Di Daniele Dal Bosco
Nel XVI secolo un monaco russo, Filofej, coniò l’espressione “terza Roma” per indicare il ruolo spirituale assunto da Mosca, successivamente alla caduta di Costantinopoli (1453) ed all’unione in matrimonio tra il Gran Principe di Mosca, Ivan III, e la nipote dell’ultimo imperatore bizantino Costantino XI, Sofia (Zoe) Paleologa.
«Due Rome sono cadute (quella di Pietro e di Bisanzio)» scriveva all’allora granduca moscovita Vasilij III. «La terza (Mosca) rimane salda e non ve ne sarà una quarta». Da allora l’ideologia imperiale cristiana centrata su Mosca ha fatto molta strada, supportata dall’autocefalia de facto dell’ortodossia russa avvenuta già nel 1448, tuttavia formalizzata de iure dal Patriarca di Costantinopoli Geremia II Tranos solamente nel 1589. Vi furono tuttavia altri luoghi russi che vennero associati a Roma: già prima di Mosca, Tver e Novgorod; successivamente, all’inizio del XVIII secolo, anche San Pietroburgo.
«Due Rome sono cadute (quella di Pietro e di Bisanzio)» scriveva all’allora granduca moscovita Vasilij III. «La terza (Mosca) rimane salda e non ve ne sarà una quarta». Da allora l’ideologia imperiale cristiana centrata su Mosca ha fatto molta strada, supportata dall’autocefalia de facto dell’ortodossia russa avvenuta già nel 1448, tuttavia formalizzata de iure dal Patriarca di Costantinopoli Geremia II Tranos solamente nel 1589. Vi furono tuttavia altri luoghi russi che vennero associati a Roma: già prima di Mosca, Tver e Novgorod; successivamente, all’inizio del XVIII secolo, anche San Pietroburgo.
Nel XV secolo il monaco Foma considerava il principe Boris Alexandrovič di Tver, all’epoca rivale di Mosca, come “il nuovo Giacobbe”, “il nuovo Giuseppe”, “l’altro Mosé”, ma veniva anche paragonato agli imperatori romani Tiberio, Augusto, Giustiniano e Teodosio. Foma chiamava il principe Boris con il titolo di imperatore, e la città di Tver come “nuova Israele”. Ancora, nel 1490, Dimitrij Gerasimov, collaboratore dell’arcivescovo Gennadi di Novgorod, scrisse una “Storia della mitra bianca” nella quale sosteneva che Novgorod fosse la reale discendente di Costantinopoli e nuovo centro dell’ortodossia, ed è in questo testo che apparve per la prima volta il termine “terza Roma”, riferito tuttavia, appunto, a Novgorod e non a Mosca. Fu poi con l’avvento di Pietro il Grande che toccò a San Pietroburgo essere considerata come la sede della “nuova Roma”.
Ma l’idea della translatio imperii deve essere intesa come una semplice ideologia propagandistica, del periodo bizantino, zarista ma anche del sovietismo, o nasconde un significato simbolico più elevato, metafisico?
In realtà, sino al XVII secolo non si parlava solo di “terza Roma”, ma anche di “nuova Israele”. Mosca come erede imperiale di Roma ma anche come erede spirituale di Gerusalemme. Come ci ricorda il prof. Perrie (1), storico inglese ed esperto di storia russa, fu particolarmente importante al riguardo l’anno 1666. «Il consiglio (nda: ecumenico ortodosso) del 1666-1667 influenzò lo status dei concetti sia di Terza Roma che di Nuova Israele: soppresse il “Racconto del cappuccio bianco di Novgorod” che conteneva una versione della teoria sulla Terza Roma e criticò Nikon per essersi descritto come il “Patriarca della Nuova Gerusalemme”». Perrie ci ricorda anche che il 1666 era un anno particolare al tempo perché veniva considerato, da molti cristiani, come l’anno della fine del mondo, dell’Apocalisse.
