Di Caterina Lenti
Quest’anno il solstizio d’estate cade il 20 giugno alle ore 22:34 UTC, cioè alle 00:34 ora italiana del 21 giugno. Con esso si entra ufficialmente nell’estate astronomica, dato che quella meteorologica si fa iniziare, per convenzione, il 1 giugno. Il termine solstizio deriva dal latino sol (sole) e sistere (stare fermo), col significato di “sole stazionario”.
In astronomia il solstizio è definito come “il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica (cammino apparente che il sole traccia nel cielo durante l’anno), il punto di declinazione (la declinazione è analoga alla latitudine ma proiettata sulla sfera celeste anziché sulla superficie terrestre) massima o minima”. E’, quindi, un evento di particolare importanza sin dall’antichità, che segna il giorno più lungo dell’anno per l’emisfero nord e quello più corto per l’emisfero australe (solstizio d’inverno). Una situazione che si inverte il 21 Dicembre, quando il Sole è alla sua declinazione minima.
Il fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto all’eclittica. Nel giorno del solstizio d’estate che, nell’Emisfero Settentrionale cade quasi sempre il 21 giugno (ritardando di 5 ore, 48 minuti e 46 secondi ogni anno, salvo subire un nuovo riposizionamento indietro, al 20 giugno, ogni 4 anni, in conseguenza dell’introduzione degli anni bisestili, che evitano un progressivo disallineamento delle stagioni con il calendario), il Sole culmina allo Zenith, trovandosi così nel punto più alto della volta celeste. Il solstizio d’estate è sempre stato circondato da un velo di magia, mistero, leggenda, connotato da una fortissima carica simbolica che permane tutt’oggi. Pensiamo a Stonehenge, uno dei monumenti preistorici più famosi al mondo.
La celebre costruzione neolitica, situata nei pressi di Amesbury, nella contea di Wiltshire, per i teorici e i sostenitori del New Age è molto più di un tempio druidico. Questa formazione circolare di pietre gigantesche, poste in posizione eretta e sormontate da una lastra orizzontale, sarebbe un edificio, eretto con lo specifico obiettivo di fungere da primitivo osservatorio astronomico. Al centro dei megaliti, infatti, si trova Heel Stone (la pietra del tallone); un asse orientato strategicamente, intorno al quale le pietre sarebbero state allineate con cura per sintonizzarsi coi primi raggi del solstizio d’estate. Si dice che lo specifico schieramento dei megaliti servisse a prevedere le maree, le eclissi lunari e solari.
Tracce di culti solari si incontrano in tutto il mondo: per gli Eschimesi il Sole è la vita, contrapposta alla Luna- Morte e fino a poco tempo fa essi ritenevano che, durante la notte, il sole rotolasse sotto l’orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali. In Indonesia il Sole si identifica con un uccello e col potere del volo; tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, Il Sole, creatore della terra; per gli Inca la divinità Inti è il Sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore e padre della sua personificazione umana, l’imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell’impero, sorgono i Mojonees, torri usate come mire per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Machu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche e l’Intihuatana, l’orologio solare ricavato nella roccia. Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane; per gli Indiani d’America il sole è simbolo di potenza e provvidenza divine; per gli Aztechi è assimilato ad un giovane guerriero che muore ogni sera, risorgendo al mattino, dopo aver sconfitto luna e stelle. Per nutrirlo, il popolo azteco gli sacrificava vittime umane.
Tutto il culto degli Egizi è dominato dal Sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva; Ra quando è nel fulgore del meriggio, Atum quando tramonta. Agli Egizi risalgono le prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Per i Sumeri il sole si chiamava Shamash, figlio di Sin, la luna. Non apparteneva al gruppo delle divinità più importanti in quanto il loro dio supremo era An, il cielo, mentre il capo effettivo del Pantheon è Enlil, il signore del vento e della tempesta. Risalgono ai Babilonesi i primi e più attuali studi del movimento del sole ed ancora più accurate furono le osservazioni dei Caldei. Il solstizio d’estate è stato caratterizzato, sin da tempi immemori, da numerosi rituali. Mentre nelle isole britanniche, ancora tra il III e il I secolo a.C. i druidi festeggiavano, all’alba del 21 giugno, Alban Heruin, la “Luce della Costa”, celebrando, con l’inizio del periodo di massima luminosità dell’anno, il trionfo dell’Oiw, forza vitale che riempie di sé ogni aspetto del reale e che viene personificata dal re Quercia, l’albero simbolo del potere della terra; nello stesso periodo i Galli tendono a vedere nel solstizio la festività di Epona, la dea rappresentata con una donna in sella ad una cavalla che presiedeva alla fertilità e all’agricoltura.
Tra le tribù germaniche e slave, la notte del 21, celebrata con l’accensione di falò magici, diventa la notte dell’amore e della speranza nel futuro, con gli amanti che, saltando attraverso il fuoco, si giurarano fedeltà. Hopi, Natchez e Chaco, tutte tribù indiane d’America, hanno, tutt’ora nelle loro religioni tradizionali, strutture legate al solstizio d’estate, visto come elemento generatore di forza, fecondità e coraggio. In Cina nel solstizio d’estate si celebra Lì, divinità generatrice femminile e della luce, in un’intima comprensione del processo naturale luce-calore-generazione. Il rispetto per i cicli naturali è alla base della religione Wicca di cui è significativo il rituale Litha, che si svolge nella notte del 21 giugno e prevede la collocazione, al centro di un cerchio magico, di un calderone decorato con fiori e pieno d’acqua, con cui i partecipanti vanno aspersi tramite un ramo d’erica. Viene preparato un altare con una corona d’agrifoglio, volta a simboleggiare il principio femminile, ed una corona di quercia, indicante il principio maschile; fiancheggiato da due piccoli fuochi, a oriente (principio della nascita) ed occidente (principio della morte).
Nell’antica Roma le feste solstiziali erano dedicate aGiano Bifronte, rappresentato con due volti, uno barbuto e l’altro giovanile o femminile a seconda delle interpretazioni. Il concetto di solstizio come porta si radica anche nel mondo latino ed il dio che meglio rappresenta ciò è Giano, protettore delle porte e dei passaggi. Il solstizio d’estate, infatti, evidenzia da un lato il punto massimo del sole (Zenith) nel suo cammino sulla volta celeste; ma dall’altro anche il punto d’inizio della sua fase calante. Con l’affermarsi del Cristianesimo, le feste pagane solstiziali, non potendo essere soppresse per il loro forte radicamento tra la gente, furono, almeno in parte cristianizzate, proprio come avvenne ad altre feste pre-cristiane: ne è un esempio il Capodanno celtico di Samhain, il 1° novembre, festa nella quale si credeva che i morti tornassero sulla terra; divenuta per il Cristianesimo la Festa di Ognissanti, immediatamente seguita da quella dei Morti.
Alle feste solstiziali di Giano si sovrappongono, quindi, quelle dei due Giovanni: San Giovanni Battista per il solstizio d’estate; San Giovanni Evangelista per il solstizio d’inverno;nomi che evidenziano anche una notevole somiglianza fonetica: Janus (Giano)- Johannes (Giovanni). La festa del solstizio d’estate venne consacrata a Giovanni Battista che, secondo il Vangelo di Luca (1,26-36) era nato sei mesi prima di Cristo.
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