Di Daniele Bellocchio
L’Africa è la nuova frontiera dell’espansione del terrorismo islamico. Un continente sempre considerato marginale nella storia, terra di regolamenti di conti, di traffici e di sfruttamenti. Periferia del mondo e bottega del saccheggio, il continente africano è sempre stato marginale ai grandi eventi. Oggi però qualcosa sta cambiando, in modo veloce, repentino e violento. L’Africa non è più periferia globale, è protagonismo. Il continente che va da Tangeri a Città del Capo sta assumendo una posizione sempre più centrale ma a conferire questa centralità alla terra madre dell’umanità , è anche il terrorismo islamico.
La penetrazione del radicalismo religioso nel Sahel, in Nigeria, in Somalia e adesso a piccoli tratti anche nell’Africa Sub-sahariana sta mutando profondamente la società e le prospettive geopolitiche. E la corsa verso la conquista dell’Africa, da parte del fanatismo islamista, non sembra aver fine. Gruppi della galassia del terrore fanno a gara per conquistare fette di territorio e sempre più fazioni s jihadiste stanno comparendo nei Paesi africani. Dalla Nigeria che ora vede due frange di Boko Haram, all’arcipelago jihadista del Sahel per arrivare sino all’Africa dell’Est, terra del gruppo Al Shabaab, legato ad Al Qaeda, dove ora però è arrivato anche il Califfato.
A ufficializzare la presenza dell’Isis in Somalia e in Africa , e fare anche un identikit della struttura del Daesh operante lungo le coste dell’Oceano Indiano, è stato lo stesso dipartimento di stato degli USA che ha fatto sapere che la guida, della costola somala dell’Isis, è Abdul Qadir Mumin.
Occhialini rotondi, barba lunga e arancione tinta col tipico henné e un passato di predicatore radicale e terrorista combattente che la reso famoso e ricercato in tutto il mondo.
Mumin nasce in Puntland, dove cresce e coltiva il suo pensiero islamista. Poi si trasferisce in Svezia e da lì arriva in Inghilterra dove prende la cittadinanza britannica ed è a Londra e Leicester che inizia a farsi conoscere come un predicatore estremista e infuocato. Poi il 2010 il ritorno in Somalia e l’ingresso nei mujaheddin di Al Shabaab. Ma dopo 5 ani ecco le frizioni con il direttivo di Al Shabaab e nel 2015, con un gruppo di fedelissimi nascosti sulle montagne di Golis, Mumin proclama la scissione.
I motivi della scissione e fuoriuscita dal gruppo all’inizio erano opachi e difficili da decifrare, ma a distanza di un anno invece sono chiari e evidenti: Abdulqadri è uscito da Al Shabaab per diventare l’uomo di Al Baghdadi in Somalia. E se all’inizio i soldati del Califfato erano solo un gruppo di miliziani del clan dei Majerteen ora invece, fonti militari statunitensi, hanno rivelato che Mumin sta organizzando un vero e proprio esercito arruolando con la forza anche orfani e giovanissimi combattenti.
L’Africa sta diventando così, sempre più il cuore di un Califfato che a Raqqa ha storia e radici, ma a Mogadiscio e Maiduguri invece armi, uomini e margini di espansione.
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