Uno Zar che diede molta importanza a Mosca come nuova Gerusalemme fu, apparentemente, Boris Godunov, dapprima reggente de facto di Russia (1585-1598) e successivamente primo Zar (1598- 1605) non discendente dalla dinastia Rurik (la prima grande dinastia di regnanti russi, prima dei Romanov che regnarono successivamente per tre secoli circa (1613-1917)). Godunov volle creare, non riuscendo a completare il progetto, un nuovo Santo Sepolcro all’interno del Cremlino, su immagine di quello di Gerusalemme. Una teoria intrigante, in proposito, è quella proposta da Alexei Mikhailovich Lidov, storico dell’arte e bizantinista russo, secondo il quale la famosa cupola a forma di cipolla, che si ritroverà poi in numerose opere architettoniche moscovite, non ebbe un’ispirazione tatara, persiana o indiana, bensì era intesa a replicare la cupola del ciborio del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nella forma che essa ebbe a partire da metà dell’XI secolo circa, proprio per rimarcare l’idea di Mosca come nuova Gerusalemme e, più in generale, della Russia come nuova Israele e luogo del secondo Avvento o Parusia.
Il primo riferimento esplicito a Roma avvenne con l’incoronazione come primo Zar di Ivan IV (1547); Pietro il Grande, successivamente, per primo assunse il titolo di Imperatore di tutta la Russia, ricollegandosi anch’egli direttamente alla tradizione romana, tralasciando gli storici titoli russi prepetrini. Anche alcuni testi del XVI secolo accennavano ad un collegamento tra l’Impero romano e la terra di Russia: nel Poslanie (epistola) di Spiridon-Savva e nella Povest’ o knjaz’jach vladimir-skich (Racconto sui principi di Vladimir) si collega Rurik (o Rjurik) (2), capostipite della dinastia reale russa Rurik vissuto nel IX secolo, alla discendenza di Prus, fratello di Augusto.
L’idea di Mosca come Terza Roma conteneva in sé un doppio significato, come già era accaduto all’idea di Costantinopoli come Seconda Roma: da un lato rifletteva la continuità spirituale attraverso Bisanzio, dall’altro rifletteva la continuità politica ed imperiale dell’oramai defunto impero bizantino. Caduta Bisanzio, Mosca divenne essa stessa la continuatrice spirituale di Gerusalemme, da un lato, e la continuatrice imperiale di Roma, dall’altro. Aveva quindi un doppio collegamento e ruolo, come già Roma e Bisanzio: metafisico e fisico, spirituale e politico. Caduta Costantinopoli, per i russi la chiesa più importante non fu più Santa Sofia ma divenne la Chiesa della Resurrezione (Basilica del Santo Sepolcro) di Gerusalemme. Non fu un caso che il già citato patriarca Nikon, nel 1656, costruì vicino Mosca un monastero che chiamò “Nuova Gerusalemme”, noto anche come monastero della Resurrezione, costruito ad immagine di quello di Gerusalemme. La profanazione di Gerusalemme da parte dei saraceni, la definitiva vittoria sul dominio tataro in territorio russo (1480) e la caduta di Costantinopoli (1453), favorirono probabilmente nel pensiero russo quest’idea della traslazione a Mosca di una novella Gerusalemme.
Si comprende quindi che Mosca possa essere intesa su due piani di realtà distinti: da un lato, come centro spirituale; dall’altro, come centro politico. Rifacendoci all’attualità, ci pare evidente che la direzione che la stessa Mosca stia imprimendo sia quella di un mondo multipolare, a livello politico, e tale fatto esclude, a nostro avviso, una volontà “egemonica” come idea fondante del pensiero politico russo, una volontà quest’ultima, piuttosto, evidenziata invece dalle politiche attuate dalla parodia moderna dell’Impero romano e con sede oltreoceano. Ci pare invece, considerato il vigore e la vitalità dell’ortodossia russa post-sovietica e la tolleranza religiosa ben radicata sul vasto territorio multietnico della Federazione, che si possa piuttosto intendere Mosca come un possibile futuro centro spirituale di rilevanza mondiale, ed in tal senso come “quarta Gerusalemme” o “terza Roma”, in una visione metafisica universale rifacentesi alla pax romana augustea, visione già prospettata, nella sostanza ed in ambito filosofico, da una serie di intellettuali russi nella seconda metà dell’Ottocento (3).
