Di Maurizio Ganzaroli
Questa domanda viene sempre più formulata e sempre più rimane senza risposta, poiché si scopre in continuazione retrodatazioni della scoperta del continente Americano, in date insospettabili di diversi secoli prima di Cristoforo Colombo.
Il personaggio stesso di Colombo viene rimesso in discussione poiché ci sono infinite teorie sulla sua reale nazionalità o cittadinanza partendo dalle Marche per arrivare a toccare gran parte delle regioni italiane, per poi spingersi al di là dell’oceano, diventando Spagnolo, Portoghese, Indiano, Irlandese, poi c’è la data del 1492, che sarebbe retrodatata di vent’anni o anche più sempre ad opera di Colombo, che con finanziamenti privati avrebbe poi in segreto raggiunto l’America.
Dunque per lui non era una scoperta fatta per caso, sapeva esattamente dove stava andando e cosa vi avrebbe trovato.
Presso la Santa Sede ci sono le carte di Piri Reìs un navigatore turco che dalla fine del 1400 fino alla sua morte nel 1554 per decapitazione in quanto avrebbe negato la sua presenza ad una nuova battaglia, avrebbe solcato i mari in lungo e largo avendo la possibilità di vedere posti assolutamente impensabili allora e che avrebbe poi disegnato, forse prendendo spunto da altre carte geografiche già esistenti allora, continenti con forme vecchie di millenni e che mai avrebbe potuto osservare dal vero, come il continente antartico che lui ha disegnato con grande perizia ed una misteriosa precisione ed attinenza al vero di quello che è quel continente ma senza i ghiacci.
Quando cominciarono le prime esplorazioni marittime alla ricerca di continenti sconosciuti dopo il 1200 le carte geografiche venivano disegnate dal capitano che comandava la nave, che poi andava via via migliorando con le proprie conoscenze acquisite sul campo migliorando con le proprie conoscenze acquisite sul campo, succedeva così poi che conoscendo altre genti che solcavano i mari, ci si potesse scambiare le carte o per lo meno dare un‘occhiata per poi riportare le conoscenze acquisite sulla carta del mondo.
Così facendo, Piri Reìs sarebbe venuto in possesso di carte nautiche o per lo meno avrebbe potuto studiarle bene, tanto da poterne fare quella che viene descritta come una scoperta impossibile, poiché completamente anacronistica.
Ma anche così non ci discostiamo sembrerebbe, poi di tanti anni a quella che è la data conosciuta della scoperta dell’America, ma se ciò fosse retrodatata di più di 1500 anni?
La scoperta recente di una nave romana nel continente e alla seguente scoperta di vasellame, arnesi da lavoro, ed altri oggetti di chiara fattura romana del periodo Imperiale, fanno proprio pensare che quello che oggi per noi sono gli Stati Uniti, da secoli prima di Colombo fossero meta conosciuta per scambi culturali e commerciali.
Un testimone attento del tempo, Plutarco, scrive che «a cinque giorni di navigazione dalla Britannia, verso occidente, ci sono isole e dietro di loro un continente»; e Plinio nota «che tutto l’Occidente al di fuori delle colonne d’Ercole è ormai osservato ed esplorato».
Tanto più che frutti come l’ananas o il mais che sarebbero stati introdotti in Europa solo dopo la scoperta di Colombo, sarebbero in realtà già presenti nell’epoca romana con una certa usualità. Ma perché non ci sarebbero tracce nella storia di questi viaggi se erano così frequenti da svariati popoli come i cinesi, gli Indiani ed altri?
Perché allora si trattava di “missioni” segrete che non venivano divulgate, che non dovevano apparire sulle carte nautiche che in quel caso avrebbero raggiunto un valore economico enorme, tutto doveva rimanere sotto silenzio e così per quello che viene ancora oggi chiamato “il paradosso di Colombo” la paternità della scoperta venne dato all’ultimo che raggiunse il continente e non al primo.
In Toscana è stato trovato recentemente un relitto di epoca romana appartenuta ad un medico chirurgo che tra i suoi strumenti molto ben conservati aveva anche delle pasticche a base d’erbe che non potevano appartenere che ad altre terre molto distanti dall’Italia come l’ibisco che poteva provenire solo dall’India o dall’Etiopia e semi di girasole che dovevano provenire dal sud America.
Si ha quindi di fronte un nuovo aspetto dell’impero romano, che a fianco dei conquistatori sempre pronti ad uccidere o ad accendere guerre per il possesso dei territori, c’è anche quello di navigatori commerciali e culturali, che importavano ed esportavano generi alimentari di vario genere.
