Di Giuseppe Colombo
Si può, anzi si deve, fare di più: l’Italia è avvisata. Sul banco degli imputati ci sono le pensioni. L'Inps avverte sul rischio povertà per i trentenni di oggi, che andranno in pensione a 75 anni e con un assegno mediamente più basso del 25 per cento. La raccomandazione, tutt’altro che benevola, arriva anche dall’Ocse: la sostenibilità finanziaria ha bisogno di “ulteriori sforzi” se si vuole mantenere il sistema in equilibrio. Tradotto: servono ancora riforme. Il lavoro fatto fin qui è stato importante sì, ma non è bastato: la spesa è a livelli record, il peso dei contributi sul lavoro dipendente non ha eguali in Europa, mentre le tasche dei pensionati sono sempre più vuote.
Oltre alla bacchettata dell’Ocse, un’altra spallata al Governo sul fronte della previdenza è arrivata dal presidente dell’Inps, Tito Boeri: i trentenni di oggi dovranno lavorare fino a 75 anni per avere la pensione e in tasca si ritroveranno assegni molto meno pesanti rispetto a quelli attuali. Uno scenario cupo, che per la ‘generazione 1980’ potrebbe aggravarsi ancora di più: per molti di loro, infatti, secondo Boeri, si profila il rischio della povertà assoluta, ovvero di non avere alcun reddito a causa dell’impossibilità di raggiungere “un certo ammontare di prestazione prima dell’età pensionabile” con le regole del sistema contributivo.
Nel rapporto Pensions at a glance 2015, l’organizzazione con sede a Parigi non lascia spazi a dubbi: l’analisi impietosa parla di una spesa pubblica per la previdenza che nel nostro Paese ha registrato un livello quasi doppio rispetto alla media Ocse. Tra il 2010 e il 2015 ha assorbito il 15,7% del Pil. Nessuno, tranne la Grecia, ha fatto peggio e avvicinarsi alla media per ora è solo una chimera dato che si attesta all’8,4% del prodotto interno lordo. Ancora record, sempre in negativo, sul fronte dei contributi previdenziali, che pesano come un macigno sul lavoro dipendente e quindi sulle retribuzioni.
Dall’Europa arriva un segnale chiaro: per le pensioni si spende molto. Troppo. E il progressivo invecchiamento della popolazione italiana di certo non aiuterà a invertire questo trend. C'è poi un altro elemento che renderà il percorso dell’Italia ancora più impervio: il costo dei rimborsi parziali che sono già partiti dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco della perequazione delle pensioni sopra i 1.500 euro al mese nel 2012-2013.
Un tema, quello dell’applicazione della decisione della Consulta, che sembrava assopito e 'risolto' e che ora ritorna invece prepotentemente in auge dato che l’Ocse sottolinea la necessità di trovare “ulteriori risorse” nel breve periodo per ridurre l’impatto sulle casse dello Stato, già gravate da una spesa eccezionale.
Problemi da risolvere subito. E anche grandi questioni che hanno un arco temporale più lungo, ma che non per questo possono essere affrontate in ritardo: l’ostacolo del sistema contributivo per i giovani. Le analisi dell'Ocse e dell'Inps sono in perfetta sintonia. Per l'Europa è un impianto che vede i giovani a forte rischio: "In futuro - spiega il rapporto - i trattamenti pensionistici saranno più bassi per molti lavoratori e per i più sfortunati tra i pensionati di domani, ovvero quei giovani che non riescono a entrare nel mercato del lavoro, le prospettive sono ancora più fosche”. Parole molto simili a
quelle pronunciate da Boeri: “Se l’economia italiana non cresce almeno dell’1% all’anno e non c’è un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro iniziando con prospettive di carriera più lunghe, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso i contratti temporanei o precari, ci potrebbero essere problemi molto seri in futuro”.
quelle pronunciate da Boeri: “Se l’economia italiana non cresce almeno dell’1% all’anno e non c’è un processo di maggiore stabilizzazione del lavoro iniziando con prospettive di carriera più lunghe, senza tutte le interruzioni che contraddistinguono spesso i contratti temporanei o precari, ci potrebbero essere problemi molto seri in futuro”.
Tempi bui per i pensionati. I margini di azione del Governo appaiono ristretti: interventi immediati per ridurre la spesa non sono al momento possibili, la flessibilità in uscita è stata rinviata al prossimo anno e il cantiere è tutt’altro che a buon punto. In pressing ci sono poi i sindacati, che chiedono modifiche alla riforma Fornero, e la stessa Inps, che ha suggerito più di una mossa a palazzo Chigi per togliere un po’ di castagne dal fuoco. Suggerimenti rimasti, però, inascoltati. E oggi Boeri è ritornato di nuovo a punzecchiare l’esecutivo, delineando uno scenario nerissimo, segno che i rapporti con palazzo Chigi sono tutt'altro che distesi.
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