Di Luca Romano
Dal 24 agosto a oggi sono state 2.000 le scosse registrate nell'area tra Amatrice e Pescara del Tronto, l'ultima, di magnitudo 4.4, domenica nel tardo pomeriggio.
Lo sciame sismico è un fenomeno naturale che avviene sempre dopo un terremoto (dopo il sisma de L'Aquila le scosse furono 18mila) ma è pur sempre un fenomeno che tiene i geologi in allerta. Il motivo? Il rischio è che la faglia che ha causato il terremoto di Amatrice possa aver attivato le faglie vicine, una probabilità inferiore al 10%, precisa Warner Marzocchi dell'Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), ma pur sempre presente.
"Lì accanto - spiega a Repubblica Alessandro Amato, sismologo dell'Ingv e direttore del Centro nazionale terremoti - ci sono altre faglie importanti, che in passato hanno generato terremoti forti. Anche più forti dell'attuale. L'area dell'Appennino ha una situazione geologica molto complessa, le fratture della Terra si susseguono ogni 5-10 km, a causa della immersione della placca Adriatica sotto all'Eurasia, del movimento degli Appennini da Est a Ovest, della collisione fra l'Africa e l'Eurasia che spinge la catena alpina verso Nord e dell'allargamento del bacino tirrenico. Quando avviene una scossa, questa potrebbe caricare di energia altre faglie nella zona limitrofa. Se una di queste era già prossima alla rottura, diventa facile che possa generare un altro terremoto forte. Ma non sappiamo dire né se, né dove e né quando. Ci sono tante faglie, non abbiamo idea di quale sia, eventualmente, quella pronta ad attivarsi".
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