La lingua sarda, come altre lingue neolatine, trova la sua origine nel latino importato nell’isola dai Romani a partire dal III secolo a.C.
Dopo la crisi dell’impero, la Sardegna cadde sotto il dominio dei Vandaliper esser riconquistata dai militi greci dell’Impero Bizantino, ma il latino era ormai diffuso in tutta l’Isola e restò il fulcro dell’apparato linguistico.
Dinnanzi ad una unità dei suoi elementi costitutivi, verso l’inizio del secondo millennio d.C. dalle prime fonti scritte emerge il sorgere di differenziazioni interne sopratutto tra le varianti meridionali e quelle settentrionali. Per gli studiosi della latinità e delle lingue romanze, il sardo si è affermato come particolare caso di lingua che, nonostante il suo sviluppo, è rimasta particolarmente simile alle forme del latino originario. In seguito, a causa del passaggio di diverse popolazioni nell’Isola, fino ai tempi attuali, la lingua autoctona venne esposta, in modo differente, all’influenza di svariate lingue esterne che cambiarono e implementarono notevolmente il lessico. Nonostante le classi dirigenti isolane utilizzassero di volta in volta la lingua dominante del momento, innescando un concreto plurilinguismo, le popolazioni restarono ancorate alle varietà della loro lingua facendola pervenire sino a oggi.
Negli anni Settanta del secolo scorso, davanti alla chiarezza del pericolo di estinzione del sardo, nascono movimenti e fermenti popolari che si adoperano per la sua conservazione.
Ad oggi, in Sardegna, la lingua è differente in base al territorio: oltre a “sa limba”, propriamente detta, esistono altre parlate di origine alloglotta quali il catalano di Alghero, il gallurese e il sassarese (che sono considerate varietà-ponte con il corso) e il tabarchino, dialetto di origine genovese parlatoa Carloforte dai discendenti di coloni liguri provenienti dall’isola di Tabarca (Tunisia).
Inoltre, si rinvengono molte varianti e pronunce sulle quali i linguisti da tempo cercano di mettere ordine. L’orientamento prevalente è quello di identificare due macro-aree di dialetti, una centro-settentrionale (o logudorese) e l’altra meridionale (o campidanese) che si dividono, a loro volta (a seconda della scuola di pensiero), in differenti sotto categorie (come quella barbaricina e quella “di confine” arborense). Invero, ogni paese parla la sua variante locale di lingua sarda. Da tempo politici e studiosi cercano un accordo per stabilire quale sia la forma scritta ufficiale per il sardo. È recente la proposta della Regione per una Limba Sarda Comuna, redatta da una commissione di esperti.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione