Di Federico Cenci
Una lunga scia di sangue attraversa il pianeta. È quella dei cristiani, che sono oggi sempre più perseguitati e dimenticati. Da qui il titolo del rapporto presentato a Roma, presso la sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs).
Rapporto che evidenzia un peggioramento della situazione rispetto al passato, come ha fatto notare Marta Petrosillo, portavoce Acs Italia, portando ad esempio il fatto che in Iraq, a causa dell’avanzata dell’Isis, soltanto nell’agosto 2014 “120mila cristiani sono stati costretti a fuggire”.
Ma non è solo il Medio Oriente a destare preoccupazioni. La Petrosillo ha ricordato come in Africa sia “in aumento la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici, fra tutti, quello di Boko Haram”, e come in Asia si stia sviluppando un incremento di violenze anti-cristiane ad opera di gruppi fondamentalisti indù, in India, e buddisti, in Sri Lanka. Sempre in Asia, è il caso del Pakistan, “i cristiani subiscono numerosi attacchi anche per la cosiddetta legge antiblasfemia”, interpretata surrettiziamente per colpire non i singoli ma tutta la comunità.
La persecuzione anti-cristiana è spesso opera degli Stati. Lo dimostrano i casi di Nord Corea, Cina ed Eritrea, “dove più di 3mila persone, la maggior parte cristiani, sono detenute in campi di concentramento per motivi religiosi”, ha sottolineato la Petrosillo.
La Chiesa, attraverso le sue delegazioni, elargisce grande impegno per lenire la sofferenza dei cristiani nel mondo. Lo dimostra l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro che, come ha spiegato il suo Assessore, mons. Antonio Franco, “è impegnato mediante varie iniziative di soccorso delle popolazioni migranti”. Il presule, già Nunzio apostolico in Israele e Cipro e delegato apostolico a Gerusalemme e in Palestina, ha ricordato a tal proposito che in Giordania l’Ordine “contribuisce all’attività, sponsorizzata dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), di reinserimento nelle scuole dei bambini rifugiati provenienti dall’Iraq”.
Proprio dall’Iraq vessato dal fondamentalismo islamico è arrivata la testimonianza di Louis Raphael I Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei. Egli si è fatto portavoce dei sentimenti di “ansia e angoscia” che comprimono i cuori dei rifugiati cristiani fuggiti da Mosul, in Iraq, verso il Kurdistan. Il Patriarca ha spiegato che queste persone “all’orizzonte non vedono alcuna speranza, avendo perso la casa e il lavoro”.
Sako ha lodato il contributo di istituzioni come la Cei, la Caritas ed Acs, ma al tempo stesso ha invocato l’aiuto concreto della comunità internazionale. La quale – ha detto senza mezzi termini – “deve impegnarsi per cacciare via l’Isis e permettere ai rifugiati iracheni di tornare a casa”.
A tal proposito Sua Beatitudine ha sollecitato gli Stati Uniti, che hanno “un dovere morale” nei confronti dell’Iraq dopo che dal 2003 al 2006 (con l’operazione militare contro il regime di Saddam Hussein, ndr) lo hanno “distrutto” e hanno “alimentato il settarismo”. Secondo Sako, gli Stati Uniti “se volessero, potrebbero distruggere l’Isis in una settimana”. Non con le sole bombe, ma attraverso “un’operazione di terra” dietro mandato dell’Onu.
Rispondendo a una domanda di ZENIT, il Patriarca ha inoltre chiamato in causa la Russia, impegnata in queste ore a combattere i terroristi islamici nella confinante Siria. “I russi sono seri – la sua riflessione -, forse loro possono fare qualcosa per trovare un equilibrio in Iraq”.
Un Paese nel quale l’intervento militare straniero non è stato finora nemmeno ventilato è la Nigeria. Monsignor Matthew Man-Oso Ndagoso, arcivescovo di Kaduna, ha lanciato il grido d’allarme che giunge dal suo Paese: “In Nigeria, soprattutto nel Nord-Ovest, è in atto una persecuzione sistematica”. A causa della presenza di Boko Haram, quotidianamente avvengono mattanze e i diritti basilari sono negati alla popolazione, compreso l’accesso all’acqua potabile.
Le accuse di mons. Ndagoso muovono anche verso le istituzioni politiche del Paese e la comunità internazionale. “La Nigeria – ha detto – è ricca di risorse ma solo in pochi le controllano e l’interesse comune non è mai stato perseguito per anni”. Ha inoltre denunciato il problema della corruzione, che il “Governo promette di combattere” solo a parole. L’arcivescovo africano ha poi affermato che sarebbe curioso sapere “chi sovvenziona” Boko Haram. “Vista la quantità di armi che hanno a disposizione, credo non abbiano solo alleati locali ma anche internazionali”, ha commentato.
Mons. Ndagoso, malgrado la situazione gravissima che si trova a vivere il suo Paese (dal 2009 sono state uccise circa 15mila persone e ne sono fuggite 2milioni), ha sprigionato comunque fiducia nel futuro. L’arcivescovo ha ricordato, come insegna la storia, che la Chiesa diventa più forte proprio quando è perseguitata. Parole cui ha fatto eco, nell’intervento finale della conferenza, Alfredo Mantovano, presidente della sezione italiana di Acs. “Il sangue dei martiri è il seme di nuovi cristiani”, ha detto mutuando l’apologeta Tertulliano.
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