Natale: le tradizioni alimentari nei menù del Nord, Centro e Sud

dic 13, 2015 0 comments
Natale: le tradizioni alimentari nei menù del Nord, Centro e Sud


Di Luca Lippi

È già cominciato il giro di telefonate fra parenti e amici, lo scopo è quello di organizzare per tempo cena della vigilia e pranzo di Natale, e sì, perché se c’è una cosa che non fa pensare veramente a niente non è tanto il Natale come festa di fratellanza ma la mitica mangiata per la quale si cominciano diete a comando e si programmano le altre allo scarico delle feste, e quindi mentre ristoranti e osterie cedono il reddito alle palestre, nel mezzo c’è la tavola imbandita della festa.






Poi c’è anche da considerare una folta schiera di affezionati al cenone del 24 dicembre piuttosto che al pranzo del 25, e questo varia a seconda della tradizione regionale, familiare o personale. In linea di massima le attenzioni maggiori alla cena della vigilia sono promosse da chi vive al Centro e al Sud d’Italia, mentre al Nord, e parliamo dalle Alpi fino al Po, si preferisce il pranzo di Natale. Ovviamente questo non significa che a Roma (per esempio) il 25 passi inosservato, piuttosto il contrario, forse non c’è soluzione di continuità con la cena della vigilia salvo il cambio di menù, e non significa neanche che al Nord la pratica si risolva con un apericena poco prima della Santa Messa, sta di fatto che da regione a regione la tradizione cambia, soprattutto quella gastronomica e non è neanche facile descriverle tutte se non per sommi capi come faremo ora.

Il Natale al Nord significa principalmente pasta ripiena (ravioli, tortellini, anolini, cappellacci, cappelletti, agnolotti…) rigorosamente preparata a mano nei giorni precedenti la festa (piacevole crederlo). Carta velina a coprire comò, comodini letti sfatti, dove posare la pasta fresca ad asciugare. Intanto i più moderni congelatori sostituiscono le celle dove i macellai mettevano a frollare la carne, e quindi sono pieni di capponi, anatre, oche, faraone e stinchi, senza nulla togliere a tagli per brasati e stracotti perché al nord il padrone della tavola delle feste natalizie per tradizione è la carne. Il malcapitato addetto a bandire la tavola punterà la sveglia prima ancora di quando va a lavorare per preparare gli antipasti affettando salumi e formaggi senza trascurare insalata russa e sottaceti; e due crostini da servire col patè fatto in casa o il salmone affumicato non li prepari quest’anno? Non ci facciamo mancare niente, soprattutto non facciamoci mancare i dolci che al nord, almeno quelli, sono solo da scartare perché la tradizione dolciaria natalizia passando per il panettone e il pandoro (dolci “universalmente” accettati) sono quasi tutti distribuiti dalle grandi catene alimentari, piuttosto saranno guarniti, o aggiustati, o rinforzati con creme di accompagnamento a base di mascarpone.
Natale: le tradizioni alimentari nei menù del Nord, Centro e Sud
Il Natale al Centro è una specie di tripudio, meno ricercato nella scelta delle pietanze o nel confezionamento, in una parola più rustico, ma sinceramente, una vera festa di gusto e di sapore. Gli antipasti specie in Toscana sono l’inno all’abbondanza; crostini ai fegatini, pizze, torte rustiche salumi di specie suine spesso dimenticate. Scendendo si comincia a sentire l’odore del fritto, si frigge ogni cosa, in pastella e tuffato in olio bollente tanto che l’odore invade l’aria e diventa mangiafumo delle candele mangiafumo. La pasta è sempre fatta a mano ma non è ripiena, al centro regnano i sughi di ogni tipo nei quali si intravede traccia di tagliatelle, fettuccine, pappardelle, maltagliati, chitarra, maccheroni e… se si vuole evitare di “lavorare” sopra la tovaglia pulita, ecco sorgere dai forni timballi e lasagne di ogni genere e fatta, i ragù, anch’essi diversi, sono stati rigorosamente a bollire tutta la notte a fuoco minimo perché non sia mai pensabile che risultino poco saporiti. Tuttavia al Centro la vigilia di Natale ha il suo “perché” e la vigilia si sa, è pesce! Baccalà, capitone, insalate di mare… e siccome non è abbastanza corposo, il tutto accompagnato da ceci, lenticchie fagioli al tonno, e tutte le varietà esistenti di minestre al magro (si fa per dire), tanto per preparare lo stomaco alle carni che regnano il giorno di Natale (maiale, abbacchio, capretto e agnello) tutto rigorosamente con patate. I dolci, tolto panettone e pandoro cui non si nega un morso per la tradizione (?) la tavola da Firenze a Napoli (esclusa) si infesta di panforti, panpepati, parrozzi, pangialli, biscotti e biscottini, cantucci di ogni foggia con mandorle o altra frutta secca e, naturalmente, zeppole e frittelle…

Il Natale al Sud invece, è la somma del Natale al Nord e di quello al Centro. Fortuna che la grande distribuzione viene incontro a chi ha altro da fare nella vita perché tradizionalmente ci si mette seduti alle 21 del 24 e ci si rialza la sera del giorno dopo con brevi pause tanto per rinfrescare la posizione eretta. Prima di tutto è il tripudio del concetto di famiglia, appaiono personaggi che normalmente non esistono neanche nelle “foto ufficiali” e comunque tutti impegnati ai fornelli all’unisono, per le presentazioni c’è tempo dopo. La quantità di portate rasenta l’inconcepibile, il segreto è quello di “ognuno porta qualcosa” e quindi per un convivio da 10 persone tutti cucinano qualcosa per dieci persone (un po’ di più perché non sia mai manca), il risultato è che dieci persone cucinano per dieci persone ma a tavola sono solo dieci persone! Torte salate, focacce ripiene e pizzelle, pesce fritto e marinato, frutti di mare crudi o cotti, insalate di rinforzo, giardiniere, verdure a scapece, cicorie ripassate, e siamo solo a contorni e antipasti; a seguire, pasta all’uovo o pasta secca di semola, con ragù che faticano a sciogliersi nella pasta oppure linguine con le vongole veraci, pasta con le sarde, orecchiette con le cime di rapa, fino ad arrivare ai sontuosi timballi e al riso di sartù e tielle, che hanno dentro di tutto, dalle polpettine di carne alle cozze. Aperto lo stomaco con antipasto e primo piatto arriva il piatto forte, il secondo. Capitone, dentici, orate, rana pescatrice, baccalà, polpo, calamari, scampi e mazzancolle...ma non a tutti piace il pesce, e di scelta non manca; agnello, capretto, maialino a porchetta o lattonzolo, sontuosissime padellate di cime di rapa o broccoli e salsiccia…e ci fermiamo per decenza! Come dolcinon possono mancare struffoli, mostaccioli, cartellate, buccellati, pasticciotti, frutta secca e candita, creme, farce, panettoni e pandori travestiti da zuppa inglese (perché non sia mai tagliare a coltello quello che può essere mangiato al cucchiaio), mandorle zuccherate, confetti e pasta di pizza fritta con zucchero o inodate di miele.

È impossibile descrivere minuziosamente la varietà di portate tipiche dei giorni della festa e caratterizzate dalle singole tradizioni regionali, sta di fatto che l’Italia da questo punto di vista non è seconda a nessuno sia in qualità sia in bontà e abbondanza, e allora tutti a dieta per i prossimi dieci giorni prima di affrontare la tre giorni più faticosa dell’anno.

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