Facendo riferimento a Mosca come “quarta Gerusalemme”, includiamo anche Roma come luogo spirituale di rilievo globale e succeduto a quello israelitico. Con ciò, ci riferiamo ad una translatio eminentemente di luogo, e nello specifico di luogo di influenza spirituale, con un proprio definito genius loci, e non invece ad una sede centrale di una o più religioni; ci riferiamo, quindi, ad una visione strettamente metafisica, esoterica, e non religiosa ed exoterica. L’importanza di idee innanzitutto metafisiche quali Fas e Ius e della valenza spirituale del mos maiorum nell’antica Roma è spesso, purtroppo, sottovalutata dagli studiosi mancanti di un’adeguata comprensione della metafisica tradizionale, la quale va al di là delle singole manifestazioni religiose succedutesi nel tempo e nello spazio.
Va detto, comunque, che i movimenti a sostegno di un ritorno alla monarchia sono tutt’altro che defunti su territorio russo: di recente, uno dei più importanti esponenti dell’ortodossia russa dopo il patriarca Kirill, Vsevolod Chaplin, si è espresso a favore di un ritorno alla monarchia, sostenendo che Putin od uno degli eredi della famiglia reale dei Romanov sarebbero i più indicati a divenire Zar. Mantenendo fede, tuttavia, alla “teoria della sinfonia” tra Stato e Chiesa promossa da Giustiniano (4), senza un ritorno quindi al “cesaropapismo” costantiniano, vigente ancora nella Russia imperiale e tuttora vigente, almeno formalmente, nel Regno Unito (5) e che si riallaccia, per quanto solo nella forma, all’idea di re-sacerdote tradizionale ed esemplificata dalle figure di Melchizedek a Gerusalemme e di Augusto a Roma.
È in tale prospettiva che va visto, a nostro avviso, il tentativo di avvicinamento in atto tra la Chiesa cattolica e quelle ortodosse in ambito cristiano le quali, pur sottolineando la sinodalità ed il primato onorario di Roma (6), risentono sempre più del “peso spirituale” di Mosca e della sua influenza sull’atteggiamento geopolitico adottato dal Governo russo. Tentativo che già avvenne con il Concilio di Firenze del 1438-1439 e la connessa bolla papale di Eugenio IV, Laetentur Coeli, che affermavano l’avvenuta riconciliazione delle Chiese cristiane d’Oriente e d’Occidente. Questo Concilio, per quanto non ebbe poi effetti concreti, fatto salvo l’avvicinamento alla Chiesa cattolica di milioni di ucraini e bielorussi con l’accordo di Brest-Litovsk (1596), tuttavia fu determinante per la nascita del Rinascimento fiorentino: fu infatti proprio per il Concilio del 1438 che Giorgio Gemisto Pletone, come consigliere dell’imperatore bizantino Giovanni VIII, venne a Firenze, assieme ad altri studiosi quali Bessarione.
Note
1 M. Perrie, Moscow in 1666: New Jerusalem, Third Rome, Third Apostasy, 2014.
2 Essendo di origini vichinghe varangiane e regnante della Rus’ di Kiev, Rurik sarebbe quindi un discendente, secondo Henry Spelman ed altri sostenitori dell’israelismo nordico, della tribù israelita di Dan, che si sarebbe insediata, in epoca precristiana, (anche) in Irlanda e nelle aree scandinave.
3 Si veda il nostro Putin e la nave dei filosofi.
4 La “teoria della sinfonia” di imperium e sacerdotium di Giustiniano, già in realtà accennata da Livio (“Quis dubitat quin in aeternum urbe condita, in immensum crescente, nova imperia, sacerdotia, iura gentium hominumque instituantur?”, Ab urbe condita, 4.4.4.), aveva radici nello ius publicum romano. Tale teoria venne ripresa dal gran consiglio dei vescovi russi del 1551, sebbene fosse già diffusa, in realtà, in ambito moscovita. Già nel 1500 circa l’abate di Volokolamsk, Iosif di Volotsk, creò un movimento monastico che sosteneva un forte legame tra Chiesa e Stato, una sorta di “teocrazia politica”. Per quanto, nella pratica, fosse a quel tempo, più che una sinfonia, un dominio del potere zarista su quello religioso.
5 Nel Regno Unito dal XVI secolo, dopo la separazione dalla Chiesa cattolica romana, il sovrano politico è anche capo religioso. L’attuale regina Elisabetta II è Capo di Stato del Regno Unito (e di altri 15 paesi del Commonwealth) ed allo stesso tempo Capo religioso della Church of England, per quanto con poteri limitati.
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