Di Tiziana BarillÃ
Gran Bretagna starebbe meglio fuori dall’Unione europea se il Transatlantic trade and investment partnership (Trattato transatlantico di liberalizzazione di commercio e investimenti, Ttip) andasse in porto. Parola di Joseph Stiglitz, statunitense “europeista” e premio Nobel per l’Economia nel 2001. Parole pesanti che il Nobel decide di ribadire alla vigilia del Brexit, il referendum che il prossimo giugno chiederà agli inglesi di esprimersi sull’adesione all’Unione europea. Stiglitz, ingaggiato come consulente da John McDonnell (il “Cancelliere dello scacchiere ombra” e cioè responsabile delle Finanze nell’esecutivo che i laburisti contrappongono a quello istituzionale di David Cameron), lo dice senza peli sulla lingua: se l’accordo transatlantico di libero scambio tra Unione e Stati Uniti (Ttip) fosse simile a quello già raggiunto tra Usa e Pacifico (Trans-Pacific Partnership, Tpp) «nessuna democrazia» dovrebbe sostenerlo.
24 settembre 2014, Stiglitz spiega cos’è il Ttip e perché non bisogna firmarlo
Insomma, anche se Stiglitz ritiene che il Regno Unito non dovrebbe abbandonare l’Ue, avverte che un passaggio importante come quello del Ttip potrebbe fargli cambiare idea: «Le restrizioni imposte dal Ttip avrebbero delle ripercussioni decisamente negative sull’operato del governo, cosa che probabilmente potrebbe influenzare le mie opinioni sulla questione», ha detto il Nobel. «Potrebbero farmi ricredere sul fatto che aderire all’Unione europea sia una buona idea».
Perché? C’è in ballo la sovranità nazionale, spiega il Nobel: il Regno Unito, per esempio, potrebbe essere citato dalle imprese ogni qualvolta decidesse di approvare un regolamento per limitare l’impatto di sostanze tossiche come l’amianto, o per affrontare il cambiamento climatico. «Non c’è nulla nel Ttip – spiega – , che impedisca di approvare delle regole. È possibile mantenere le regole. Solo – ironizza Stiglitz – ogni anno bisognerebbe firmare un assegno alla Phillip Morris, per ripagarla del profitto perduto rispetto a quello che avrebbero realizzato se avessero potuto uccidere le persone come in passato».
Perché? C’è in ballo la sovranità nazionale, spiega il Nobel: il Regno Unito, per esempio, potrebbe essere citato dalle imprese ogni qualvolta decidesse di approvare un regolamento per limitare l’impatto di sostanze tossiche come l’amianto, o per affrontare il cambiamento climatico. «Non c’è nulla nel Ttip – spiega – , che impedisca di approvare delle regole. È possibile mantenere le regole. Solo – ironizza Stiglitz – ogni anno bisognerebbe firmare un assegno alla Phillip Morris, per ripagarla del profitto perduto rispetto a quello che avrebbero realizzato se avessero potuto uccidere le persone come in passato».
Mentre i funzionari europei e statunitensi provano a concludere il Ttip entro la fine dell’anno, in Europa monta la protesta (la prossima mobilitazione è annunciata dalla campagna StopTtip per il 7 maggio a Roma). Anche all’interno del Parlamento europeo. Il premier David Cameron difende il Trattato – «Le opportunità per la Gran Bretagna di negoziazione più con gli Stati Uniti d’America sono chiare» – e il leader laburista Jeremy Corbyn avverte che l’accordo potrebbe «spazzare via molti servizi pubblici su tutto il continente». E intanto continua a sostenere l’importanza della permanenza della Gran Bretagna all’interno dell’Unione.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione