Di Valeria Covato
No al modello a incentivo, no al modello della partnership pubblico/privata, sì all’intervento diretto dello Stato. È questa la strada scelta dal governo per lo sviluppo e la gestione della Banda ultra larga nelle aree meno sviluppate del nostro Paese. In queste zone a fallimento di mercato, che corrispondono a circa 7mila comuni, 8,8 milioni di famiglie e 19 milioni di italiani, la rete resterà di proprietà pubblica. Ecco dettagli, obiettivi e tempi di realizzazione secondo i piani di Palazzo Chigi e del Ministero dello Sviluppo economico.
LA SCELTA DEL GOVERNO
Per portare le risorse di connettività a banda larga dove gli imprenditori privati difficilmente sarebbero interessati ad investire, il governo ha messo sul tavolo quattro miliardi di euro. “Nel governo si è rafforzata nel tempo la convinzione, fatta propria anche da Renzi, che i primi 2,2 miliardi del Fondo Sviluppo e coesione, più 1,6 miliardi provenienti dai fondi europei gestiti dalle Regioni, venissero non solo impiegati nelle aree bianche a fallimento di mercato (i cosiddetti cluster c e d ndr), ma con un intervento diretto”, hanno spiegato a Formiche.net ambienti del governo che stanno seguendo il dossier.
Questo modello agli addetti ai lavori sembrerebbe molto affine alle impostazioni iniziali del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli e del vicesegretario alla presidenza del Consiglio, Raffaele Tiscar, che si occupa da tempo della materia. “Non capitava da vent’anni – dopo la privatizzazione di Telecom Italia – che il Paese avesse una rete pubblica. Abbiamo scelto così perché la nuova rete in fibra è strategica per il Paese e non potevamo lasciarla tutta in mano ai privati”, ha detto Antonello Giacomelli a La Repubblica.
Questo modello agli addetti ai lavori sembrerebbe molto affine alle impostazioni iniziali del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli e del vicesegretario alla presidenza del Consiglio, Raffaele Tiscar, che si occupa da tempo della materia. “Non capitava da vent’anni – dopo la privatizzazione di Telecom Italia – che il Paese avesse una rete pubblica. Abbiamo scelto così perché la nuova rete in fibra è strategica per il Paese e non potevamo lasciarla tutta in mano ai privati”, ha detto Antonello Giacomelli a La Repubblica.
LE OPZIONI
Tra i modelli possibili di intervento, già utilizzati in passato per favorire lo sviluppo della Rete di nuova generazione, ci sarebbe stato anche quello classico a incentivo (che prevede gare con fondi pubblici a fondo perduto come lo erano tradizionalmente le gare Infratel in cui il vincitore rimaneva proprietario della Rete), e il modello della partnership pubblico/privata (la rete viene costruita da un soggetto pubblico-privato che rimane proprietario dell’infrastruttura).
COSA PREVEDE IL MODELLO DIRETTO
Con il modello di intervento diretto la Rete verrà costruita materialmente da soggetti privati. Ma sarà Infratel, società in house del Ministero dello Sviluppo economico presieduta da Domenico Tudini e guidata da Salvatore Lombardo, la stazione appaltante delle gare per la realizzazione e la manutenzione delle infrastrutture, “e sua sarà la gestione della Rete”, assicurano a Formiche.net fonti vicine al governo. Il Comitato per la diffusione della banda ultralarga (COBUL), organismo previsto dal piano banda ultra larga approvato a marzo, composto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero dello sviluppo economico, dall’Agenzia per l’Italia digitale, dall’Agenzia per la coesione e da Infratel Italia, gestirà invece la strategia delineata già dal governo.
Secondo quanto dichiarato da Giacomelli a Repubblica, inoltre a preferire il modello della rete passiva pubblica con i privati che vi competono per i servizi, è stata anche la Commissione europea.
Secondo quanto dichiarato da Giacomelli a Repubblica, inoltre a preferire il modello della rete passiva pubblica con i privati che vi competono per i servizi, è stata anche la Commissione europea.
