Di Alberto Belladonna
Sin dall’inizio della crisi dei debiti sovrani, la Cina, con il suo capitalismo di Stato, ha investito considerevolmente nel paese ellenico, sfruttando la debolezza economica di Atene e l’immobilismo di Bruxelles. L’obiettivo di Pechino non è solo quello di farne un hub strategico per le proprie rotte commerciali, ma anche quello di accrescere la propria influenza sulle politiche di Atene per trarre profitto dalla posizione geografica e dalla partecipazione all’Unione Europea del paese ellenico.
In occasione del summit annuale tra Cina e Unione Europea tenutosi il 29 giugno a Bruxelles, le alte cariche cinesi hanno più volte ribadito il loro auspicio a che la Grecia rimanga nell’area euro, promettendo allo stesso tempo un impegno attivo nella risoluzione della crisi1.
Siffatte affermazioni, per un paese che vale appena il 2% del intero PIL dell’UE e meno dell’1% delle esportazioni cinesi verso l’Europa, non costituiscono mere dichiarazioni diplomatiche ma sono piuttosto la rappresentazione di un interesse diretto da parte di Pechino nei confronti del dossier greco.
Siffatte affermazioni, per un paese che vale appena il 2% del intero PIL dell’UE e meno dell’1% delle esportazioni cinesi verso l’Europa, non costituiscono mere dichiarazioni diplomatiche ma sono piuttosto la rappresentazione di un interesse diretto da parte di Pechino nei confronti del dossier greco.
In primo luogo l’interesse primario dei dirigenti cinesi è rivolto ad evitare gli effetti sulla propria economia di un’ulteriore destabilizzazione dell’Unione Europea, primo partner commerciale del “Dragone” con un interscambio di oltre 500 miliardi di euro nel 2014 e un flusso bilaterale di investimenti diretti esteri di 21 miliardi di euro2. In secondo luogo, sfruttandone le debolezze derivanti dalla crisi economica, la Cina ha iniziato a partire dal 2009 ad investire massicciamente nel paese ellenico con l’obiettivo di farne un hub strategico all’interno del progetto “one road one belt”.
Annunciato dal neopresidente Xi Jinping nell’ottobre 2013, il progetto “one road one belt” si pone come obiettivo quello di creare una più stretta interconnessione economica e strategica tra la Cina ed il blocco euroasiatico mediante un ambizioso programma di investimenti infrastrutturali lungo due direttrici: una terrestre ed una marittima3.
La via terrestre, soprannominata “the New Silk Road Economic Belt”, partirà da Xi’an, attraverserà il centro Asia verso Istanbul per poi risalire lungo tutto il versante dell’Europa centro-orientale fino ad arrivare a Venezia, destinazione finale anche della direttiva marittima.
La “Maritime Silk Road” partirà dal Fujian, una delle province cinesi più industrializzate della costa, attraverserà il Mar Cinese Orientale, fino ad arrivare all’importante snodo commerciale dello stretto di Malacca, per poi dirigersi verso il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo; Qui, il porto greco del Pireo rappresenterà la porta d’entrata dei prodotti cinesi nell’Europa centro meridionale e hub di riferimento per il Mediterraneo orientale, da cui dovrebbero partire due ulteriori rotte, una marittima che si ricollegherà a Venezia ed una terrestre che attraverserà tutta la dorsale balcanica4.
La via terrestre, soprannominata “the New Silk Road Economic Belt”, partirà da Xi’an, attraverserà il centro Asia verso Istanbul per poi risalire lungo tutto il versante dell’Europa centro-orientale fino ad arrivare a Venezia, destinazione finale anche della direttiva marittima.
La “Maritime Silk Road” partirà dal Fujian, una delle province cinesi più industrializzate della costa, attraverserà il Mar Cinese Orientale, fino ad arrivare all’importante snodo commerciale dello stretto di Malacca, per poi dirigersi verso il Mar Rosso e il Mar Mediterraneo; Qui, il porto greco del Pireo rappresenterà la porta d’entrata dei prodotti cinesi nell’Europa centro meridionale e hub di riferimento per il Mediterraneo orientale, da cui dovrebbero partire due ulteriori rotte, una marittima che si ricollegherà a Venezia ed una terrestre che attraverserà tutta la dorsale balcanica4.
Il ruolo del Pireo
Tutto ha inizio intorno alla fine del 2009. In seguito ai piani di privatizzazione imposti dalla Troika, Pechino ed Atene siglano un accordo di 3,4 miliardi di euro che concede alla compagnia di stato cinese COSCO (China Ocean Shipping Company) la gestione per 35 anni di due dei tre moli del terminal container del Pireo, lasciando il molo numero uno nelle mani dell’Autorità Portuale greca5.
