Con il passare delle ore emergono particolari inquietanti nell’inchiesta sull’attentato nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, dove un parroco è stato sgozzato da due 19enni francesi affiliati all’Isis. Dettagli che rischiano di raffreddare ancora di più i rapporti tra i Paesi europei e “l’alleata” Turchia, sconvolta nelle ultime due settimane dal tentato colpo di stato.
Abdel Malik Nabil Petitjean, come rivelato nell’edizione odierna de La Stampa , era stato schedato con la lettera “S” (quella per i sospetti terroristi) perché aveva tentato di raggiungere la Siria. Ora si è scoperto che il killer, originario della Savoia, era stato rintracciato sul territorio turco dalle autorità di Ankara il 10 giugno scorso, ma la segnalazione ai Servizi francesi è arrivata soltanto quindici giorni dopo. Nel frattempo, secondo quanto risulta a France Info, lui era già potuto rientrare in Francia, addirittura pare già l’11 giugno, senza che nessuno se ne accorgesse. L’anti-terrorismo francese lo ha infatti schedato sotto la lettera “S” soltanto il 29 giugno, credendolo ancora in Turchia.
Perché la segnalazione è arrivata in ritardo? Perché le autorità turche non lo hanno fermato già il 10 giugno e consegnato a Parigi? Perché i francesi non sono riusciti a rintracciarlo nemmeno dopo l’allarme arrivato venerdì scorso dall’estero, in cui si diceva che era pronto a colpire all’interno dell’Esagono? L’inchiesta va avanti per cercare le risposte a queste domande. Ma intanto le polemiche sulla sicurezza, montate sin dalla strage di Nizza, stanno raggiungendo livelli sempre più insostenibili per il governo francese.
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