Di Lorelei
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Oggi sta tornando di grande attualità un post di Michael Moore pubblicato sull’Huffington Post americano in cui il regista indicava i cinque motivi per cui Donald Trump avrebbe vinto. Di quel post, comparso nel luglio scorso, parlammo anche noi e ad occhio si potrebbe tranquillamente dire che non ha previsto un bel niente.
In primo luogo perché Moore scrisse lo stesso post per Mitt Romney alle presidenziali del 2012, usando sempre lo stesso argomento dei repubblicani “fanatici” che sono in grado di mobilitare meglio il proprio elettorato mentre i democratici se ne stanno a casa perché nessuno li porta alle urne. Del resto Moore fece una previsione simile che però non si avverò:
Who’s up at four in the morning, making sure that dozens, hundreds, thousands of people in their communities are getting out to vote. And the Republican machine that is set up and the money behind it to guarantee [what] is really the only important thing — turnout on that day — that’s what looks pretty scary here.
nel post del luglio scorso scrisse:
And therein lies the problem for November – who is going to have the most motivated, most inspired voters show up to vote? You know the answer to this question. Who’s the candidate with the most rabid supporters? Whose crazed fans are going to be up at 5 AM on Election Day, kicking ass all day long, all the way until the last polling place has closed, making sure every Tom, Dick and Harry (and Bob and Joe and Billy Bob and Billy Joe and Billy Bob Joe) has cast his ballot?
E poi Moore fa un paragone calzante con Ronald Reagan: Trump più che essere un imprenditore di successo (non lo è) è un vero talento dell’intrattenimento. Lo scrive Dave Eggers che è andato ad assistere ad un comizio di Trump in California. Eggers ha notato come il pubblico del comizio non fosse composto esclusivamente da quegli esaltati fascistoidi e ignoranti che secondo molti sono l’elettore-tipo di Trump. L’elettorato di Trump è molto più eterogeneo, e non è interessato a quello che dice (il muro con il Messico da 25 miliardi di dollari, l’uscita dal WTO) ma al come lo dice. Il pubblico dei comizi è affascinato dal personaggio, non dalle sue proposte o dalle sue idee politiche. Agli elettori piace sentire Trump dire che Hillary o il Presidente sono “stupidi” :
His supporters do not care. Nothing in Trump’s platform matters. There is no policy that matters. There is no promise that matters. There is no villain, no scapegoat, that matters. If, tomorrow, he said that Canadians, not Mexicans, were rapists and drug dealers, and the wall should be built on that border, no one would blink. His poll numbers would not waver. Because there are no positions and no statements that matter to them. There is only the man, the name, the brand, the personality they have seen on television.
Trump è uno che arriva con il suo aereo privato con la scritta Trump a caratteri cubitali, è uno che racconta un sacco di balle ma che lo fa riuscendo a divertire la folla. Purtroppo per Hilary e per Moore i suoi elettori non sono solo bianchi razzisti, sono molto meno beceri di quello che si potrebbe pensare. Perché quello che affascina l’elettorato è la capacità di Trump di intrattenere la folla. E le elezioni sono un grande spettacolo. In quest’ottica non importa nemmeno quanti confronti diretti in televisione Trump vincerà o perderà, perché se riuscirà a piazzare la battuta giusta al momento giusto, se riuscirà a continuare ad essere sopra le righe continuerà ad avere successo. Non bisogna fare l’errore, scrive Eggers, di pensare che l’elettorato di Trump sia stupido o fascista, perché in mezzo ci sono tante persone normali. Questo però Moore non lo rileva. Ma del resto mentre ci spiegava che Trump vincerà per la serie di ragioni sopraelencate annunciò anche la pubblicazione di un pezzo dove spiegherà quale fosse il tallone d’Achille del candidato repubblicano e come fare per batterlo. Peccato che non sia stato ascoltato, eh?
TITOLO ARTICOLO ORIGINALE:"Perche Michael Moore non ha previsto un bel niente/"
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