Di Alessandra Ballone Burini
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Su Star Trek si chiama scudo deflettore e protegge la nave stellare Enterprise dagli attacchi nemici. Ma il campo energetico nato dalla fantasia degli autori di fantascienza esiste davvero ed è proprio sopra le nostre teste. È stata infatti individuata a 11 mila chilometri dalla Terra unabarriera invisibile in grado di respingere glielettroni killer, particelle che ruotano attorno al nostro pianeta a più di 160 mila chilometri all’ora e che rappresentano un pericolo per astronauti e satelliti. A fare la scoperta, pubblicata su Nature, un team di ricercatori dell’University of Colorado Boulder.
“È quasi come se questi elettroni si schiantassero contro un muro di vetro nello Spazio”, spiega Daniel Baker, direttore del Laboratorio di Fisica Atmosferica e Spaziale dell’università americana. Il muro invisibile si trova tra le due fasce di Van Allen, due anelli di protoni ed elettroni ad alta energia che originano dal Sole e sono trattenuti attorno alla Terra dal nostro campo gravitazionale, estendendosi fino a 40 mila chilometri dalla superficie. La Nasa ha lanciato nel 2012 le due sonde Van Allen per studiare le omonime fasce ed è proprio grazie a esse che è stata possibile la scoperta. La presenza della barriera smentisce l’ipotesi secondo cui le particelle cariche solari vengono disintegrate dall’interazione con l’atmosfera terrestre.
I ricercatori stanno ora cercando di capire quale sia l’origine dello scudo che circonda la Terra. Tra gli scenari presi in considerazione, la possibilità che la barriera sia determinata dalle linee del campo magnetico terrestre o dai segnali radio emessi dall’uomo. Entrambe le spiegazioni sembrano però non convincere il team di Baker. Un’ulteriore e più promettente possibilità è rappresentata infine dallaplasmasfera, una gigantesca nube di gas elettricamente carico che si estende tra le fasce di Van Allen e che allontanerebbe gli elettroni killer tramite onde elettromagnetiche a bassa frequenza, un “sibilo” simile al rumore bianco prodotto dalle casse acustiche. Il mistero dello scudo invisibile è ancora però tutto da risolvere. “Penso che la chiave sia nel continuare a osservare la regione nei dettagli, cosa che possiamo fare grazie ai potenti strumenti delle sonde Van Allen”, conclude Baker.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature13956
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