Di Daniela Lombardi
Un connubio che pare essere in crisi su più fronti e che, anche se non potrà mai sciogliersi perché gli interessi in ballo sono troppi e gli equilibri geopolitici subirebbero uno scossone troppo grave, vede le due parti coinvolte sempre più in difficoltà.
La legge JastaStati Uniti e Arabia Saudita si amano sempre meno, pur se il tentativo è quello di mantenere la tradizionale amicizia finché conviene. L’ultimo “scossone” ai già travagliati rapporti è stato dato dal Congresso americano, quando ha bocciato il veto del presidente Barack Obama sul disegno di legge Jasta. La legge ora approvata consente alle famiglie delle vittime dell’11 settembre di citare in giudizio governi stranieri per coinvolgimento diretto negli attacchi terroristici. In cima alla lista dei Paesi considerati coinvolti c’è proprio l’Arabia Saudita. Il dibattito era cominciato con la mozione del capogruppo democratico al senato, Shumer, che partiva da questa considerazione: ben quindici, sui diciannove attentatori che colpirono le Torri gemelle e il Pentagono erano di nazionalità saudita, dunque l’Arabia è da ritenere “corresponsabile” negli attentati. La legge nata da questo presupposto apre ora il varco a possibili richieste di risarcimenti multimilionari da parte dei familiari delle vittime.
I lontani anni Novanta
Ma gli anni novanta – tempi in cui i rapporti Usa-Arabia erano così saldi che i sauditi avevano offerto addirittura il loro territorio alle forze occidentali per liberare il Kuwait occupato dalle truppe irachene di Saddam Hussein – sono lontani anche da altri punti di vista. La totale dipendenza dal petrolio saudita, maggiore collante nelle relazioni bilaterali, è infatti venuta meno e Riad non è più considerata il “Regno del petrolio”. Gli Stati Uniti si sono in parte affrancati dallo storico partner grazie all’estrazione del petrolio dalle rocce che contengono “shale gas”. La raggiunta indipendenza energetica rende gli americani più “coraggiosi” nell’esprimere il loro pensiero all’alleato. Anche per quel che riguarda il recente avvicinamento all’Iran sciita. Quest’ultimo rappresenta il fumo negli occhi per l’Arabia, che lo considera il “nemico dei nemici” per la storica contrapposizione tra sunniti e sciiti.
Ma gli anni novanta – tempi in cui i rapporti Usa-Arabia erano così saldi che i sauditi avevano offerto addirittura il loro territorio alle forze occidentali per liberare il Kuwait occupato dalle truppe irachene di Saddam Hussein – sono lontani anche da altri punti di vista. La totale dipendenza dal petrolio saudita, maggiore collante nelle relazioni bilaterali, è infatti venuta meno e Riad non è più considerata il “Regno del petrolio”. Gli Stati Uniti si sono in parte affrancati dallo storico partner grazie all’estrazione del petrolio dalle rocce che contengono “shale gas”. La raggiunta indipendenza energetica rende gli americani più “coraggiosi” nell’esprimere il loro pensiero all’alleato. Anche per quel che riguarda il recente avvicinamento all’Iran sciita. Quest’ultimo rappresenta il fumo negli occhi per l’Arabia, che lo considera il “nemico dei nemici” per la storica contrapposizione tra sunniti e sciiti.
Arabia Saudita e Iran
Il contrasto si è tradotto nel confronto militare in Siria, Iraq e Yemen, come anche nelle posizioni durissime dell’Iran in merito alla gestione saudita del pellegrinaggio alla Mecca. Tra Arabia e Iran è in atto da tempo una vera e propria “guerra fredda”. Ma gli Stati Uniti, che di guerre fredde se ne intendono ma non hanno voglia di “adottare” quelle di altri dopo la loro con l’Urss, proseguono senza problemi nell’intessere rapporti diplomatici con l’Iran. Con il Paese dell’Ayatollah Khamenei hanno raggiunto l’accordo sul nucleare, indispettendo Riad, tanto che il principe saudita Turki Al Faisal, già potente capo dell’intelligence del regno, ha parlato in un’intervista alla CNN dell’esigenza “di ricalibrare le nostre relazioni con l’America”.
Il contrasto si è tradotto nel confronto militare in Siria, Iraq e Yemen, come anche nelle posizioni durissime dell’Iran in merito alla gestione saudita del pellegrinaggio alla Mecca. Tra Arabia e Iran è in atto da tempo una vera e propria “guerra fredda”. Ma gli Stati Uniti, che di guerre fredde se ne intendono ma non hanno voglia di “adottare” quelle di altri dopo la loro con l’Urss, proseguono senza problemi nell’intessere rapporti diplomatici con l’Iran. Con il Paese dell’Ayatollah Khamenei hanno raggiunto l’accordo sul nucleare, indispettendo Riad, tanto che il principe saudita Turki Al Faisal, già potente capo dell’intelligence del regno, ha parlato in un’intervista alla CNN dell’esigenza “di ricalibrare le nostre relazioni con l’America”.
L’imbarazzo di Obama
Ad affossare definitivamente l’antica fiducia ha contribuito infine, e non poco, la dichiarazione di Obama che ha definito i sauditi “nostri cosiddetti alleati” nella lotta contro l’Isis, manifestando così tutto l’imbarazzo della sua amministrazione per il comportamento degli “alleati” in Siria e Iraq. Le frizioni non sono poche, dunque, e probabilmente già all’atto dell’elezione del nuovo presidente Usa si capirà cosa Riad intende per “ricalibrare i rapporti”.
Ad affossare definitivamente l’antica fiducia ha contribuito infine, e non poco, la dichiarazione di Obama che ha definito i sauditi “nostri cosiddetti alleati” nella lotta contro l’Isis, manifestando così tutto l’imbarazzo della sua amministrazione per il comportamento degli “alleati” in Siria e Iraq. Le frizioni non sono poche, dunque, e probabilmente già all’atto dell’elezione del nuovo presidente Usa si capirà cosa Riad intende per “ricalibrare i rapporti”.
TITOLO ARTICOLO ORIGINALE:"Usa-Arabia saudita. Fine di un idillio "
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