Gli investimenti cinesi nel porto ne hanno migliorato in rapidissimo tempo la capacità di movimentazione container che, dal 2009 al 2014, è aumentata di cinque volte, da 0,7 milioni TEU a 3,6 milioni, facendo diventare il Pireo uno dei dieci porti container più grandi d’Europa e il “world’s fastest growing port” secondo la rivista specializzata Containerization International6.
A questo ha contribuito anche l’accordo siglato tra la COSCO e il governo greco nel settembre 2013 il quale prevedeva un investimento di 230 milioni per portare la capacità di movimentazione container a 6,2 millioni TEU entro 7 anni a fronte dell’abolizione di un contributo fisso da pagare all’Autorità portuale greca7. Ulteriori investimenti hanno poi riguardato il completamento nel 2013 della linea di collegamento ferroviario con il Porto del Pireo e la partecipazione a metà con la compagnia greca ELGECA del Piraeus Consolidation and Distribution Centre8.
Oltre ad investire in infrastrutture fisiche, la COSCO ha puntato molto all’ammodernamento tecnologico, attraverso considerevoli investimenti in ITC e nei processi produttivi e distributivi con una significativa crescita della produttività e dell’efficienza del porto. Basti considerare che la movimentazione container nei moli gestiti dalla COSCO arriva a 47 container per ora, più del doppio rispetto a quanto avviene nel molo gestito direttamente dall’Autorità Portuale greca . Questo nonostante impieghi circa un terzo dei dipendenti.
Il processo di ristrutturazione della COSCO ha infatti comportato anche un drastico taglio del personale, una riduzione degli stipendi ed a un ridimensionamento della componente sindacale che, unita alla maggiore produttività ha fatto del Pireo uno dei porti con i costi di movimentazione container più bassi del Mediterraneo10.
Il processo di ristrutturazione della COSCO ha infatti comportato anche un drastico taglio del personale, una riduzione degli stipendi ed a un ridimensionamento della componente sindacale che, unita alla maggiore produttività ha fatto del Pireo uno dei porti con i costi di movimentazione container più bassi del Mediterraneo10.
Infine, tra i vantaggi più importanti del coinvolgimento della COSCO nel porto del Pireo vi è il fatto che la compagnia cinese, oltre a gestire il porto ne è anche il principale cliente, essendo COSCO una delle compagnie di shipping più grandi al mondo11.
Tutti questi elementi hanno spinto le principali compagnie navigazione cargo tra cui Maersk Line, Mediterranean Shipping Company (MSC), China Shipping Container Lines e la Evergreen Line a scegliere il Pireo e a stabilire intese di lungo periodo con i gestori della COSCO.
Per comprendere l’importanza in termini di posizione geografica e di efficienza produttiva del porto del Pireo basta citare il caso del colosso informatico Hewlett-Packard (HP) che nel 2013 ha deciso di spostare la maggior parte delle proprie attività distributive da Rotterdam al porto greco, garantendosi un ingente risparmio in termini di tempo e di costi nella distribuzione dei propri prodotti in Europa. In particolare, i prodotti della HP assemblati per la maggior parte in Cina, una volta arrivati in Grecia sono re-imbarcati su imbarcazioni più piccole alla volta dei porti del Mediterraneo e del Mar Nero o partono dalla Grecia via terra alla volta dell’Europa centro-orientale e dell’Asia mediorientale12.
Altre società come le cinesi Huawei e ZTE , la Sony, IKEA e LG hanno seguito l’esempio dell’HP di spostare le proprie attività distributive verso il Pireo, allettate anche dai piani del governo greco di creare una duty free area collegata al porto in cui assemblare i prodotti importati e di esentare dal pagamento dell’IVA le società che sposteranno sul Pireo le proprie attività di distribuzione merci13.
Ad accrescere il coinvolgimento della COSCO nel Pireo, definito dal primo ministro cinese Li Keqiang come “la perla della cooperazione tra Pechino ed Atene” vi è la decisione da parte del governo greco di completare la privatizzazione del 51% dell’Autorità Portuale greca14. Privatizzazione che comporterà non solo la gestione del molo numero uno sia della parte cargo che della parte passeggeri ma anche dei terminal petroliferi, e delle proprietà immobiliari adiacenti15.
Altri investimenti cinesi in Grecia
A parte l’obiettivo di far diventare il Pireo la Rotterdam del Sud, l’interesse di Pechino è quello di creare un sistema di trasporto combinato che faccia dell’intera Grecia un punto di snodo strategico delle proprie rotte commerciali. In particolare, gli investitori cinesi sono in prima linea nell’aggiudicarsi il frutto dell’ultimo annunciato round di privatizzazioni concordate con i creditori internazionali che dovrebbe portare nelle casse di Atene circa 2,8 miliardi.
