JAMAAT UL MUJAHIDEEN BANGLADESH: DA GANG A MILIZIANI ISAMISTI, IL GRUPPO PRO-ISIS LEGATO ALL'ATTACCO A DACCA
DI GIORDANO STABILE
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Un franchising rafforzato, che ha raggruppato i militanti di gruppi locali, braccati e in crisi, e li ha rilanciati, anche con l’invio di addestratori dal Califfato. L’orrore di Dacca nasce da una strategia a lungo termine, messa in pratica dalla metà del 2014, per trasformare il Bangladesh nella «nuova frontiera» del jihadismo.
Il governo di Dacca ha subito puntualizzato, per ragioni politiche interne, che i massacratori Holey Artisan Bakery, erano «tutti bengalesi», appartenenti a un gruppo locale, il Jumatul Mujahedeen Bangladesh (Jmb), senza legami con l’Isis. Ma proprio l’evoluzione del Jmb porta dritto allo Stato islamico. L’avvicinamento comincia nell’estate del 2014. Già a settembre le forze di sicurezza arrestano sette militanti del Jmb, compreso il capo delle operazioni Abdullah al-Tasnim, accusato anche di aver preso i contatti con l’Isis in Siria.
Dalla allora i confini fra Jmb e Isis si fanno sempre più labili. Nello stesso mese la Dhaka Metropolitan Police arresta Hifzur Rahman, un universitario militante del Jmb. Rahman si dichiara leader dell’Isis nell’area di Dacca. Si scopre che ha creato una pagina su Facebook, Isis Bangladesh, e sta reclutando compagni.
Il Jmb, attivo dal 1998 soprattutto con attacchi contro le forze dell’ordine, è ridotto al lumicino dopo una campagna di repressione cominciata nel 2005. I jihadisti del Jmb, come quelli di altri due gruppi, Harkat-ul-Jihad al Islami-Bangladesh (HuJI-B) Jund al-Tawheed wal Khilafah (Jtk), sono allo sbando. Il Califfato reagisce con l’invio di un «leader regionale», che ha il compito di riunirli. La svolta si vede subito nel tipo di armi usate. Il Jmb passa dalla molotov agli esplosivi ad alto potenziale.
Il numero di novembre 2014 del mensile dell’Isis Dabiq celebra la «nuova frontiera» e annuncia l’invio del comandante, senza specificarne il nome: «I soldati del Califfato continueranno a crescere e a espandersi nel Bengala, la loro azione andrà avanti».
Nello stesso articolo, «La rinascita della jihad in Bengala», la rivista tesse l’elogio del Jmb e lo inserisce fra i gruppi alleati e candidati a giurare fedeltà , bayah, al Califfo. Il 19 gennaio la polizia arresta Sakhawatul Kabir, tecnico informatico e veterano jihadista, con legami sia con Al-Qaeda in Pakistan che con il Jmb in Bangladesh. Per i servizi bengalesi è lui il comandante locale dell’Isis. Intanto è cominciata la campagna di omicidi mirati contro intellettuali laici, esponenti delle minoranze cristiane e induiste, sacerdoti e suore. Molti di questi attacchi vengono rivendicati sia dal Jmb che dall’Isis.
I foreign fighters
Sempre a gennaio 2015 un giornale indiano in lingua Bengalese «Anandabazar Patrika», citando fonti anonime dei servizi, riferisce che «360 militanti legati allo Stato islamico sono entrati in Bangladesh». Anche se il numero appare eccessivo, è nelle linee strategiche dell’Isis. L’uomo che gestisce il traffico è Muhammed Aminul Islam Baig, anche lui militante del Jmb. Viene arrestato nel maggio del 2016 e rivela di aver reclutato 25 studenti e di essere riuscito a mandarli in Siria con la copertura della Ong islamica Hizb-ut-Tahrir. Ma non rivela quanti sono tornati indietro.
L’emiro
Dopo quasi due anni di tessitura, nel numero di aprile 2016 di Dabiq l’Isis celebra i successi in Bangladesh e rivela il nome dell’emiro locale, Shaykh Abu Ibrahim Al-Hanif. Viene identificato dai media locali, come «The Daily Star», in Tamim Chowdhury, nato a Windsor, Ontario, in Canada. Al-Hanif, intervistato dalla rivista, attacca con estrema violenza l’induismo, come «una sporca religione che venera le mucche» e ha minacciato di decapitare chiunque non si converta alla versione salafita ed estremista dell’Islam: «I nostri soldati stanno affilando i coltelli per uccidere gli atei, coloro che si fanno beffe della religione, e ogni apostata di questa regione».
Anche se il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan ha escluso la pista dello Stato islamico, bisogna inquadrare la posizione nell’ottica della politica locale. Il premier Sheikh Hasina ha sempre puntato il dito contro l’opposizione islamica del Jamaat-e-Islaami, considerato braccio politico del Jmb, e minimizzato le connessioni internazionali. La realtà , spiega l’analista Hrishiraj Bhattacharjee, «Ã¨ che nel contesto del Bangladesh c’è poca differenza fra Jmb e Stato islamico, perché i leader hanno molteplici interconnessioni».
http://www.lastampa.it/2016/07/04/esteri/da-gang-a-miliziani-islamisti-lultima-preda-dellisis-in-asia-E0pephBBko2OYm76rUofVM/pagina.html
FOTO:https://mygoldenbengal.wordpress.com
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