A far vincere il Leave al referendum sulla Brexit è stata soprattutto la rabbia di chi si è sentito lasciato indietro da globalizzazione e liberalismo economico. Una rabbia “giustificata” di cui sono responsabili i “sostenitori della globalizzazione, tra cui questo giornale”. È il mea culpa dell’Economist, che in un editoriale intitolato “La politica della rabbia” fa il punto sugli errori di tecnocrati, politici e media che hanno portato ampi settori dell’elettorato – dal Regno Unito alla Francia, passando per gli Stati Uniti – a ribellarsi contro il liberismo internazionale.
Nell’ultimo quarto di secolo la maggioranza ha prosperato, ma moltissimi elettori si sono sentiti lasciati indietro. La loro rabbia – riconosce l’Economist – è giustificata. I sostenitori della globalizzazione, incluso questo giornale, devono riconoscere che i tecnocrati hanno fatto degli errori e le persone comuni ne hanno pagato il prezzo. L’adozione di una moneta europea imperfetta, uno schema tecnocratico per eccellenza, ha portato stagnazione e disoccupazione, e sta facendo a pezzi l’Europa. Strumenti finanziari complessi hanno disorientato i legislatori e mandato in crisi l’economia mondiale, fino a risultare in salvataggi di banche pagati dai contribuenti e, successivamente, tagli di budget.Persino quando la globalizzazione ha provocato enormi benefici, i decisori politici non hanno fatto abbastanza per aiutare i perdenti. Il commercio con la Cina ha sollevato dalla povertà centinaia di milioni di persone e portato vantaggi immensi per i consultatori occidentali. Ma molti operai che hanno perso il lavoro non sono riusciti a trovare un altro impiego a un salario decente.
Da questo ragionamento deriva una conclusione: “il liberismo dipende dalla fiducia nel progresso ma, per molti elettori, il progresso è ciò che è accaduto ad altri […]. Come mostra la Brexit, quando le persone sentono di non avere il controllo sulle proprie vite e di non condividere i frutti della globalizzazione, si ribellano”.
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