Sebbene il processo di privatizzazione sia attualmente in fase di stallo dopo la vittoria alle elezioni del partito di Tzipras, fortemente critico all’idea di “svendere i propri gioielli di famiglia”16, esso prevedeva in particolare la privatizzazione di 13 aeroporti regionali, i porti di Salonicco e Creta, l’azienda ferroviaria statale Trainose, le concessioni autostradali, alcune compagnie elettriche e varie proprietà immobiliari fino a ricomprendere l’ex base dell’aviazione americana di Heraklion a Creta17.
Inoltre, sempre nell’ambito del trasporto navale, la Cina sta sviluppando una serie di accordi strategici con le compagnie di navigazione greche, vero fiore all’occhiello del paese che, con 4000 navi e il 15% di capacità di movimentazioni merci, è il leader mondiale nel settore.
In virtù del fatto che circa la metà dei prodotti cinesi e 60% dell’importazione di greggio avvengono su navi greche, il governo di Pechino ha deciso infatti di creare un fondo di 5 miliardi di dollari che offrirà finanziamenti agevolati a quelle compagnie di navigazione greche che decideranno di acquistare navi di fabbricazione cinese.
In virtù del fatto che circa la metà dei prodotti cinesi e 60% dell’importazione di greggio avvengono su navi greche, il governo di Pechino ha deciso infatti di creare un fondo di 5 miliardi di dollari che offrirà finanziamenti agevolati a quelle compagnie di navigazione greche che decideranno di acquistare navi di fabbricazione cinese.
Interessi strategici
Con l’obiettivo di tutelare i propri investimenti, il governo di Pechino ha deciso sin dall’inizio della crisi greca di sostenere in primo luogo i programmi di aiuti economici nei confronti della Grecia promossi dal Fondo Monetario Internazionale di cui il paese asiatico è il sesto contribuente. In secondo luogo, ha acquistato quote del debito greco, sia direttamente che indirettamente attraverso la sottoscrizione delle obbligazioni del fondo salva stati europeo18. In terzo luogo si è impegnata a garantire condizioni economiche vantaggiose nei suoi scambi con Atene con l’obiettivo di raggiungere gli 8 miliardi di euro di scambi commerciali entro la fine del 2015.
Oltre a tutelare i propri investimenti, l’obiettivo di Pechino è quello di consolidare rapporti di lungo periodo in modo da poter contare su un paese “amico” all’interno dell’Unione Europea.
Tra i dossier attualmente più sensibili per Pechino vi sono sicuramente le dispute commerciali all’interno del WTO ed in particolare il mancato riconoscimento dello status di “economia di mercato” da parte dell’Unione Europea, che limiterebbe fortemente la possibilità da parte di Bruxelles di poter mantenere misure antidumping nei confronti delle merci cinesi.
Tra i dossier attualmente più sensibili per Pechino vi sono sicuramente le dispute commerciali all’interno del WTO ed in particolare il mancato riconoscimento dello status di “economia di mercato” da parte dell’Unione Europea, che limiterebbe fortemente la possibilità da parte di Bruxelles di poter mantenere misure antidumping nei confronti delle merci cinesi.
Infine, occorre tener presente l’importanza strategica che la Grecia occupa in termini geopolitici. L’obiettivo di Pechino di sviluppare stabili rotte commerciali attraverso il progetto “One Belt one road” implica anche la necessità di riuscire a controllare gli snodi strategici di tali rotte, in una versione rivisitata delle antiche dottrine navali di Alfred Mahan19.
La Grecia in particolare ha sempre avuto sin dai tempi antichi una posizione strategica nel controllo delle rotte del Mediterraneo orientale e pur essendo oggigiorno alla periferia meridionale dell’Europa, rappresenta nondimeno il centro della macro area euroasiatica all’interno delle direttrici della nuova Via della Seta. Lungo questa direttrice infatti, oltre ai prodotti made in Chinatransitano anche le principali fonti d’approvvigionamento di Pechino; inoltre la direttrice coinvolge numerosi paesi, specialmente nell’area Nord-Centro africana e mediorientale in cui crescenti sono gli interessi e gli investimenti cinesi. Non è un caso se il porto del Pireo sia servito come base operativa per l’evacuazione dei residenti cinesi nel 2011 e nel 2014 dalla Libia, prima operazione in cui la marina militare cinese ha avuto un ruolo attivo al di fuori dei confini nazionali.
Come conseguenza di quanto detto, la marina militare cinese sta timidamente affacciandosi nel Mediterraneo, e dopo una prima esercitazione congiunta effettuata con la Russia nel maggio del 2015, potrebbe stabilire accordi più stretti con la Grecia qualora si concretizzassero offerte simili a quelle fatte nel 2014 dall’allora premier greco Samaras il quale propose la concessione delle infrastrutture logistiche militari del porto di Heraklion21.
