La sindrome da Burnout

set 9, 2015 0 comments


Di Valentina Dorotoni

Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate (possiamo considerarlo come un tipo di stress lavorativo). Generalmente nasce da un deterioramento che influenza valori, dignità, spirito e volontà delle persone colpite.






È una malattia in costante e graduale aumento tra i lavoratori dei paesi occidentalizzati a tecnologia avanzata, ciò non significa che qualcosa non funziona più nelle persone, bensì che si sono verificati cambiamenti sostanziali e significativi sia nei posti di lavoro sia nel modo in cui si lavora.
Il termine “burn-out” era stato utilizzato per la prima volta negli anni’30, per delineare la condizione in cui l’atleta si “brucia” e non dà più niente in termini di risultati.
Il burn-out è una sindrome articolata, caratterizzata sul piano fisico da disturbi psicosomatici, sul piano comportamentale dalla perdita di motivazione nei confronti del proprio lavoro, da cinismo verso se stessi e gli altri e dalla depressione dell’umore.
Questa condizione di disagio e perdita di motivazione nello svolgimento della propria attività si manifesta attraverso tre fasi:
  1. Percezione di uno squilibrio tra le aspettative teoriche di realizzazione professionali e le condizioni effettive ;
  2. Progressivo esaurimento della motivazione a mantenere uno status professionale di buon livello;
  3. Senso di distacco motivazionale visione pessimistica del proprio ruolo e atteggiamento di indifferenza, cinismo nei confronti delle persone all’interno dell’ambiente lavorativo.
burn-out
Cause del Burnout
La sindrome del burnout ha maggiore probabilità di svilupparsi in situazioni di forte divario tra la natura del lavoro e la natura della persona che svolge quel lavoro.
Molti contesti lavorativi richiedono una forte dedizione ed un notevole impegno, sia in termini economici sia in termini psicologici e, in certi casi, i valori personali sono messi in primo piano a scapito di quelli lavorativi. Le richieste quotidiane rivendicate dal lavoro, dalla famiglia e da tutto il resto consumano l’energia e l’entusiasmo del lavoratore.
Quando poi successo, conquista e obiettivi (spesso troppo ambiziosi) sono difficili da conseguire, molte persone perdono la dedizione data a quel lavoro, cercano di tenersi a distanza pur di non farsi coinvolgere e, spesso, diventano cinici
In genere si ritiene che il burnout sia in primo luogo un problema dell’individuo, le persone manifesterebbero tale disturbo a causa di difetti/caratteristiche del loro carattere, del loro comportamento o nella loro capacità lavorativa. In base a questo punto di vista, sono gli individui a rappresentare il problema, e la soluzione sta nel lavorare su di loro o nel sostituirli.
Vari studi hanno dimostrato invece che il burnout non è un problema dell’individuo in sé, ma del contesto sociale nel quale opera. Il lavoro (contesto, contenuto, struttura, ecc) modella il modo in cui le persone interagiscono tra di loro e il modo in cui ricoprono la propria mansione. Quando l’ambiente di lavoro non riconosce l’aspetto umano del lavoro, il rischio di burnout aumenta.
La difficoltà di misurarsi con le proprie emozioni e di conseguenza il non riconoscere il problema con conseguente sentimento di rassegnazione rispetto alla vita sono manifestazioni ben evidenti.
Inoltre il burnout non è affatto un problema che riguarda solo chi ne è affetto, ma è una “malattia” contagiosa che si propaga in maniera altalenante dall’utenza all’èquipe, da un membro dell’èquipe all’altro e dall’èquipe agli utenti e può riguardare quindi l’intera organizzazione.
Alcune delle cause specifiche sono: sovraccarico di lavoro; mancanza di controllo; gratificazioni insufficienti; crollo del senso di appartenenza; assenza di equità; valori contrastanti; scarsa remunerazione.
Maslach e Leiter (1997) hanno elaborato un nuovo modello interpretativo che si focalizza principalmente sul grado di adattamento/disadattamento tra persona e lavoro. Secondo questi autori la sindrome del burnout ha maggiori probabilità di svilupparsi quando è presente una forte discordanza tra la natura del lavoro e la natura delle persone che svolgono tale lavoro.
Queste discrepanze sono da considerarsi come i più importanti antecedenti del burnout e sono sperimentabili in sei ambiti della vita organizzativa: carico di lavoro, controllo, ricompense, senso comunitario, equità, valori. Maslach e Leiter (1997) hanno ridefinito il burnout come una erosione dell’impegno nel lavoro. Quest’ultimo, secondo gli autori, sarebbe caratterizzato da tre fattori (energia, coinvolgimento ed efficacia) che rappresentano i poli opposti delle dimensioni del burnout: impegno e burnout non sono altro che le due estremità opposte di un continuum.
Trattamento
Si pensa che abbia origine attraverso l’accumulo di reazioni di stress e di frustrazione, ovvero da un periodo eccessivamente prolungato di stress ad alti livelli, in un ambiente di lavoro caratterizzato da notevoli carichi di lavoro e di tensioni sociali, con scarse possibilità di feedback sociali positivi. In quest’ottica la situazione di burnout si configura come una reazione disadattiva simile a quella depressiva, ma molto più complessa, di fronte allo squilibrio tra le richieste ed esigenze da un lato, e risorse disponibili dall’altro.
Per evitare o risolvere il burnout, è indispensabile identificarne i fattori responsabili del suo insorgere.
In accordo con i vari aspetti e fattori dello stress e del burnout è risultato che i trattamenti riconosciuti come efficaci sono tre:
  • Trattamenti centrati sull’assertività: l’assertività comprende lo sviluppo delle abilità di rapporto interpersonale, volte a gestire soprattutto le persone in crisi. Obiettivo è uno stile di comportamento assertivo che rende il pensiero perspicuo, trasparente nei confronti della realtà, e che consente di vivere le emozioni come fatti, momenti di arricchimento personale.
  • Trattamenti centrati sulla consapevolezza interpersonale: l’emapatia comprende il riconoscimento dell’interdipendenza tra il proprio benessere e quello degli altri, porta l’attenzione sulla necessità di sviluppare sensibilità e comprensione nei confronti dei sentimenti altrui e accrescere la consapevolezza delle proprie emozioni suscitate dalla relazione con gli altri. Per sostenere gli altri, infatti, bisogna capirli, per capirli, bisogna osservare il loro punto di vista.
  • Trattamenti centrati su aspetti pscicofisiologici: trattamenti basati sul rilassamento che hanno l’obiettivo di accrescere le abilità di controllo di risposte fisiologiche in conseguenza a eventi ambientali.

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