Di Joshua Mitnick
The Christian Science Monitor (15/11/2015). Traduzione e sintesi di Giusy Regina
Ein Abus, Cisgiordania – Per più di un decennio, il rabbino Arik Ascherman ha pattugliato le colline della Cisgiordania per contribuire a proteggere la raccolta delle olive palestinesi e salvarle dagli attacchi di estremisti, nonché per assicurarsi che l’esercito israeliano proteggesse i palestinesi.
Quando circa un mese fa è scoppiata un’altra ondata di attacchi a Gerusalemme, i colleghi avevano avvertito il rabbino, nato negli Stati Uniti, che la sua missione laggiù poteva essere troppo pericolosa. E il mese scorso infatti, un israeliano si è fiondato su Ascherman con un coltello, proprio mentre il rabbino scortava gli abitanti dei villaggi palestinesi che raccolgono le olive verso l’insediamento ebraico di Itamar. La drammatica lotta che ne seguì, in cui il rabbino è stato colpito con una pietra e preso a calci giù per una collina, è stata ripresa in un video diventato virale su internet.
Ma dopo l’incidente Ascherman è tornato su quelle colline con i volontari israeliani a continuare il suo lavoro. “Stare a casa”, dice, “sarebbe stata una vittoria per i vigilantes”.
L’attenzione creata dai media su Ascherman dopo l’attacco ha contribuito a che ancora più volontari si unissero al gruppo per i diritti umani, dopo anni di declino. Anche se le prospettive di pace israelo-palestinese sembrano quantomai fioche, Ascherman sostiene che sono proprio le piccole azioni ad avere il più grande potenziale per stimolare il cambiamento.
Nel conflitto israelo-palestinese, il fondamentalismo religioso su entrambi i lati guida la violenza e il rifiuto del compromesso. Ma Ascherman, laureato ad Harvard e ordinato rabbino alla Reform Judaism’s Hebrew Union College di New York, invoca testi ebraici che sono un invito alla tolleranza e all’azione contro quelli che considera eccessi del governo israeliano e dei coloni estremisti.
Ascherman e la sua organizzazione si sono prodigati per le raccolte delle olive con i volontari, hanno bloccato bulldozer che stavano per demolire case palestinesi e combattuto per il diritto alla terra. Nel 2006, l’organizzazione dei “Rabbini per i Diritti Umani” ha vinto una battaglia importante con la sentenza della Corte Suprema israeliana che ordina all’esercito di proteggere la raccolta delle olive. Quest’ultima, un’importante à ncora di salvezza economica per molti abitanti dei villaggi palestinesi, è stata un vero e proprio campo di battaglia per più di un decennio. Il gruppo israeliano per i diritti umani “Yesh Din” ha documentato 260 casi di attacchi vandalici agli ulivi negli ultimi dieci anni. Circa il 15% degli incidenti è stato segnalato nella zona a sud della città palestinese di Nablus, presso gli insediamenti di Itamar e Har Bracha. I coloni affermano che sono i palestinesi stessi ad abbattere gli ulivi e a bruciare i loro campi.
“Quando abbiamo creato lo Stato, abbiamo detto: ‘Mai più. Mai più saremo impotenti'” ha detto Ascherman, “il che adesso è diventato ‘possiamo usare il potere che abbiamo per opprimere gli altri’. La Torah ci insegna ‘Mai più. Sai cosa vuol dire essere oppresso, non opprimere gli altri'”. Il rabbino sostiene che gli israeliani hanno creato una società diventata violenta sia internamente che esternamente.
Ascherman e il suo gruppo di volontari israeliani hanno lavorato nei campi di ulivi Cisgiordania sin dai tempi della seconda intifada. Ma l’ultima ondata di violenza ha seminato paura reciproca: i palestinesi sono riluttanti a raccogliere le olive per paura di coloni vigilantes in cerca di vendetta, mentre le forze di sicurezza israeliane hanno rafforzato la loro presenza in Cisgiordania con una distribuzione senza precedenti per proteggere i coloni.
“Ogni volta che i palestinesi, con l’esercito israeliano che li protegge, lavorano con successo alla loro terra, sconvolgono l’aspirazione di usare la violenza e la pressione economica per convincere la gente ad andar via”, dice Ascherman. “Penso che in realtà stiamo contribuendo anche alla sicurezza di Israele, perché stiamo mostrando ai palestinesi che ci sono anche altri tipi di israeliani”.
“Per molti dei nostri volontari, la raccolta delle olive è ciò che li aiuta a alzarsi la mattina” dice. “Quando si è nel bel mezzo di questa situazione folle con la violenza che viene da tutte le direzioni, e in cui ognuno sta perdendo, questo è qualcosa di concreto che ci ricorda che c’è un altro modo di fare le cose”.
Joshua Mitnick è giornalista nativo americano, in Israele dal 1997.
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