Di Emanuela Bambara
È bastato guardare dall’alto, nelle riprese televisive, la papalina abbracciata e confusa tra i tanti kippah – i copricapi, anch’essi bianchi in questa occasione cerimoniale – indossati dai rabbini e dalle autorità della Comunità ebraica di Roma che hanno accolto Papa Francesco, oggi, domenica 17 gennaio 2016, nella Sinagoga della Capitale, per capire quell’espressione, che oggi il Santo Padre ha ripetuto ancora una volta: “Siamo fratelli”, gli ebrei sono i nostri “fratelli maggiori”, come disse Giovanni Paolo II, il primo Pontefice a varcare la soglia del Tempio maggiore romano, il 13 aprile 1986. L’abbraccio tra Papa Wojtyla e il rabbino capo Elio Toaff, autenticamente e spiritualmente fraterno, commosse tutti. Poi, esattamente sei anni fa, il 17 gennaio 2010, fu la volta di Benedetto XVI, anche lui accolto dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Una immagine vale più di mille parole, più di mille discorsi teologici. La pace si costruisce così, con gesti semplici, con semplici azioni, di amicizia e di fraternità.
“Secondo la tradizione rabbinica, un atto ripetuto tre volte diventa consuetudine fissa”, ha esordito Di Segni nel suo discorso di accoglienza al Pontefice. E Papa Bergoglio ha risposto a propria volta che questa di oggi è stata “la prima visita da Vescovo di Roma alla Comunità ebraica di Roma”, così lasciando intendere che davvero sarà ormai una consuetudine, l’abitudine ad incontrarsi dei fratelli, di coloro che riconoscono di essere familiari di Dio.
“Dobbiamo incontrarci come fratelli e sorelle davanti al Creatore e a Lui portare la Lode”, ha detto il Papa. “Ebrei e cristiani sono fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio culturale e spirituale comune. Tutti noi apparteniamo ad un’unica famiglia di Dio, come fratelli e sorelle”. Il Santo Padre ha ricordato il “legame unico, in virtù delle radici ebraiche del Cristianesimo”. “I cristiani, per comprendere se stessi, non possono non fare riferimento alle radici ebraiche”, ha aggiunto, per poi richiamare le “sfide” comuni del nostro tempo: l’ecologia integrale e la cura del creato, i conflitti, le guerre e le violenze, che “aprono ferite profonde nell’umanità”. “la violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome e, in particolare, con le tre religioni monoteiste”, ha affermato Papa Bergoglio. “La vita è sacra come dono di Dio. Ogni essere umano, in quanto creatura di Dio è nostro fratello, indipendentemente dalla sua origine e appartenenza religiosa, e va guardato con benevolenza, come fa Dio”. La misericordia, infatti, è la qualità per eccellenza di Dio, per cristiani, ebrei e musulmani. Dio è il misericordioso, ci ama e ci perdona.
Anche la presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello, nel suo discorso di apertura della visita del Santo Padre al Tempio maggiore romano, ha detto: “Il terrorismo non trova mai giustificazione” e “le religioni devono contribuire alla crescita morale e civile”. Quindi, ha ricordato come Papa Francesco abbia sempre dimostrato “un’amicizia con il mondo ebraico”, fin da quando era Arcivescovo di Buenos Aires, in Argentina, poi “ribadita fin dai primi atti del suo pontificato”. Quando, per esempio, all’udienza con la Comunità ebraica dell’11 ottobre 2013 disse: “Un cristiano non può essere antisemita. L’antisemitismo sia bandito dal cuore di ogni uomo e di ogni donna”. Parole, queste, che ha ripetuto anche in questa solenne occasione della sua “prima” visita ufficiale alla Sinagoga di Roma: “No ad ogni forma di antisemitismo”.
“Mi auguro che crescano vicinanza, reciproca conoscenza e stima tra le nostre comunità di fede”, ha affermato il Pontefice, che ha pure annunciato un nuovo documento magisteriale che affronta “le questioni teologiche” aperte dal documento conciliare “Nostra Aetate”, di cui si celebra il cinquantenario, e che ha posto le premesse per il fraterno dialogo tra cattolici ed ebrei, grazie al quale “da nemici ed estranei siamo diventati amici e fratelli”.
“I cristiani celebrano con antichi riferimenti e nuovi significati l’anno speciale della misericordia”, ha ricordato Di Segni. Per gli ebrei, “il giubileo è un modello di rifondazione della società sui valori di pace e di giustizia”. Infatti, per l’apertura della Porta Santa, la formula recitata prevede la citazione del Salmo: “Aprite le porte della giustizia”. Su questi valori condivisi, di pace e di giustizia,ebrei e cristiani sono chiamati a progredire nela reciproca conoscenza, stima e collaborazione. Due sono i valori forti che questa visita comunica al mondo: che “la Chiesa non intende tornare indietro nel percorso di conciliazione” e “un messaggio di pace, di de comunità religiose differenti che s’incontrano in amicizia e fraternità”, perché “le differenze religiose non devono essere giustificazione all’odio e alla violenza”.
Tra le tante citazioni teologiche di interventi di Papa Francesco da parte del presidente delle Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, una in particolare merita di essere ricordata: “La conversione che la Chiesa chiede agli idolatri non è applicabile agli ebrei”, che sono uniti in alleanza con Dio, perché, come il Papa ha ripetuto anche in questa occasione, “l’alleanza con Dio è irrevocabile”.
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