Il futuro sarà un posto immateriale e creativo, dove ogni bene è un servizio e il web si estende nello spazio del pianeta e nel tempo delle nostre vite, rendendo il passato ricercabile a piacimento.
Lo sostiene Kevin Kelly, guru tecnologico e cofondatore di Wired Usa, nel saggio The Inevitable: understanding the 12 technological forces that will shape our future (L' inevitabile: capire le 12 forze tecnologiche che disegneranno il nostro futuro, Viking, pp. 328, euro 14,99). Kelly identifica queste forze con verbi esistenti - tra cui condividere, accedere, remixare, tracciare, interagire - e neologismi come «cognificare»: «È la tendenza a rendere sempre più intelligenti le cose» spiega Kelly al Venerdì.
«Così come con la rivoluzione industriale i cavalli vapore hanno rimpiazzato i muscoli, il prossimo passo sarà prendere un qualsiasi oggetto e infondergli intelligenza, moltiplicando la sua utilità». Un prodromo è l' evoluzione della fotografia. «Negli anni Settanta i fotoreporter si trascinavano dietro grosse lenti da mezzo chilo l' una, per fotografare con poca luce. Oggi le fotocamere sugli smartphone sostituiscono queste lenti con l' intelligenza senza peso degli algoritmi, che danno foto ancora più belle».
È una spinta verso l' immateriale anche linguistica: nomi e oggetti fisici (ad esempio l' automobile) stanno già diventando verbi e servizi intangibili (condividere una corsa in carsharing); il possesso di un bene fisico, pressoché immutabile, evolverà nell' accesso a una molteplicità di beni in continuo aggiornamento. Il futuro sarà il modello Uber applicato a tutti gli aspetti della vita.
«Smaterializzando le attività, le rendiamo più efficienti» sottolinea Kelly. «Pensiamo alla chimica e alla medicina: le simulazioni digitali - ad esempio le innumerevoli combinazioni di molecole farmacologiche che il supercomputer Watson di Ibm genera e valuta a velocità impensabili per l' uomo - ci permettono di sperimentare l' impensabile, scartare i moltissimi risultati improduttivi e orientare il lavoro umano solo su quelli promettenti».
Non c' è motivo per temere: «È vero che ogni nuova tecnologia risolve dei problemi ma ne crea altri mai visti prima: i successi tecnologici di ieri (ad esempio il motore a combustione) causano i problemi di oggi (il riscaldamento globale) e le soluzioni tecnologiche di oggi causeranno i problemi di domani.
Ma questo alternarsi di problemi e soluzioni, nel tempo, porta all' accumulo costante di benefici: ogni anno creiamo un po' di più di quello che distruggiamo, e questa differenza positiva, magari anche piccola, si somma nel tempo a quelle precedenti. Ecco perché oggi viviamo meglio di un secolo fa».
E il lavoro? Per Kelly il lavoro non sparirà, ma diventerà per forza creativo: «Il compito di ognuno sarà inventare nuovi lavori per i robot». E il mondo assomiglierà sempre più al web.
«Oggi non possiamo fare ricerche davvero universali. Google non può ritrovare ogni piccolo evento che succede su Facebook, e poi non possiamo fare ricerche dentro i "mondi" contenuti all' interno di un video musicale, di una app o di un film. Nel futuro invece questo sarà possibile: gli eventi accaduti in un videogioco saranno ricercabili come oggi lo sono le notizie. E siccome il life log, la memorizzazione di tutto ciò che viviamo, diventerà un' abitudine, i nostri strumenti digitali ci permetteranno di rivisitare a piacimento ogni punto del nostro passato» vaticina Kelly.
«Inoltre, siccome tutti gli oggetti saranno connessi in rete, potremo "googlare" anche il mondo fisico e ricevere informazioni da strade, case, città: il web coinciderà con il pianeta e diventerà autocosciente».
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