CHI PARTECIPERÀ ALLE GARE
“Non sappiamo ancora se sarà una gara unica nazionale, cioè per tutte le zone a fallimento di mercato, o regione per regione o per più regioni”, hanno commentato le fonti ministeriali consultate da Formiche.net sottolineando che alle gare potrà partecipare chiunque è in grado di stendere fibra ottica, fermo restando il parere dell’Antitrust che spinge alla partecipazione di soggetti non verticalmente integrati. Ma ci sono altri aspetti da tenere in considerazione. Ad esempio chi riuscirà a stendere la fibra a minor costo. Entrambi gli aspetti farebbero immaginare un ruolo centrale di Enel, la quale, utilizzando la posa aerea, che grazie allo Sblocca italia dell’anno scorso e al decreto legislativo di recepimento di una direttiva europea (la 61/2014) che il Consiglio dei ministri si accinge ad approvare forse già in settimana, è possibile anche per le reti di telecomunicazioni, riesce ad abbattere moltissimo i costi nelle zone disagiate. Realizzata l’infrastruttura, la Rete di proprietà pubblica sarà disponibile, tramite affitto, a tutti gli operatori di telecomunicazioni che chiederanno di offrire i propri servizi mediante la fibra.
IL RUOLO DI ENEL
Ma quale sarà il ruolo di Enel nella partita della banda larga? “Enel è un potenziale soggetto che stende la fibra ottica, insieme agli altri che decideranno di gareggiare. Non si parla di servizi di telecomunicazioni, ma di struttura passiva”, chiariscono esperti afferenti al piano della banda ultra larga.
Occorre fare però delle distinzioni. Il gruppo elettrico capitanato da Starace seguirà due modelli di intervento diversi a seconda che il suo intervento si realizzi nelle aree bianche, quelle dove portare le risorse di connettività a banda larga sarebbe anti-economico o, comunque, non profittevole, o in quelle nere aperte al mercato.
Nel primo caso, secondo l’opinione più diffusa, l’intervento di Enel, limitandosi all’infrastrutturazione, non andrebbe a disturbare gli operatori di telecomunicazioni. Nessuna candidatura è giunta infatti dal gruppo di Starace come operatore di telecomunicazioni. Nonostante Infratel avesse riaperto due volte le consultazioni in un anno, Enel ha dichiarato di non aver intenzione di investire nelle aree c e d come operatore di Rete.
Nelle aree nere Enel offrirà un servizio simile a quello fornito da Infratel nelle zone a fallimento di mercato: si occuperà della posa della fibra spenta mettendola a disposizione degli operatori che andrebbero ad offrire i loro servizi.
Occorre fare però delle distinzioni. Il gruppo elettrico capitanato da Starace seguirà due modelli di intervento diversi a seconda che il suo intervento si realizzi nelle aree bianche, quelle dove portare le risorse di connettività a banda larga sarebbe anti-economico o, comunque, non profittevole, o in quelle nere aperte al mercato.
Nel primo caso, secondo l’opinione più diffusa, l’intervento di Enel, limitandosi all’infrastrutturazione, non andrebbe a disturbare gli operatori di telecomunicazioni. Nessuna candidatura è giunta infatti dal gruppo di Starace come operatore di telecomunicazioni. Nonostante Infratel avesse riaperto due volte le consultazioni in un anno, Enel ha dichiarato di non aver intenzione di investire nelle aree c e d come operatore di Rete.
Nelle aree nere Enel offrirà un servizio simile a quello fornito da Infratel nelle zone a fallimento di mercato: si occuperà della posa della fibra spenta mettendola a disposizione degli operatori che andrebbero ad offrire i loro servizi.
PASSI ED OBIETTIVI
L’intervento diretto dello Stato è stato prenotificato alla Commissione europea a dicembre. Entro febbraio Palazzo Chigi conta di ricevere l’ok da Bruxelles ad avviare il piano. Palazzo Chigi auspica di poter predisporre le gare a inizio aprile. Il governo non avrebbe però escluso in una seconda fase, dopo il 2018 con l’avvicinarsi agli obiettivi previsti al 2020, (portare a tutti la banda larga a 30 mega e per un cittadino su 2 a 100 megabit), di introdurre voucher che consentiranno di rendere effettivi gli abbonamenti alla fibra, e non quindi favorire solo la creazione di un servizio potenziale. Gli stessi ambienti governativi chiariscono inoltre che nessun rinvio al 2022 è stato previsto per la conclusione del piano Bul come prefigurato da alcuni organi di stampa.
L’ACCORDO CON LE REGIONI
Secondo fonti ufficiali, il ministero dello Sviluppo economico ha incontrato singolarmente tutte le Regioni, mentre è in vista un incontro con Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, per chiudere un accordo entro gennaio con il quale verranno ripartiti i fondi europei forniti dalle Regioni. A velocizzare inoltre lo sviluppo delle reti in fibra ottica a banda ultralarga, risparmiando anche sui costi di posa della fibra, contribuirà anche la rapidità dei Comuni nella definizione del catasto delle infrastrutture del sopra e sottosuolo.
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