal giudice per le indagini preliminari l’accusa nei miei confronti per il reato assurdo e infamante di associazione a delinquere di stampo mafioso: ho creduto nella giustizia, attendendo pazientemente questo momento e sopportando tonnellate di fango lanciate sul mio nome da esponenti politici e giornalisti che non sanno distinguere un avviso di garanzia da una condanna. Analogo danno è stato però evitato al governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Ringrazio la magistratura di cui ho sempre avuto fiducia, che mi ha ridato la mia onorabilità. Ora attendo che lo stesso facciano tutti quegli esponenti politici e giornalisti che hanno strumentalizzato queste indagini solo per utilità politica, dimenticando il danno che facevano non solo a me e alla mia famiglia ma a tutta la città di Roma».
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