Di Simona Adelaide Martini
Il sogno è un’opera d’arte. Tutto ciò che riesce a divenire espressione del nostro mondo interiore è un’opera d’arte. L’arte è emozione, sofferenza, gioia, sudore, fatica, passione, odio, vergogna, invidia, bellezza. Non in senso puramente estetico, ma come meravigliosa e impudica espressione del nostro Immaginario, dei segreti celati anche alla nostra coscienza. Di una vita non ancora e talvolta mai vissuta.
L’arte appare dove meno la si cerca, in scenari in cui irrompe alla stregua di un fenomeno naturale.
Risulta utile e affascinante fare brevi cenni su artisti che, in modo più significativo di altri, hanno proiettato nelle loro opere d’arte la loro capacità (patologica per la clinica, ma geniale per l’arte) di identificarsi, in maniera fusionale, con la propria produzione, senza filtro né mediazione. Una sorta di regressione all’infanzia, che, nella quotidianità adulta e rigidamente strutturata, può risultare disfunzionale, ma assoluta espressione della parte più profonda e arcaica, requisito necessario, unitamente ad un’innata capacità tecnica, rafforzata da studi approfonditi e da una vasta cultura.
Dubuffet, esponente fondatore del movimento definito “Art brut”, corrente artistica spontanea e immediata, priva di interazioni culturali e sovrastrutture estetiche, ne è un un esempio illuminante.
Insofferente all’estetica tradizionale, lontana dall’esperienza dell’uomo comune, portò alla luce, collezionò e propose a modello le forme d’arte spontanee e svincolate da ogni struttura culturale, caratteristiche proprie dei bambini e degli alienati.
L’indagine sulle possibilità espressive della materia e, insieme, l’adesione all’esperienza del linguaggio dell’uomo comune furono linee direttrici su cui si mosse tutto il suo pensiero artistico. In questo egli recuperò l’interesse verso le manifestazioni artistiche primitive e spontanee, già espresse dai Fauves (Matisse), dagliEspressionisti (Gaugin, Van Gogh, Munch), dai Cubisti (Cézanne, Picasso), riproponendo la tecnica dell’automatismo tipico dei Surrealisti (Magritte, Ernst, Man Ray). La sorgente nasceva dall’esperienza emozionale e spirituale della realtà; il mezzo era dato dall’accentuazione cromatica e dall’incisività del segno.
Riportando il tema su un piano clinico, si può sostenere che la produzione artistica di un individuo, intesa come espressione visiva, sonora, olfattiva, tattile e gustativa a livello primario della realtà, delle emozioni, dei vissuti, delle esperienze e delle relazioni è il modo più efficace di creare un canale comunicativo per l’inconscio. I contenuti sotterranei e profondi del nostro essere trovano vita e manifestazione nel disegno, nella scultura, nella musica, nella preparazione di un piatto, nella degustazione di un vino e in tutto ciò che permette di esserci autenticamente e con meno filtri possibili.
Risulta fondamentale un accenno a Nise da Silveira (1905-1999), psichiatra brasiliana che dedicò gran parte della sua vita alla riabilitazione utilizzando l’attività espressiva come metodo terapeutico principale. Nel 1952 riunisce il materiale prodotto nella Sezione di Terapia occupazionale e fonda il Museo dell’Inconscio (Museu de Imagens do Incosciente). Da Silveira, in particolare, sosteneva l’importanza di lasciare all’inconscio la possibilità di esprimersi attraverso lo scorrere del tempo, in un continuum di immagini concatenate e unite da un significato sottostante. Scrive Jung “I dipinti, allo stesso modo dei sogni, se esaminati in serie, rivelano il ripetersi di motivi e l’esistenza di una continuità nel flusso delle immagini dell’inconscio”.
Esistono diverse e variegate modalità, in campo clinico-terapeutico, di creare le condizioni affinchè l’inconscio possa emergere. Strumenti quali i test proiettivi, le libere associazioni, le interpretazioni dei sogni permettono all’individuo di esprimere la propria parte più ancestrale, archetipica e simbolica efficacemente. L’arte aggiunge la possibilità di concretizzarla utilizzando creatività, fantasia, passione ed emozione.
L’arteterapia, in tutte le sue declinazioni, risulta al tempo stesso espressiva e potenzialmente terapeutica. L’utilizzo della produzione di immagini in psicoterapia rappresenta un meraviglioso strumento di movimento e trasformazione inconscia. Tutto ciò che, con le dovute attenzioni e accortezze cliniche, permette al paziente di esprimere la propria creatività, lascia tempo e spazio all’inconscio per comunicare attraverso la primarietà del simbolo.
Il simbolo è il meccanismo psicologico che trasforma energia - C.G. Jung -
Bibliografia
Pellizzari, E. Le immagini dell’inconscio Moretti & Vitali, 2010
Simona Martini
Floriana Picariello (storica dell’arte)
FONTE:http://www.psicologi-italia.it/psicologia/varie/970/comunicazione-inconscia.html
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