Di Alma Pantaleo
Messaggi nascosti, dettagli chiave, simbolismi del manifesto che chiude il 13esimo numero della rivista di propaganda Dabiq
«Che Parigi sia di lezione a quelle nazioni che non ci prestano attenzione». Si chiude con questo monito il tredicesimo numero di Dabiq, il magazine propagandistico del sedicente Stato Islamico, diventato ormai mezzo per rendere note le rivendicazioni del Califfato e lanciare messaggi agli “enemies”, occidentali e non. Una frase, quella che conclude l’ultima uscita della rivista, che lascia ben poco all’immaginazione giacché accompagna una foto che ritrae nove uomini armati fino ai denti e sullo sfondo Parigi.
UN «INQUIETANTE RITRATTO DI FAMIGLIA»
Si tratta degli attentatori che lo scorso 13 novembre hanno disseminato il panico tra il I, X e XI arrondissement, massacrando 130 persone e ferendone più di 350. In cima all’immagine che, come riporta Le Nouvel Obsevateur,ricorda «in maniera inquietante una sorta di ritratto di famiglia» campeggia la scritta “Just terror”, già presente sulla copertina del precedente numero dedicato alle stragi di Parigi.
L’IDENTITÀ SVELATA DEGLI ATTENTATORI
Per la prima volta da quel venerdì di sangue nel cuore dell’Europa, gli artefici degli attacchi hanno un volto ben definito, una nazionalità, un nome e un cognome. Quattro francesi, tre belgi e due iracheni: Abdelhamid Abaaoud (Abu Omar Al-Baljiki), presunta mente degli attacchi, la cui sagoma è messa particolarmente in evidenza. Al suo fianco, gli altri due membri del commando, Chakib Akrouh (Abu Mujahid al-Baljiki) e Brahim Abdeslam (Abul-Al-Baljiki Qaqe). A seguire, i kamikaze della sala concerto del Bataclan: Samy Amimour (Abu al-Faransi Qital), Mostefai Ismaël Omar (Abu al-Rayyan Faransi) e Mohamed Fouad-Aggad (Abu Fuad al-Faransi). Gli attentatori suicidi allo Stade de France, Bilal Hadfi (Dhu-l-Qarnayn al-Faransi) e due uomini presentati come iracheni, Ali al-Iraqi e Ukashah Al-Iraqi.
IL MISTERO DEI DUE UOMINI IRACHENI
Ed è proprio la presenza di questi due soggetti a rappresentare il dettaglio inedito di questa “messa in scena”. Chi sono? Che ruolo hanno avuto la sera del 13 novembre? L’Express ritiene si possa trattare di due kamikaze dello Stade de France mai identificati e titolari di passaporti siriani falsi a nome di Ahmad al-Mohammad e Mohammad al-Mahmod. Questi due uomini, che sembrano avere vent’anni, sono entrati in Europa passando attraverso la Grecia e, con molta probabilità, infiltrandosi nelle fila dei migranti.
«Gli occhi, il mento … Ci sono delle somiglianze. Le immagini di Dabiq coincidono con quelle possedute dalla polizia», spiega Wassim Nasr, giornalista di France 24 ed esperto di movimenti jihadisti. Perché, però, i due terroristi non hanno usato i loro veri documenti iracheni per tornare in Europa, considerando che il paese è in guerra? «Un rifugiato siriano riesce a passare più facilmente», spiega l’analista.
Resta più cauto un altro analista francese, Romain Caillet: «È molto complicato fare un confronto con una foto formato tessera, come ha anche spiegato una fonte vicina alle indagini. Dobbiamo rimanere molto cauti. Ma è ovvio che terroristi sanno meglio di noi chi siano quei due».
SALAH ABDESLAM: IL GRANDE ASSENTE
Il grande assente del “collage” è Salah Abdeslam, ricercato e ancora a piede libero, che avrebbe scortato i tre attentatori allo Stade de France per poi scappare e dileguarsi. La sua assenza potrebbe significare che l’Isis creda che non abbia fatto il suo dovere nell’attentato, che abbia rinunciato o l’abbia mandato a monte. Tesi più accreditata è che il manifesto avesse uno scopo celebrativo: «Mi sembra normale (che non sia presente ndr). Il manifesto si propone di lodare i jihadisti morti, non quelli ancora in vita», spiega Wassim Nasr.
Salah non c’è, suo fratello Brahim Abdeslam, 31 anni, sì. Ma non appare in assetto da combattimento, a differenza degli altri otto terroristi. La spiegazione potrebbe essere quella che il kamikaze non era mai stato in Siria. Ha cercato di arrivarci nel gennaio 2015, ma era stato fermato al confine con la Turchia. «Va inoltre notato che nel suo comunicato stampa, pubblicato il giorno dopo gli attacchi, lo Stato Islamico parla di otto terroristi. Nell’immagine ce sono nove. Questo supporta la teoria che i fratelli Abdeslam sono stati reclutati nell’operazione all’ultimo minuto», osserva ancora l’esperto.
I MESSAGGI NASCOSTI DEL MANIFESTO
Come notato da diversi osservatori della jihad, almeno due dei terroristi del “ritratto” sembrano essere dotati di microfoni. Ciò suggerisce che un video possa essere stato girato prima degli attentati e che potrebbe essere diffuso prossimamente. Le pose dei terroristi rafforzano l’idea che le foto siano state scattate da una sequenza video. «La questione è capire se il video è stato girato per gli attentati di Parigi, di proposito, o se si tratta di scene legate alla propaganda classica senza riferimenti ad azioni precise», spiega il giornalista di France 24.
Guardando la locandina, altri elementi non tornano: la foto propagandistica non è accompagnata da altri elementi (articoli, richiami ecc.) e appare nelle pagine finali. Come se si trattasse dell’annuncio di qualcosa che potrà accadere. «La messa in scena, provocatoria e spettacolare, ricorda i codici di guerra o di film d’avventura come Star Wars. La composizione piramidale, con il titolo, il cast e lo slogan, è quasi una citazione di Hollywood. E sembra chiedere: che cosa succederà dopo?», analizza André Gunthert, docente di storia visiva all’École des hautes études en sciences sociales (EHESS). «La mancanza di riferimenti religiosi, conclude l’esperto, prova che il manifesto parla direttamente a un pubblico occidentale».
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