Altri ritrovamenti infine avrebbero preceduto quelli recenti, ma che non sarebbero poi stati presi in considerazione come di grande importanza: un antico e controverso relitto emerso dalla laguna sabbiosa di Galveston Island nel 1886, in seguito ad una violenta mareggiata: i dettagli tecnici e strutturali riportati dagli osservatori dell’epoca non parvero affatto riconducibili ad un tradizionale vascello europeo di età coloniale (secc. XVI – XVIII), bensì ad un’imbarcazione molto più antica e totalmente sconosciuta ai popoli d’età precolombiana.
A questa prima traccia, devono inoltre aggiungersi sorprendenti ritrovamenti di monete e manufatti romani sepolti tanto nelle vicinanze così come in altre località texane: ad esempio i resti di un pontile in legno ritrovato nella stessa Galveston Island nel 1915 sotto oltre 4 m di sabbia, e di fattura assolutamente incompatibile con qualsiasi cultura amerindia locale; una moneta d’argento di Traiano (sec. II d.C.), rinvenuta nel 1993 dal prof. Belfiglio nella Saint Joseph Island (lungo la costa a sud di Galveston); un follis coniato dall’usurpatore gallico Tetrico II (III sec. d.C.), recuperato nelle dune costiere nel 1970; e infine un’ulteriore moneta d’età costantiniana (IV sec. d.C.) ritrovata nella cittadina di Round Rock nel 1964, all’interno di una sepoltura indiana risalente all’800 d.C. e rimasta fino a quel momento inviolata.
Tanto più che frutti come l’ananas o il mais che sarebbero stati introdotti in Europa solo dopo la scoperta di Colombo, sarebbero in realtà già presenti nell’epoca romana con una certa usualità. Ma perché non ci sarebbero tracce nella storia di questi viaggi se erano così frequenti da svariati popoli come i cinesi, gli Indiani ed altri?
Perché allora si trattava di “missioni” segrete che non venivano divulgate, che non dovevano apparire sulle carte nautiche che in quel caso avrebbero raggiunto un valore economico enorme, tutto doveva rimanere sotto silenzio e così per quello che viene ancora oggi chiamato “il paradosso di Colombo” la paternità della scoperta venne dato all’ultimo che raggiunse il continente e non al primo.
In Toscana è stato trovato recentemente un relitto di epoca romana appartenuta ad un medico chirurgo che tra i suoi strumenti molto ben conservati aveva anche delle pasticche a base d’erbe che non potevano appartenere che ad altre terre molto distanti dall’Italia come l’ibisco che poteva provenire solo dall’India o dall’Etiopia e semi di girasole che dovevano provenire dal sud America.
Si ha quindi di fronte un nuovo aspetto dell’impero romano, che a fianco dei conquistatori sempre pronti ad uccidere o ad accendere guerre per il possesso dei territori, c’è anche quello di navigatori commerciali e culturali, che importavano ed esportavano generi alimentari di vario genere.
Altri ritrovamenti infine avrebbero preceduto quelli recenti, ma che non sarebbero poi stati presi in considerazione come di grande importanza: un antico e controverso relitto emerso dalla laguna sabbiosa di Galveston Island nel 1886, in seguito ad una violenta mareggiata: i dettagli tecnici e strutturali riportati dagli osservatori dell’epoca non parvero affatto riconducibili ad un tradizionale vascello europeo di età coloniale (secc. XVI – XVIII), bensì ad un’imbarcazione molto più antica e totalmente sconosciuta ai popoli d’età precolombiana.
A questa prima traccia, devono inoltre aggiungersi sorprendenti ritrovamenti di monete e manufatti romani sepolti tanto nelle vicinanze così come in altre località texane: ad esempio i resti di un pontile in legno ritrovato nella stessa Galveston Island nel 1915 sotto oltre 4 m di sabbia, e di fattura assolutamente incompatibile con qualsiasi cultura amerindia locale; una moneta d’argento di Traiano (sec. II d.C.), rinvenuta nel 1993 dal prof. Belfiglio nella Saint Joseph Island (lungo la costa a sud di Galveston); un follis coniato dall’usurpatore gallico Tetrico II (III sec. d.C.), recuperato nelle dune costiere nel 1970; e infine un’ulteriore moneta d’età costantiniana (IV sec. d.C.) ritrovata nella cittadina di Round Rock nel 1964, all’interno di una sepoltura indiana risalente all’800 d.C. e rimasta fino a quel momento inviolata.
E’ di recente uscita questo libro che parla proprio di come gli antichi già conoscessero le rotte per le Americhe del nord e del sud, molti secoli prima di quanto la storia ci insegni, e di quanto queste rotte fossero talmente comuni da essere percorse con una certa frequenza ed abitudine.
Un mistero tutto da leggere.
Un mistero tutto da leggere.
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