Di Filippo Bovo
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La recente scomparsa di Tullio De Mauro ha risvegliato un sia pur tenue interesse anche per il suo altrettanto famoso fratello, Mauro De Mauro, cronista de “L’Ora” di Palermo scomparso nel nulla dopo essere stato rapito dalla Mafia il 16 settembre 1970 mentre stava raccogliendo importanti scoperte sulla misteriosa morte del Presidente dell’ENI Enrico Mattei.
Mauro De Mauro, nato a Foggia il 6 settembre 1921, fu un grande giornalista italiano, oggi purtroppo mai sufficientemente ricordato. Molto controverse furono le sue iniziali scelte politiche: in gioventù fu sostenitore del Fascismo e durante la Seconda Guerra Mondiale militò nella X Flottiglia MAS di Junio Valerio Borghese, per poi aderire alle RSI dopo l’8 settembre 1943. Il suo legame col Principe Borghese non s’interruppe neanche dopo la guerra, al punto che decise di chiamare la sua seconda figlia col nome Junia. Operò a Roma nel 1943 e nel 1944, sotto l’occupazione tedesca, e con la famigerata Banda Koch, corpo speciale del Ministero dell’Interno della RSI.
Aveva il naso ricucito ed era claudicante a causa, ufficialmente, di un incidente in motocicletta: ma secondo altre versioni era stato vittima di un pestaggio partigiano, o addirittura da parte di suoi commilitoni fascisti, che l’accusavano di tradimento. Nell’estate del 1945 fu catturato dagli Alleati a Milano e trasferito dapprima a Ghedi e quindi a Coltano, in provincia di Pisa, dove si trovava il celebre e famigerato campo di concentramento americano in cui erano rinchiusi i repubblichini. Evaso fortuitamente da Coltano, visse sotto clandestinità per due anni a Napoli, dapprima condannato in contumacia per una presunta partecipazione alla Strage delle Fosse Ardeatine, quindi assolto (dapprima, nel 1948, dalla Corte d’Assise di Bologna, quindi, nel 1949, dalla Cassazione) «per non aver commesso i fatti».
Trasferitosi a Palermo, lavorò insieme al fratello Tullio presso i giornali “Il Tempo di Sicilia”, “Il Mattino di Sicilia” e “L’Ora”, dimostrando grandi doti di cronista. Iniziò da quel momento il suo riscatto umano e civile: smessi i panni del combattente fascista, divenne in breve uno dei migliori “segugi” che il giornalismo meridionale avrebbe conosciuto. Vinse nel 1960 il “Premiolino” proprio per la sua inchiesta sul fenomeno, allora ancora in massima parte sconosciuto o perlomeno sottaciuto, del crimine organizzato in Sicilia.
Nel 1962 seguì la morte del Presidente dell’ENI, Enrico Mattei, e nel settembre del 1970 tornò ad occuparsi nuovamente del caso, anche per aiutare il regista Francesco Rosi che nel 1972 avrebbe presentato il suo celebre film Il Caso Mattei. Sempre nel 1962, De Mauro aveva pubblicato, sulle pagine de “L’Ora”, il verbale di polizia del 1937 in cui il medico militare Melchiorre Allegra, tenente colonnello del Regio Esercito durante la Prima Guerra Mondiale, affiliato alla Mafia dal 1916 e pentito dal 1933, elencava tutta la struttura del vertice mafioso, gli aderenti, le regole, l’affiliazione e l’organigramma di tutta l’organizzazione malavitosa. Tommaso Buscetta, davanti ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, affermò che «De Mauro era un cadavere che camminava. Costa Nostra era stata costretta a “perdonare” il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era stata solo temporaneamente sospesa».
Forse per questa ragione, o forse per il fatto che si stesse occupando della morte di Mattei, o ancor meglio per entrambe, nella sera del 16 settembre del 1970 Mauro De Mauro venne rapito mentre stava ritornando a casa. Il rapimento avvenne due giorni prima del matrimonio della figlia Franca, l’ultima persona che vide il padre prima della sua scomparsa. Secondo la sua testimonianza, questi, riaccompagnandola in casa a bordo della sua BMW, era stato attorniato da due o tre uomini, che gli dissero qualcosa che lei non riuscì a capire. De Mauro risalì sull’auto ripartendo subito senza salutarla. Franca riuscì solo a sentire un «amunì» da parte di uno dei presenti, diretto al padre che stava partendo di gran carriera.
La sera successiva la BMW venne ritrovata a qualche chilometro di distanza da Via delle Magnolie, dove abitava la famiglia, in Via Pietro d’Asaro. L’auto fu subito accuratamente ispezionata dagli inquirenti: addirittura il cofano venne aperto dagli artificieri. Non furono però reperiti indizi utili. Vennero allestiti posti di blocco e si disposero ricerche minuziose, ma di De Mauro non si seppe più nulla. Anche il suo corpo non venne mai più ritrovato.
De Mauro è uno degli oltre duemila giornalisti nel mondo uccisi per il loro lavoro, ricordati nel Journalist Memorial del Newseum di Washington. Il 14 maggio 2013 nel Giardino della Memoria di Ciaculli, parco dedicato a tutti i caduti nella lotta contro la Mafia, gli è stato dedicato un albero alla presenza del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, della figlia Franca De Mauro, del Procuratore della Repubblica Francesco Messineo, del Presidente della Corte d’Appello e del Presidente Regionale dell’Ordine dei Giornalisti Riccardo Arena. Il 16 settembre del 2014 in Viale delle Magnolie a Palermo, ultimo luogo dove Mauro De Mauro venne visto vivo, è stata deposta una corona di fiori su iniziativa dell’UNCI (Unione Cronisti Italiani), alla presenza della famiglia De Mauro, del Prefetto Dr.ssa Francesco Cannizzo, del Questore Dr.ssa M aria Rosaria Maiorino e del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia, Riccardo Arena. Il successivo 20 dicembre l’UNCI e l’Amministrazione Comunale hanno collocato in sua memoria una lapide in Viale delle Magnolie.
[Questo articolo trae le proprie fonti dal mio libro Enrico Mattei, L’Uomo della Rinascita, Anteo Edizioni, 2016]
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