Jung credeva nell’esistenza di un inconscio collettivo, un’area profonda e universale della mente, che, nascosta sotto le apparenze della realtà esteriore, ne condiziona e ne dirige i movimenti
Jung riteneva che il sincronicismo è il pregiudizio dell’Est, la causalità è il moderno pregiudizio dell’Ovest; egli credeva nell’esistenza di un inconscio collettivo, un’area profonda e universale della mente, una dimensione dell’esistenza che, nascosta sotto le apparenze della realtà esteriore, ne condiziona e ne dirige i movimenti. Durante il periodo che segnò la rottura con Sigmund Freud, a Jung accaddero una serie di situazioni sincroniche.
La più conosciuta di queste sincronicità avvenne mentre Freud stava rimproverando Jung della sua passione per lo spiritualismo, e lo metteva in guardia contro la marea nera di fango dell’occultismo. Jung provò un’emozione di reazione, sentì un caldo bruciante al diaframma dopodiché entrambi udirono un forte suono proveniente dalla libreria. Jung ebbe la sensazione che quel colpo fosse dovuto alla sua situazione energetica interiore, e lo comunicò a Freud, che dissentì. Subito dopo Jung espresse la sensazione che l’effetto si sarebbe ripetuto, cosa che puntualmente avvenne lasciando Freud molto scosso
Da quel momento le loro strade si separarono e questo condusse Jung a vivere il periodo più difficile della sua vita; iniziò un’esplorazione della psiche, dei tipi psicologici, dell’estroversione e dell’introversione fino ad elaborare il concetto di inconscio collettivo. La sua ricerca entrava nelle pericolose aree profonde in cui l’antico e lo spirituale si incontrano, in cui sarebbe utile la presenza di un maestro o di una guida, e che Jung, grazie alla sua forza interiore, riuscì ad esplorare da solo.
Dopo un sogno in cui aveva simboleggiato la sua mente come una casa con una cantina nascosta, in cui una porta conduceva in una caverna ancora più remota e preistorica, Jung iniziò la sua discesa simbolica nelle profondità della coscienza, come gli Dei sumeri che scendevano agli Inferi prima di raggiungere le vette risplendenti.
Il grande psicologo ebbe una serie di visioni terrifiche e angoscianti, in cui antichi spiriti come Filemone, Simon Magnus, Lao Tzu, Klingsor, entravano in contatto con lui, istruendolo e facendogli da guida. Gli episodi culminarono nel 1916, quando l’intera abitazione di Jung era “infestata” dalle presenze che lo portarono a scrivere “I sette sermoni ai morti”, uno scritto profetico con una visione cosmologica globale del mondo fisico e spirituale.
Questo scritto segna la fine del periodo di caos mentale di Jung; vi si trovano elementi concettuali di grande importanza come la creazione della coscienza individuale, la creatura, dall’indifferenziato pleroma, e intuizioni sul terreno comune da cui sono evolute la mente e la materia. La sua intuizione dei miti della creazione anticipa i caratteri della visione olistica; Jung aveva conosciuto le profondità e le vette della sua psiche ed era, così, pronto per comprendere e dare espressione in termini moderni all’antico concetto di sincronicità.
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