Forse sarebbe venuto alla luce poche ore dopo e avrebbe seguito la madre nelle praterie della Germania di allora, dove il clima era molto più caldo di oggi. Ma qualcosa, impossibile da capire, causò la morte della cavalla e del piccolo che portava in grembo.
Madre e feto vennero trasformati lentamente in fossili e dopo 48 milioni di anni sono venuti alla luce e studiati da un gruppo di paleontologi guidati da Jens Lorenz Franzen del Senckenberg Research Insitute di Francoforte (Germania) e del Naturhistorisches Museum di Basilea (Svizzera).
PICCOLO, MA BEN CONSERVATO. Si tratta di un animale che lo si può definire il parente prossimo dei cavalli dei nostri giorni, il cui nome, in termini scientifici, è Eurohippus messelensis.
Grazie all’uso dei microscopi a raggi X e a microscopi elettronici si sono potuti studiare per la prima volta particolari molto ben definiti del feto che è lungo 12,5 centimetri. Gli studi sono stati pubblicati su Plos One.
Tutte le ossa sono ben conservate, a eccezione del cranio, che probabilmente è stato schiacciato durante la morte della madre o da qualche altro evento sconosciuto. Anche la posizione del feto all’interno della “cavalla” sembra essersi conservato nel tempo nella posizione originaria, così da permettere ai ricercatori di studiare i tessuti molli del piccolo che si sono ben conservati.
Lo studio ha permesso di stabilire che il sistema riproduttivo di questo tipo di animale era già ben sviluppato durante il Paleocene e forse, anche prima.
UN CAVALLINO. L’Eurohippus messelensis è stato trovato per la prima volta nel 2006 e oggi sappiamo che esso non era più grande di un fox terrier, dunque non superava i 40-50 centimetri, e aveva le dita dei piedi: quattro nelle zampe anteriori e tre in quelle posteriori.
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