Di Janiki Cingoli
Ho conosciuto Shimon Peres per la prima volta nel 1986: accompagnavo Giorgio Napolitano, allora responsabile Esteri del Pci, nella sua prima missione in Israele e Palestina, che avevo organizzato per lui.
L'incontro avvenne nel suo ufficio, a Gerusalemme, e si svolse in un momento delicato: pochi giorni prima vi era stato il terribile attentato alla Stazione delle Corriere, a Tel Aviv, e ci aspettavamo un clima teso. Invece ci fu solo un accenno all'argomento, del genere "loro ci hanno colpito, noi abbiamo risposto". As usual. Si sarebbe potuto dire.
Il focus della discussione, che spaziò ovviamente su tutta la situazione e sugli spiragli di pace che già Peres intravvedeva, fu la questione dei rapporti tra Israele e Russia, congelati dopo la Guerra dei Sei Giorni del '67. Peres chiedeva che il Pci si facesse tramite con l'Urss per la ripresa dei rapporti, sostenendo che quel grande paese poteva giocare un ruolo importante di ponte, anche rispetto ai palestinesi. Gorbaciov era stato eletto da un anno, e le speranze del mondo erano puntate su di lui.
Napolitano prese buona nota, e poco tempo dopo il suo rientro, durante una missione in Russia, informò i dirigenti del Pcus ai massimi livelli del messaggio di Peres. Questo contribuì sicuramente alla ripresa dei contatti tra i due paesi, fino alla ripresa dei rapporti diplomatici annunciata ufficialmente nel 1990.
Ho avuto poi occasione di incontrare Peres nuovamente nel corso della missione del sindaco Albertini, nel 2006, che toccò Giordania, Israele e Palestina, e che servì a rinsaldare i rapporti di Milano con tutta l'area.
Ma il momento più emozionante a cui mi è stato dato di assistere fu quello del congresso del Partito laburista, nel 1992, in cui Peres si confrontò con Rabin per la leadership, e fu sconfitto.
Ma il momento più emozionante a cui mi è stato dato di assistere fu quello del congresso del Partito laburista, nel 1992, in cui Peres si confrontò con Rabin per la leadership, e fu sconfitto.
In realtà Peres era l'uomo che immaginava la pace ma solo Rabin era in grado di realizzarla, aveva il sufficiente legame con il suo popolo e con le Forze armate del paese. Fu lui che strinse la mano ad Arafat, sul prato della Casa Bianca, e cercò di portare avanti la pace, affrontando non solo le sfide dell'estremismo palestinese e le provocazioni del terrorismo, ma anche le fortissime resistenze dentro il suo stesso paese: per questo fu ucciso.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione