La povertà “porta a queste cose. Purtroppo i bambini vengono sfruttati in tutti i lavori di un certo tipo, come anche le donne. Ma il fenomeno non si limita al problema della povertà, è un fatto anche culturale: non c’è ancora l’idea che i bambini devono andare a scuola fino a una certa età”. Padre Sebastiano D’Ambra, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere a Zamboanga, commenta così ad AsiaNews la pubblicazione di un rapporto dell’Osservatorio per i diritti umani (Hrw), che ha posto l’attenzione sulle migliaia di minori sfruttati nelle miniere d’oro delle Filippine, in condizioni disumane ed esposti al rischio di avvelenamento da mercurio.
Nonostante la legge filippina proibisca di lavorare fino alla maggiore età (18 anni), bambini anche di 9 anni vengono calati decine di metri sotto terra per diverse ore a scavare, a volte (ma non sempre) aiutati da bombole d’ossigeno. Molti di essi muoiono asfissiati. Il mercurio, che viene utilizzato per separare l’oro dal minerale grezzo, può portare disabilità e danni cerebrali permanenti se usato in continuazione.
I ragazzini sono pagati una miseria, a fronte di un prodotto che vale 1.127 dollari ogni 30 grammi. Le Filippine sono il 20mo produttore mondiale di oro e circa 300mila persone sono impiegate nel settore. Di questi, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale del lavoro, almeno 18mila sono bambini e bambine.
Il rapporto dello Hrw è stato commentato anche da p. Edu Gariguez, segretario della Caritas nazionale, secondo cui il fenomeno “distrugge l’idea che le miniere portano lo sviluppo. Al contrario, le miniere opprimono i poveri”. “Il governo – continua p. Gariguez – si limita a monitorare il lavoro minorile nelle miniere e non penalizza i datori di lavoro”.
Lo sfruttamento dei minori è un fenomeno molto diffuso nelle Filippine, e non si limita al settore minerario. Secondo uno studio condotto dall’Organizzazione ecumenica per l’educazione al lavoro e alla ricerca (Eiler) e finanziata dall’Unione Europea, ci sono due bambini lavoratori ogni 10 famiglie nelle zone minerarie. “È umiliante ammettere che non sempre le famiglie stesse sono contrarie allo sfruttamento dei propri figli – continua p. D’Ambra – ma l’estrema povertà le spinge ad esporre i minori a traffico umano, prostituzione online e lavoro sottopagato”.
Il governo, secondo il missionario, non è totalmente inerme di fronte al problema: “Non ha la forza di sradicare il fenomeno nella sua interezza, certo. La popolazione cresce ad un ritmo che le autorità non riescono a sostenere, ci sono moltissimi giovani. Alcune iniziative però sono portate avanti – afferma p. D’Ambra –, per esempio il governo finanzia circa 6 milioni di famiglie povere incoraggiandole a mandare i figlia a scuola. Se non mandano i figli a studiare non ricevono gli aiuti. Ma non è abbastanza”.
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