Avere la testa fra le nuvole non è un problema di per sé, l'importante è accettarsi

dic 12, 2015 0 comments



Di Catherine Maillard
Essere distratti, in un’epoca in cui essere sempre al top è d’obbligo, è un po’ come la timidezza, si cura come se fosse una malattia! Infatti, dal punto di vista dei "non distratti", chi ne "soffre" si mette in situazioni complicate, perde tempo a cercare un oggetto smarrito (cose essenziali, ad esempio le chiavi) o pronuncia frasi sbagliate al momento sbagliato. Perché i distratti si dimenticano di contare fino a dieci prima di parlare. Li si riconosce facilmente perché hanno la testa altrove e spesso non sono organizzati. Alcuni sono addirittura i maestri delle gaffe. E se invece di curare la "testa fra le nuvole", se ne cercassero dei lati positivi? Ricordiamoci che l’organizzazione e il controllo a oltranza hanno un prezzo.

Topografia della distrazione

"La distrazione è ereditaria?" domanda Colette Becquart all’inizio della sua opera. Non esistono prove scientifiche. Ad ogni modo, Colette ha avuto un buon esempio da suo padre, colpito anche lui dalla distrazione. Lei ne ha sofferto? Non che si ricordi. Uno studio approfondito del "gene" della distrazione, da lei ha ereditato, le ha permesso di studiarlo più da vicino. Le crisi sembrano derivare da forti situazioni di stress… ma soprattutto da momenti di felicità. "E’ come se alla felicità si aggiungessero momenti di vuoto", precisa Colette. All’improvviso, il distratto perde il filo… Colette ha notato anche che situazioni di stress non si addicono ai distratti che si astraggono subito dal presente. E’ per questo che si dice che hanno la testa fra le nuvole e, di conseguenza, sono vittime di mille disavventure.
Dietro questa distrazione si cela il forte bisogno di diversirsi e di rilassarsi in momenti di forte stress, in cui altre persone avrebbero reagito cercando di prendere il controllo della situazione.

I lati positivi

"La risata è la mia compagna di avventure", ci confida la nostra irriducibile distratta. Per forza di cose, quando abbiamo la testa altrove, le gaffe fanno presto ad arrivare. Certo, all’inizio sono gli altri che ridono delle disavventure. "Nonostante tutto, non ho mai incontrato persone che fossero veramente arrabbiate o aggressive con me per quello che avevo fatto", sottolinea Colette Becquart. Stranamente, il distratto attira più risate che cattiverie, sicuramente perché non l’ha fatto apposta e perché è il primo a subirne le conseguenze. Dal suo canto, tale figura dà spazio alla fantasia in un momento in cui il controllo assoluto, il management e l’importanza del rendimento lo impediscono. Vera e propria fonte di ossigeno in un ambiente talvolta limitato, egli svolge un importante ruolo di valvola di sfogo, in un mondo in cui vivere sotto pressione è diventata la norma.

La soluzione: accettarsi!

Sicuramente non è semplice, perché la distrazione provoca spesso situazioni sgradevoli. "In quel momento ci si sente un po’ stupidi", ammette Colette Bequart. Il suo comportamento induce inevitabilmente a identificarla come qualcuno che non vede al di là del suo naso, o, peggio, come qualcuno sul quale non si può fare affidamento. Da un punto di vista lavorativo, i distratti sono raramente presi dul serio e hanno una cattiva reputazione. Risultato: si applicano molto, a volte troppo, ma senza ottenere risultati positivi. Come reagire? "Relativizza invece di piangerti addosso!", propone Colette Becquart. Infatti, le conseguenze sono raramente drammatiche,  ma sconvolgono l’ordine delle cose in un mondo già prestabilito. Bisogna dare invece credito ai distratti, in quanto sovente più flessibili e creativi delle altre persone. Inoltre, costoro sono abituati ai cambiamenti in quanto hanno spesso a che fare con imprevisti. Se questa non è una qualità!

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