Col nome di versetti satanici (in arabo: الأيات الشيطانية) si indicano, da parte degli studiosi della cultura islamica e una parte dei musulmani, alcuni versetti che il profetaMaometto avrebbe recitato a Mecca in un momento in cui era ancora in discussione l'adesione o meno dei più importanti esponenti dell'élite mercantile meccana al messaggiocoranico da lui reso noto.
L'episodio è riportato dagli autori islamici più antichi: può essere letto, ad esempio, nelle copie annotate - compilate dagli storici Ṭabarī (839-923) e al-Wāqidī (745-822) - della prima biografia di Maometto (Sīrat Rasul Allah, Vita dell'apostolo di Dio) che fu scritta da Ibn Isḥāq (ca 704-761) circa 120-130 anni dopo la morte del Profeta.
Secondo gli autori summenzionati, Maometto, che stentava a convertire gli abitanti di Mecca, fu tentato da Satana mentre stava recitando la sura al-Najm[1] (considerata - parimenti a tutto il testo sacro islamico - una rivelazione divina trasmessagli per tramite dell'arcangelo Gabriele) che gli suggerì una frase (v. 21) dopo i versetti 19 e 20.
« 19 أَفَرَأَيْتُمُ اللَّاتَ وَالْعُزَّى fa-raʾaytumu l-Lāta wa-l-ʿUzzā Che ne pensate voi di al-Lāt e di al-ʿUzzā 20 وَمَنَاةَ الثَّالِثَةَ الاخْرَى wa-Manāta l-thālitha l-ukhrā e di Manāt, il terzo idolo? 21 تلك الغرانيق العلى وإن شفاعتهن لترتجى tilka l-gharānīqu l-ʿulā wa-inna shafāʿatahunna la-turtajā Ecco le gharānīq, la cui intercessione è cosa grata a Dio » |
(Ṭabarī, Jāmiʿ al-bayān ʿan taʿwīl al-Qurʾān, XVII, pp. 186-90) |
Le sopracitate Al-Lāt, al-ʿUzzā e Manāt erano una triade di divinità femminili preislamiche adorata dagli Arabi del Hijaz ossia dagli abitanti delle città di Ta'if, Mecca, Yathrib e dintorni. La parola araba "gharānīq" del "verso satanico" è un hapax - un vocabolo che ricorre solo in questo testo - e si riferirebbe, secondo i commentatori, alle gru dellaNumidia.[2] Poiché un titolo della triade era «le tre sublimi gru», il significato sotteso era quello di un'ammissione dell'esistenza delle tre divinità e un'attestazione del loro ruolo come intermediari divini.
Secondo Ṭabarī, le parole destarono forte stupore tra gli astanti, che così vedevano Maometto addivenire a più miti consigli nei confronti dell'avito politeismo pagano cui si riferiva la stragrande maggioranza della città. Sarebbe stata avviata una preghiera collettiva per sottolineare la ritrovata concordia cittadina, e la notizia avrebbe persino convinto alcuniEmigrati (Muhājirūn) a tornare dall'Abissinia. Il vantaggio politico sembra incontestabile, ma il prezzo spirituale pagato dal Profeta era però eccezionale, poiché veniva ad essere smentito il più volte asserito monoteismo assoluto della nuova religione, da lui propagandata tra mille difficoltà.
La mattina seguente, Maometto ritrattò quanto affermato, chiarendo che le parole gli erano state sussurrate all'orecchio sinistro (e non a quello destro, come normalmente faceva l'arcangelo Gabriele) e che quindi erano di origine satanica.
I “versetti satanici” furono disconosciuti da Maometto che fornì, al loro posto, l'autentica rivelazione:
« Che ne pensate voi di al-Lāt e di al-ʿUzzā / e di Manāt, il terzo idolo? / Voi dunque avreste i maschi e Lui le femmine? / Divisione sarebbe iniqua! / Esse non sono che nomi dati da voi e da’ vostri padri, pei quali Iddio non v’inviò autorità alcuna. Costoro non seguono altro che congetture e le passioni dell’animo, mentre già giunse loro dal Signore la Guida » |
(Cor., LIII:19-23, trad. di A. Bausani) |
La delusione per la mancata intesa indusse Abū l-Ḥakam al-Makhzūmī, detto dai musulmani Abū Jahl, a chiedere allo zio del Profeta, Abū Ṭālib, di ritirare la sua protezione al nipote per forzarlo a cessare la sua attività di predicazione che, dal suo punto di vista e di quello dei maggiorenti meccani pagani, era puramente sobillatrice dei valori consuetudinari (adab) e, conseguentemente, da combattere.
Il romanzo I versi satanici (1988) di Salman Rushdie parafrasa palesemente questo episodio e fu al centro di una violenta contesa fra l'autore e il regime islamico iranianodell'Āyatollāh Khomeynī, con una fatwa di condanna a morte per lo scrittore anglo-indiano, accusato di apostasia (ridda) e una taglia successivamente posta sulla sua testa da uno zelante commerciante di Tehran.
I versi satanici (nell'originale inglese, The Satanic Verses) è un romanzo scritto da Salman Rushdie.
I versi satanici a cui fa riferimento il titolo sono i versi 19 e 20 della 53ª sura (al-Najm, La Stella) e, soprattutto, il verso immediatamente successivo, presente solo in alcune antiche versioni del Corano e successivamente espunto nelle edizioni ortodosse. In questi versetti, che la tradizione considera ispirati da Satana, si dichiaravano degne di venerazione le tre dee pagane preislamiche Allāt, ʿUzzā e Manāt (figlie di Allāh, dio pagano del pantheon arabo, chiamato con lo stesso nome con cui oggi in arabo si indica il Dio unico delle religioni monoteiste).
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:https://it.wikipedia.org/wiki/I_versi_satanici
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