Thriller diplomatico all’Onu, che si conclude con una soluzione salomonica nella sfida tra Italia e Olanda per un posto nel Consiglio di Sicurezza: dimezzare il mandato, un anno per uno. La maratona diplomatica comincia alle dieci di mattina, quando ministri e ambasciatori si riuniscono nella sala dell’Assemblea Generale per il primo voto. L’Italia sa che la Svezia nelle ultime settimane ha recuperato molte posizioni, ma spera che abbia tolto voti soprattutto all’Olanda. Noi contiamo sull’appoggio del blocco africano, il Medio Oriente e l’America Latina. L’Europa si è divisa, appoggiando però in maggioranza i nostri avversari, mentre l’Asia e i caraibici ci hanno voltato in gran parte le spalle. Quando il presidente dell’Assemblea Generale, il danese Mogens Lykketoft, annuncia i risultati del primo scrutinio, c’è subito una sorpresa: la Svezia prende 135 voti e viene eletta. Alle sue spalle c’è l’Olanda con 125, vicina al quorum dei due terzi, e solo al terzo l’Italia, con 113 voti. Gli impegni che avevano raccolto alla vigilia erano superiori, almeno venti voti in più, e quindi qualcuno nel segreto della consultazione ci ha traditi. Il sacrificio per salvare i migranti, il lavoro nelle missioni di pace, e la competenza nell’area del Mediterraneo e Medio Oriente non sono bastati. Nel frattempo Bolivia ed Etiopia vengono elette per i posti riservati all’America latina e all’Africa. In queste situazioni si passa al ballottaggio a due, e se necessario al voto ad oltranza, fino a quando uno dei candidati rimasti non supera il quorum. Il ministro degli Esteri Gentiloni (che alla fine dirà: «È stata una dimostrazione di unità dell’Europa»), l’ambasciatore Cardi, il vice Lambertini e tutta la squadra dei diplomatici italiani passa tra i banchi a stringere mani, scambiare commenti, cercare di consolidare i nostri voti e conquistare altri. L’Olanda è più vicina al traguardo, ma nella seconda votazione nessuno raggiunge il quorum. Sono loro che perdono più consensi, scendendo da 125 a 99, mentre l’Italia cala da 113 a 92. Questo può essere un segnale incoraggiante: forse l’idea di mandare nel Consiglio due Paesi nordici sta frenando i sostenitori dell’Aja. Il Kazhakstan intanto batte la Thailandia e conquista il seggio asiatico. Si passa alla terza votazione, ma anche questa non dà risultati. Anzi, l’Italia recupera e quasi raggiunge l’Olanda: 96 voti per loro, 94 per noi. Il presidente dell’Assemblea allora sospende le votazioni per il pranzo: si continuerà ad oltranza, ma alle tre del pomeriggio, quando in Italia saranno le nove di sera. Gentiloni si chiude con i suoi collaboratori in un salottino dietro all’Assemblea Generale, e tutti si mobilitano per recuperare voti: telefonate alle capitali, contatti diretti al Palazzo di Vetro, strette di mano. Anche la mensa e la delegate lounge, dove si prende il caffè, diventano i luoghi per negoziati dell’ultima ora. Secondo le stime di una fonte italiana impegnata direttamente nelle trattative, noi abbiamo un blocco solido di circa 45 voti africani, 20 mediorientali e 20 sudamericani. L’Europa sta in larga parte con l’Olanda, facendoci forse pagare la decisione presa nel 2009 dall’allora ministro degli Esteri Frattini di inserirci nella competizione, dopo che Svezia e Olanda avevano già presentato la candidatura. L’Estremo Oriente sta con i nostri avversari, così come i Caraibi, legati all’Aja anche dalle relazioni seguite all’epoca coloniale. La strategia ora è conservare il blocco dei nostri voti, cercando di aumentarli lavorando sulle aree dove siamo più forti, che sono anche le regioni dove ci sarebbe più interesse geopolitico ad avere un paese del sud Europa in Consiglio. Neanche le concitate trattative dell’ora di pranzo, però, sbloccano lo stallo. Anzi: nella quarta votazione l’Olanda conserva i suoi 96 voti e l’Italia sale a 95. Si va al quinto scrutinio, dove possono presentarsi altri candidati, ma lo stallo si accentua. Parità: Olanda 95 voti, Italia 95. L’ambasciatore Cardi confabula col collega olandese, davanti al ministro Gentiloni, e poi vanno a braccetto fuori dall’aula. Nel nome dell’unità europea, all’opposto di quanto è successo con la «Brexit», dividono il mandato. Il premier Renzi e il collega olandese accettano il compromesso. L’Aja si ritira e Roma viene eletta, ma dopo un anno si dimette. A quel punto viene indetta una nuova elezione, con l’Olanda come unico candidato. Una delusione, certo. Ma anche una soluzione per salvare la faccia, e creare un embrione di seggio europeo. Anche alla quarta votazione c’è stata una fumata nera per Italia e Olanda.L’Italia ha ottenuto 95 voti e l’Olanda 96. Già al primo turno nella votazione per il seggio non permanente al Consiglio di Sicurezza dell’Onu nessuno dei due Paesi aveva ottenuto il quorum per l’elezione come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza al secondo turno. L’Italia ha ottenuto 92 preferenze e l’Olanda 99. Al primo turno la Svezia era passata superando la soglia dei 128 voti necessari. L’Olanda è arrivata seconda, senza però superare il quorum, e l’Italia terza con 113 voti. Tra gli altri gruppi geografici, la Bolivia è stata eletta con 183 voti per l’America Latina e Caraibi, l’Etiopia con 185 voti per l’Africa. Oltre il secondo seggio per l’Europa Occidentale che vede in lizza Italia e Olanda rimane da assegnare anche il seggio per il gruppo Asia-Pacifico, che vede il ballottaggio tra Tailandia e Kazakistan. Dal 1 gennaio i cinque nuovi membri non permanenti sostituiranno gli uscenti Spagna, Nuova Zelanda, Angola, Venezuela e Malesia. Rimangono per il 2017 Egitto, Giappone, Ucraina, Senegal e Uruguay, oltre i cinque Paesi con un seggio permanente, ossia Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina.
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