Da tutto ciò si evince che la Cina continuerà a sfruttare l’attuale debolezza di Atene per poter aumentare i propri investimenti e consolidare la sua partnership con il paese ellenico, senza tuttavia favorire una sua marginalizzazione rispetto all’Unione Europea e/o una sua possibile uscita dall’euro.
Occorre dunque che i leader europei si interroghino sulle conseguenze politiche dell’attuale crisi economica greca, la quale, qualunque sarà la sua soluzione, avrà avuto come conseguenza inconsapevole quella di aver portato la Cina “alle porte di casa”.
NOTE:
- Alberto Belladonna(1985). Dottore magistrale in Relazioni internazionali (Luiss Guido Carli, Roma) con un master in studi diplomatici presso la SIOI di Roma e un MBA in corso presso la Luiss di Roma. Ha svolto periodi di ricerca presso la Hong Kong Baptist University, La Fudan University di Shangai e la Beida Uiversity di Pechino. Attualmente collabora con il programma di ricerca Asia-Pacifico dell'IsAG
1 In occasione della conferenza stampa con il presidente del parlamento europeo M. Schulz, il premier cinese Li Keqiang ha affermato: China is for a united and prosperous European Union, and a strong euro. As for the issue of Greek debt, whether Greece would stay within Europe is not only a question that concerns Europe but also China and the World. That is why China has taken real actions and is ready to play a constructive role” Dello stesso tenore le parole del viceministro degli esteri Hua Chunying: “China hopes to see that Greece will stay in the Eurozone and [We] believe that the members of the Eurozone are able and wise enough to solve the debt problem appropriately”. Vedi anche Cecilia Attanasio Ghezzi: “Pechino vuole la Grecia dentro l’Euro”, L’Internazionale (2015)
2EUROSTAT: EU trade with China significantly up in 2014 for both goods and services, 26 giugno 2015
3Nelle intenzioni di Pechino il progetto connetterà paesi che rappresentano il 30% del PIL mondiale, il 63% della popolazione e il 75% delle risorse naturali e sarà completato nel 2049 per il centenario della Repubblica Popolare. Questo progetto, oltre a creare grandi potenziali di sviluppo per l’economia cinese, rappresenterebbe anche la risposta organica di Pechino ai tentativo di Washington di limitarne l’espansione mediante accordi come il TPP o il TTIP.
4La Cina ha già annunciato l’intenzione di supportare il Pan-European Corridor X finanziando una rete ferroviaria di 4,5 miliardi di euro che collegherà Istanbul con l’Europa occidentale.
5L’accordo prevedeva inoltre percentuali annuali calcolate sul fatturato e un investimento da parte dei cinesi di 120 milioni di euro volto a potenziare le infrastrutture per la movimentazione container.
6 Frans-Paul van der Putten, Chinese Investment in the Port of Piraeus, Greece: The Relevance for the EU and the Netherlands, Clingedael institute (2014) 7L’accordo del 2009 prevedeva infatti che la COSCO dovesse pagare un contributo annuale fino a quando il PIL paese ellenico non fosse tornato a livelli pre-crisi. La somma del risparmio ottenuto dalla COSCO equivale alla somma degli investimenti accordati.
8Sito ufficiale della ELGEKA
9Sito ufficiale della COSCO
10Frans-Paul van der Putten, op. cit.
11La COSCO è anche membro della Green Line, un consorzio di grandi compagnie cinesi, incluse la K-Line, Hanjin and Yang Ming, che operano di comun accordo nella gestione dei traffici tra Cina e Europa.
12Frans-Paul van der Putten, op. cit.
13op. cit.
14Il governo Samaras aveva previso la cessione del 67%, sceso poi al 51% con il nuovo governo Tzipras inizialmente fortemente contrario all’operazione.
15Angela Hu, Piraeus privatisation back on as COSCO China bids, HIS Maritime 360.
16Le gouvernement ne veut pas brader les «bijoux de famille» , da un’intervista del ministro del Tesoro Varoufakis al quotidiano “le Monde”
17Costas Paris, Greece to Proceed With Piraeus Port Privatization, The WSJ (2015)
18Dinos Stasinopoulos, China-Greece Cooperation in the context of the economic and financial crisis InBev-Baillet Latour Chair of EU-China Relations, College of Europe (2012)
19Alfred Thayer Mahan, The influence of sea power upon history, Little Brown and Co. (1890)
20A questo si aggiunga che la Grecia diventerà il centro del progetto europeo del Southern Gas Corridor.
21Magnus Nordenman, Why the Chinese Navy is in the Mediterranean, United States Naval Institute (2015)
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